Sei settimane prima rispetto ai tempi previsti, il 16 dicembre del 1928, nascono a Chicago i gemelli Philip e Jane Dick ma al parto prematuro sopravvisse solo il primo perchè la piccola morì a distanza di un mese a causa dell'incompetenza dei medici e dell'inesperienza dei neo genitori. Chissà perchè quando Jane fu seppellita, sulla lapide i genitori fecero scrivere anche il nome del piccolo Philip, insieme alla data della nascita dei due bimbi.
Figlio di un funzionario federale del dipartimento dell'Agricoltura ex militare e di Dorothy Kindred, accanita lettrice bulimica che divideva l'umanità in due: quelli che si dedicavano ad un'attività creativa e quelli cui tutto ciò non interessava, Philip K. Dick risentì durante tutta la sua esistenza di una certa insofferenza fisica e psicologica derivante anche dal rimorso di essere sopravvissuto a Jane ed averle in un certo senso rubato la vita.
Anche sulla sua carriera di scrittore si ripercuotono tutte le sue vicissitudini private: un'infanzia instabile vissuta tra Chicago, Washington e Berkeley (California), città in cui inizieranno contemporaneamente la sua lunga esperienza clinica come paziente psichiatrico e la sua incredibile avventura di scrittore. In piena crisi esistenziale sceglierà anche il vagabondaggio durante gli anni della Guerra Fredda tra le spie dell'FBI, i suoi viaggi allucinatori e psichedelici e le sue visioni profetiche del mondo futuro. Il tutto esasperato dall'uso che negli anni più difficili della sua vita egli fece di numerose sostanze stupefacenti, in particolare dell'LSD.
L'alterazione mentale profondamente paranoica di cui soffriva Dick si può tranquillamente cogliere leggendo le sue sconvolgenti opere e questo suo essere così sofferente per non essere in grado di comunicare con il resto del mondo ed essere capito lo ha reso paradossalmente uno degli scrittori cruciali del nostro secolo. Gli sono bastati pochi anni per capire, vedere ed immaginare davanti a sé quello che noi stiamo vivendo ora, e probabilmente anche quello che i nostri discendenti vivranno fra cento o duecento anni. La sua visione drammaticamente distorta e patologica della realtà ha notevolmente influenzato, anzi oserei dire infettato, quella che tra tutte le arti si presta di più a fungere da microscopio per le crisi di identità e le molteplici interpretazioni della realtà soggettiva: il cinema.
Sei celebri film sono stati basati su alcune delle sue tante meravigliose storie ed il loro strepitoso successo ha causato allo stesso tempo una rinascita dell'interesse intorno al lavoro dickiano e la proliferazione di innumerevoli edizioni commerciali dei suoi libri che sono andati letteralmente a ruba. La sua nervosa e schizofrenica visione del quotidiano vissuto in un mondo parallelo si è prestata e crediamo si presterà ancora a lungo per produzioni cinematografiche delle grandi major hollywoodiane assetate di spunti fantascientifici che abbiano un briciolo di senso e credibilità.
Dick è stato uno dei più prolifici autori che la fantascienza ricordi e a tutt'oggi ha all'attivo più di 30 romanzi di fantascienza ed innumerevoli storie brevi. Dell'incertezza del presente, del futuro e dei numerosi altri mondi paralleli che secondo lui esistevano, Dick ha sempre accusato il tessuto della società odierna responsabile ed artefice di quella trama che vi pende sopra come un alone maligno: la vita reale. Sono diversi i motivi e le cause per cui i suoi personaggi (ed in primis lui stesso) perdono spesso il contatto con quest'ultima: le droghe, la tecnologia avanzata, la schizofrenia congenita o sospetti di macchinazioni e cospirazioni come anche gli strani scherzi del destino che gira spesso grottescamente a vuoto. I personaggi di Dick perdono il controllo sulla realtà e sulla loro vita, come lui del resto, e trovano le loro percezioni e le loro visioni più reali della realtà vera, senza dubitare neanche per un istante della falsità o della immaterialità delle loro sensazioni.
Tecnologie discutibili e scellerati monopoli commerciali sono le basi sui si fonda la straordinaria storia di Philip Dick che a sua volta fu poi raccontata in maniera eccezionale nel film di Ridley Scott del 1982. Fu questo un anno cruciale perchè inizierà da qui una lunga avventura cinematografica per i suoi racconti: uscì Blade Runner e - ironia della sorte - Philip Dick morì. Liberamente tratto dal romanzo Do Androids Dream of Electric Sheep? (scritto nel 1968 e tradotto in italiano con il titolo Il Cacciatore di Androidi). Il titolo del film fu 'comprato' da Scott acquistando i diritti del titolo che gli sembrava più adatto al personaggio ed al film che voleva realizzare, appartenuti fino ad allora ad un altro scrittore, Alan E. Nourse, che nel 1974 scrisse The Bladerunner. C'è da dire però che la trama di quest'ultimo non ha alcun punto di contatto né con il film né con il romanzo di Dick. Blade Runner, pressoché disastroso ai botteghini ma divenuto negli anni un cult irrinunciabile per tutti gli appassionati di genere, è soltanto vagamente ispirato al romanzo dickiano sopra citato perché in realtà prende da questo soltanto lo spunto fondamentale.
Nel film siamo nella (ora non più) futuristica ed inquinata Los Angeles del 2019, città in cui Rick Deckard (Harrison Ford) è un ex-blade runner, o meglio un ex-poliziotto un tempo addestrato a difendere gli umani dai replicanti, specializzato nel loro riconoscimento, recupero e distruzione. Gli androidi sono venuti sulla Terra per conoscere i loro fabbricanti e cercare di allungare il loro breve tempo di vita di quattro anni precedentemente programmato. Verrà costretto dal suo capo a tornare in missione per stanare i sofisticatissimi esemplari fabbricati dalla Tyrell Corporation, i più perfetti e più simili agli umani che siano mai stati realizzati. Ucciderli non è reato, come non è reato demolire gli elettrodomestici ormai andati in tilt.
Sia il film che il libro di Dick trattano dunque dello stesso argomento: cos'è la realtà? E cosa fa di noi degli umani? Gli androidi sono come noi, fanno, pensano e desiderano come noi, ma la domanda cruciale che verrà al protagonista di questa storia ed anche a tutti gli altri (Dick compreso) è "ma io, sono un umano oppure no?".
Il romanzo è invece più incentrato sul rapporto tra vittime e carnefici: chi è la vera vittima e chi il vero carnefice? Il Deckard interpretato da Harrison Ford è molto simile a quello del romanzo solo che, al contrario del libro, non è sposato (che sia forse questo ad avergli lasciato quell'ultimo briciolo di umanità?!) ed è notevolmente più sensibile rispetto al Deckard dickiano che mai si sarebbe fatto sconvolgere dai troppi omicidi visti durante la sua lunga carriera di poliziotto. Gli androidi del libro sono una presenza angosciante, malvagi e freddi, senza rimorsi di alcun genere mentre nel film sono loro i primi a rendersi conto di essere le vere vittime della realtà che stanno vivendo e sono disperati perché coscienti di avere solo quattro anni di vita. Si limitano quindi ad usare questo breve lasso di tempo per un unico scopo: trovare la soluzione per vivere per sempre come gli umani, insieme agli umani che invidiano, odiano e amano apparendo paradossalmente quasi più umani di loro.
Esattamente dieci anni più tardi, arrivano sulla cresta dell'onda gli impianti di memoria di Atto di forza (Total Recall) il film di Paul Verhoeven anch'esso tratto liberamente da un racconto di Dick intitolato We Can Remember It For You Wholesale (scritto nel 1966 e tradotto in italiano come Ricordi in Vendita). La star del momento stavolta è il colossale Arnold Schwarzenegger che si ritrova con una scheda di memoria impiantata nel cervello colpevole di avergli lasciato in mente i ricordi di una tranquilla vacanza su Marte ma che non è altro che un ennesimo mezzo che dovrebbe fargli almeno sospettare che anche la vita che sta vivendo accanto alla moglie e che lui pensa reale possa essere un impianto di memoria.
Nel lavoro del Dick, è stato ricorrente l'uso di innumerevoli realtà multiple, forse il mezzo più ingegnoso usato dal grande Philip per esplorare ed analizzare la condizione umana. È un vero peccato che a suo tempo non fu permesso di realizzare questo film a colui che - vista la sua esperienza in materia - avrebbe senz'altro approfondito l'analisi introspettiva che caratterizza le opere del grande Dick. Stiamo parlando niente meno che di David Cronenberg, uno dei più grandi visionari del cinema mondiale, il quale propose alla produzione del film ben dodici diverse sceneggiature basate su questo romanzo che però furono tutte tristemente scartate. L'ultima venne rifiutata perché venne considerata 'troppo simile a come l'avrebbe realizzata Dick in persona'. Ottimo motivo per scartarla a favore di un polpettone commerciale dal valore incalcolabile per le proprie tasche.
Rispetto al racconto di Dick sono stati apportati piccoli cambiamenti primo fra tutti quello riguardante il motivo della guerra: nel racconto era una possibile terza guerra mondiale fra americani e russi, comprensibilmente cambiata dal regista perchè considerata troppo consueta. Il finale poi è stato modificato con l'aggiunta di una surreale storia d'amore; insomma il tema centrale della storia è di nuovo la minaccia di una auto-distruzione unicamente addebitabile alla stupidità degli umani, l'onnipresente confusione di identità e torna anche la diversità tra razze.
Dopo sette anni è la volta finalmente di tornare al cinema con il grande Dick, e lo si fa nel migliore dei modi, dapprima con il poco più che sufficiente Impostor uscito nelle nostre sale nell'estate 2002 per la regia di Gary Fleder e poi - due mesi più tardi - con quello che insieme a Blade Runner è considerato - a ragion veduta - uno dei più grandi lavoro di coesione tra letteratura e cinema. Parliamo di Minority Report, diretto dal magistrale Steven Spielberg ed interpretato da un energico Tom Cruise.
Tratta dal racconto breve Rapporto di minoranza scritto nel 1956 (!) da Philip Dick, la storia è ambientata in una Washington del 2054, programmata per eliminare i criminali addirittura prima che commettano i reati. Uno speciale scanner ottico li identifica tramite la lettura della retina e produce l'inconfutabile prova video del reato o della scena del futuro crimine. L'infallibile 'giuria' finale che emetterà il verdetto di colpevolezza è composta da tre veggenti chiamati precog, due gemelli maschi ed una femmina che prevedono contemporaneamente i destini dei presunti futuri criminali. John Anderton (Cruise) è un detective del Dipartimento di Polizia Pre-Crimine che passerà dall'altra parte della barricata divenendo egli stesso ricercato per un reato che non ha ancora commesso.
Nel 1995 fu la volta di una co-produzione targata Usa/Canada/Giappone che diede vita a Screamers - Urla dallo Spazio. Stavolta nei panni del protagonista c'era niente meno che Peter Weller (Robocop). Questo film è forse quello che più ha soddisfatto i numerosi fans di Dick, giudicato dai più quello che più si attiene alla storia da cui è tratto e cioè Second Variety (scritto nel 1953 e tradotto in italiano con il titolo Modello Due). Il film è infatti sceneggiato da uno dei più grandi scrittori di fantascienza di Hollywood, Dan O'Bannon (stesso autore di Atto di forza e Alien); è suo tutto il merito della riuscita del film e dell'adattamento di una storia tratta da un romanzo breve di sole 30 pagine!
Siamo nell'anno 2068. Relegate in una colonia umana sul lontano pianeta Sirius 6B, giacciono due fazioni in guerra tra loro per lo sfruttamento di una forma di energia rivelatasi però fatale per l'uomo; entrambe decidono di sancire una tregua che però purtroppo verrà minacciata dalle loro stesse armi: gli screamers. Micidiali robot dotati di lame affilatissime che distruggono ogni forma di vita sprovvista di speciali piastrine di riconoscimento. Questi hanno sviluppato la capacità di pensare ed hanno iniziato rapidamente ad evolversi, diventando da semplici robot-scavatori a replicanti, una specie simile agli esseri umani dotati di 'intelligenza collettiva' che li porterà addirittura ad auto-costruirsi ed in un momento successivo persino a rivoltarsi contro i propri creatori.
Tornano i temi cari allo scrittore, previsioni sul futuro, esseri soprannaturali che si arrogano il diritto di giudicare e punire gli uomini ancor prima che commettano dei crimini nonostante tutto questo meccanismo sia frutto di premonizioni limitate che non considerano i rapporti di minoranza (ragionevoli dubbi) ed ignorano completamente la possibilità di valutazione umana. E' giusto controllare il destino degli uomini, accusare e punire qualcuno sulla base di una previsione che si crede inattaccabile e che non tiene conto in alcuna misura di un probabile ravvedimento? Cosa può o deve considerarsi propriamente umano e cosa invece degno di stimolare umanità?
Secondo Dick tutto si può fare con le informazioni: creare memoria, esperienza che si crede reale, macchine umane che non sanno di essere tali e talvolta sono migliori di chi le ha create, tutto è in mano a chi sa manipolare le informazioni, a chi le sa raccogliere ed analizzare. Queste persone, o androidi chissà, sono in grado di dare vita a scenari inquietanti e passibili di sinistre manipolazioni. Tutto questo è stato portato in maniera impeccabile sullo schermo da Steven Spielberg, adattato dal racconto da Scott Frank e Jon Cohen e sorretto da impeccabili effetti speciali d'avanguardia.
Riflettendo su tutto questo si ha però la sensazione che il vero film su Dick debba ancora essere realizzato: un film su quel che egli riusciva a scrivere in maniera così fluida, lasciando ogni suo lettore in preda all'avidità di scoprire lentamente ed adorare quella leggera sensazione di consapevolezza che niente è sicuramente reale, e che questa funesta verità mette in ogni istante in pericolo le nostre sicurezze di esseri umani.
Philip K. Dick ha lasciato dopo la sua morte una vasta biblioteca in mano al mondo ed ai produttori cinematografici; noi - aspettando di raccontarvi Paycheck che è in uscita a breve - ci auguriamo che prima o poi Hollywood si decida ad omaggiare questo grande scrittore con un film-tributo che parli esclusivamente di lui e della sua complessa mentalità.
Certo è che le sue opere non sono rassicuranti e non spingono di certo all'ottimismo, ma sono certamente portatrici di un grande monito. Noi siamo consapevoli di tutto ciò ora che viviamo in questi anni, Dick ne era a conoscenza già 50 anni fa, e questo è senz'altro la cosa che fa di lui uno dei più grandi scrittori in assoluto del ventesimo secolo. Ad ulteriore testimonianza vi offriamo un'ultima emozionante citazione, con la quale vogliamo anche degnamente chiudere questo speciale:
"Credo che noi, come dice la Bibbia, abbiamo tutti un'unica destinazione. Ma non si tratta della tomba, bensì della vita ulteriore: il mondo del futuro".
(Tratto da "L'androide e l'umano" 1972, discorso letto alla British Columbia di Vancouver)