Sì, la suggestione Lost è immediata. Tuttavia, sotto la coltre fantasy, sale un'altra suggestione ancora. Quella che Pending Train, serie giapponesi in dieci episodi, sia una digressione contemporanea sullo stato sociale profondamente cambiato dalla Pandemia da Covid-19. Nella nostra recensione vi spiegheremo il motivo, ma prima una dovuta riflessione: la serie, diretta da Kenta Tanaka, Okamoto Shingo e Naoki Katō, rimpolpa il catalogo streaming Netflix, rivolgendosi principalmente agli amanti della cultura asiatica. In questo caso, nipponica. L'exploit, ovviamente, si è rafforzato dopo il successo di Squid Game (che è però Coreana), e puntualmente troviamo in top 10 film o serie provenienti da Est. Questa può essere una chiave di lettura nei confronti dello streaming, capace di aprire le porte di un mondo audiovisivo interessante, vivido, che punta all'originalità, mischiando generi Occidentali ad una visione strettamente locale. Insomma, l'identità è mantenuta, pur cercando una naturale connessione con un pubblico mondiale.
Stessa cosa avviene in Pending Train: l'approccio sci-fi - chiaramente preponderante - via via si alterna ad una riflessione sulla società contemporanea giapponese, soffermandosi sui molti (troppi?) personaggi, e sul loro rispettivo background. Il fascino, almeno all'inizio, cattura l'attenzione del pubblico - nonostante l'esperienza visiva non sia impattante -, interrogandosi sugli eventi che scatenano l'azione. La stessa azione che, nel corso dei dieci episodi, è spesso sostituita dalle parole, preferendo una riflessività che smorza il ritmo, facendo demordere il nostro grado di concentrazione. Se Pending Train è la più classica delle serie altalenanti, ed eccessivamente lunga, considerato il numero delle puntate e la loro durata (50-45 minuti), è innegabile quanto la storia offra non pochi spunti, mantenendo (e non era facile) un certo calore attorno ai protagonisti, e al loro inaspettato nuovo habitat naturale.
Pending Train, bentornati nel futuro
Perché poi è tutto una questione di location, di ambientazione. Fin dal principio, e fino alla fine. Ora, si potrebbe riassumere la trama di Pending Train in due righe: siamo in Giappone, è primavera e i ciliegi sono in fiore. È una normalissima mattina, scandita dalla routine dei lavoratori che affollano i treni e le metropolitane. Vagoni stracolmi e sguardi che si incrociano tra perfetti sconosciuti. La solita vita che sfugge, e una domanda che passa per la testa: chi sarà quel ragazzo dall'aria interdetta? Dove andrà quella ragazza che sorride guardando uno smartphone? Ma la routine in Giappone è fatta anche dei numerosi alert che suonano sui telefoni quando c'è una scossa sismica. Proprio mentre ricevono un avviso sul telefono, un gruppo di pendolari, su un treno qualsiasi, si ritrova catapultato nel futuro.
Come? Imboccando un tunnel, la luce del vagone si spegne, il treno esce fuori dai binari e un nutrito gruppo di persone si ritrovano nel bel mezzo di un'incolta vegetazione. Com'è possibile? Cosa è successo? Perché i telefoni non prendono? E perché sembra esserci una strana desertificazione oltre la radura? Tra loro, troviamo il parrucchiere Naoya Kayashima (Yuki Yamada), la professoressa Sae Hatano (Moka Kamishiraishi) e il pompiere Yuto Shirahama (Eiji Akaso), più una serie di correlati personaggi. Da qui in poi, inizia una sorta di lotta per la sopravvivenza. Nasceranno amori, ci saranno alleanze, tradimenti e diversi colpi di scena (in particolar modo nelle ultime cinque puntate), intanto che la scrittura di Arisa Kaneko si sofferma sul passato (anzi, sul presente) dei protagonisti tramite flashback. Dall'altra parte, il gruppo proverà a ricercare la verità: il treno è finito in un futuro prossimo (il 2060), e sembra non esserci via d'uscita.
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Una serie altalenante e una colonna sonora invadente
Pur intuibile, non possiamo raccontare troppo di Pending Train. A cominciare dallo snodo che effettivamente porta il treno (vagoni 5 e 6) al di là del futuro. Certo è, che come scritto all'inizio della recensione, la serie Netflix mischia il fascino alla Lost con numerose digressioni contemporanea. A cominciare dal concetto di comunità: i superstiti, infatti, o se volete coloro che prendono parte ad un involontario viaggio nel tempo, condividono ansie e paure, adattandosi ad una nuova normalità che li ha allontanati da ogni stortura annessa alla loro vita precedente. Vivono un tempo sospeso, sperimentando un adattamento forzato. Il pensiero torna quindi al confinamento da regole sanitarie in epoca di Pandemia, e al tempo dilatato che abbiamo toccato per mano, schiacciandoci in una realtà inaudita. Ma come ogni sospensione, anche i macro problemi sono stati congelati: Naoya, Sae e gli altri (Yuto, per esempio, porta con sé un trauma lavorativo) scendono a compromessi verso una realtà ai limiti, trovando un certo conforto lontano dai canoni e dalle regole sociali. La ricerca del cibo e dell'acqua sostituisce lo scrolling dello smartphone, riportandoli ad una dimensione di resistenza e di libertà.
I riflessi sui personaggi sono la chiave dominante nella serie, ciononostante le puntate centrali finiscono per arenarsi, con la narrazione che si sposta di pochi passi, seminando gli indizi che aprono alla rivelazione finale. Altra nota, la regia: i diversi filmmaker rendono disomogenea la serie, sia per colori che per umore, creando un cortocircuito visivo. Le prime puntate sono plasticose, artificiali, quasi cartoonesche, e solo alla fine si raggiunge una maturità estetica all'altezza, facendo cambiare faccia allo show. Potremmo quasi considerare Pending Train una serie spaccata in due o tre parti, in cui la stessa base fantascientifica cede il passo all'estrema caratterizzazione dei personaggi, spesso avvolti da un accompagnamento musicale monotono e privo di personalità. Una caratterizzazione umana, c'è da dire, poco espandibile: non c'è una vera e propria evoluzione, al netto della storyline cardinale che sfocia in una seconda, e pure questa notevole, riflessione: viviamo in una società rigirata sull'egocentrismo, rifiutando qualsiasi tipo di voce trasversale. Di più non possiamo anticipare per non rovinarvi la sorpresa. Una sorpresa ricca di speranza...
Conclusioni
Concludendo la recensione di Pending Train, ritorniamo sulla suggestione fantasy iniziale: un treno finito nel futuro, e una terrificante scoperta. In mezzo la sopravvivenza di un gruppo di persone, e la relativa riflessione sull'adattamento dell'uomo in contesti estremi. Non sempre però il ritmo della serie giapponese in streaming su Netflix è all'altezza, perdendosi in una messa in scena altalenante e in un numero eccessivo di episodi. Episodi spesso accompagnati da una colonna sonora didascalica ed elementare.
Perché ci piace
- La suggestione iniziale.
- I diversi spunti sociali.
- Il cast protagonista, misurato nonostante la trama.
Cosa non va
- Troppe puntate.
- Troppa inconsistenza nella parte centrale.
- La regia alternata non è uniforme.