La nostra recensione di One Piece: Stampede parte da questa premessa: sarebbe inutile e anche insufficiente valutarlo nei ranghi delle solite categorie, perchè One Piece: Stampede è un film pensato e costruito per i fan, con la supervisione dello stesso Oda, e saranno loro che riusciranno ad apprezzarlo al meglio.
One Piece: Stampede infatti,è più del quattordicesimo film tratto dall'opera di Eiichiro Oda, ed è più di una nuova avventura dei Cappello di Paglia contro un nemico che mai rivedremo. One Piece: Stampede è nato con uno scopo preciso: è il film a cui la Toei Animation ha affidato le celebrazioni per i 20 anni della serie anime, in onda in Giappone ogni domenica da quel 20 ottobre 1999. Ed è prima ancora un sentito omaggio, prima che all'opera, ai milioni di fan vecchi e nuovi, un ringraziamento a chi ha consentito a un manga e a una serie tv su dei pirati un po' scalcagnati di diventare un vero e proprio fenomeno in giro per il mondo.
Fanservice
Eiichiro Oda non ama particolarmente fare del fanservice nonostante si trovi sempre più spesso a soccombere alle richieste dell'editore, come ha ogni tanto raccontato in passato nelle rarissime interviste. E non è un caso che, alla vigilia dell'arrivo in sala, abbia dichiarato che non avrebbe mai acconsentito a un film come One Piece: Stampede - Il Film se non fosse stato per celebrare i 20 anni della serie anime.
Dalle parti della Toei invece è diverso: le puntate di One Piece, così come la serie di film, pullulano di strizzate d'occhio a quello che i fan chiedono, a quello che i fan immaginano, a quello che, pur con delle animazioni discutibili, spesso i fan ottengono. E in questo non c'è assolutamente nulla di male, nonostante il rischio assunto, perchè il fanservice è una specie di legge di mercato che prima o poi va onorata. One Piece: Stampede fa sua questa lezione e lo fa assolutamente al meglio, inserendosi in quello che è l'universo non-canon di One Piece come un sogno a occhi aperti. La sua missione è rendere reale e realizzato un desiderio altrimenti impossibile - l'incontro tra tutti i personaggi -, per 101 minuti.
La trama: una festa indimenticabile
Il luogo e il tempo in cui tutto può succedere è la Fiera Mondiale Pirata, un'intera isola trasformata nella più grande festa a cielo aperto per i peggiori ceffi di tutti i mari. Gli ospiti d'onore, anche se a loro insaputa, sono naturalmente i nostri Mugiwara, forti della taglia altissima del loro capitano (che è esattamente pari a 1.500.000.000 di Berry) e delle incredibili doti per cui la ciurma è ormai famosa. Ad aver spedito l'invito è Buena Festa, il più grande organizzatore di eventi in circolazione, che ha attirato sull'isola praticamente ogni pirata vivente con una promessa, la stessa che Eiichiro Oda fa ai suoi lettori da oltre 20 anni: mettere le mani sul leggendario tesoro di Gol D. Roger, il famoso One Piece. Peccato che le reali intenzioni di Buena Festa e del suo socio Douglas Bullett, il villain più forzuto che Luffy si sia mai trovato ad affrontare, siano molto diverse da come appaiono: la fiera pirata è in realtà una grande trappola, in cui viene messa in mezzo anche la Marina, che nasconde solo un grande piano di distruzione di massa, come ha scoperto il solito attento Trafalgar Law. Luffy dovrà riuscire questa volta a salvare non solo la promessa di un tesoro e se stesso, ma praticamente tutto il mondo animato di One Piece da quell'enorme pericolo che è Bullett.
Una baraonda di personaggi
One Piece: Stampede fa ciò che il suo titolo promette. È una baraonda, una corsa a perdifiato, dei protagonisti verso la salvezza, degli spettatori attraverso la sconfinata galleria di personaggi conosciuti e amati nel corso di due decenni. La particolarità di One Piece: Stampede, infatti, è l'enorme cast messo in campo dallo sceneggiatore Atsuhiro Tomioka e dal regista Takashi Otsuka, che in poco più di un'ora e mezza devono trovare spazio per tantissimi caratteri. Luffy e i Mugiwara al completo, Law e tutta le generazione peggiore di pirati, e dal passato ritornano addirittura Crocodile, Rob Lucci, e ancora Boa Hancock e Drakul Mihawk, senza neppure passare dall'altro lato della forza, dove la Marina è schierata al completo. C'è addirittura la quasi neonata Flotta di Cappello di Paglia. La somma tra loro e i pochi personaggi nuovi di zecca dà come risultato forse un minuto scarso di storia da dedicare a ciascuno dei presenti. È proprio qui che One Piece: Stampede inciampa nella sua unicità: l'aver pressato insieme buona parte dei personaggi nei 101 minuti ha indebolito una trama già piuttosto effimera e ha sminuito buona parte di essi, a cominciare dai 9 protagonisti, ridotti spesso a meno di un mucchio di cliché.
Ma a One Piece per fortuna resta la sua natura da battle shonen che Eiichiro Oda, nonostante ci abbia abituati a lunghi capitoli di ricordi e introspezione, rivendica ad ogni vignetta. E One Piece: Stampede, pur non essendo un gioiello narrativo, eredita quell'indole eminentemente action della scrittura del sensei Oda e della serie animata. Esplosioni improvvise, un nemico mastodontico come non era stato neppure Pica ai tempi di Dressrosa, Luffy e compagni si ritrovano costretti a menar le mani come non mai per salvare non solo la propria vita ma tutto il senso di un'avventura cominciata, in TV, 20 anni fa. Saranno combattimenti su combattimenti a colpi di King Kong Gun, Room e svariate Passioni demoniache della Fenice, in un crescendo d'azione che sorprende per la resa visiva, grazie all'uso della computer grafica che si integra in modo sapiente a un tratto più "artigianale". Fatta eccezione per l'animazione di Douglas Bullett durante la battaglia con il 'dream team', dove l'abuso di CGI stride nel contesto.
Un tesoro c'è e nessuno sa qual è
La domanda logica sarebbe "dov'è", soprattutto alla luce e di quella scoperta finale, che oscilla tra l'errore di traslitterazione linguistica e il non-canon (ma non anticiperemo altro), e di una caccia lunga 22 anni. Sono Monkey D. Luffy e il vecchio re dei pirati Gol D. Roger, però, a porre la questione da una diversa prospettiva. Posto che un bottino fatto d'oro esiste su quella famosa Raftel o no che dir si voglia, ci sono però al mondo anche altri tesori degni di un'attenta ricerca, hanno solo diversa entità, che siano l'amore di due fratelli (nel doveroso omaggio finale a Portuguese D. Ace), la capacità di tenersi stretti degli amici e di farsene di nuovi, come alla fine anche i due villain dovranno ammettere, nel momento della sconfitta. Che puntualmente arriva, perchè Luffy e gli altri hanno il diritto e insieme il dovere di continuare a vivere quell'avventura, di continuare ad affrontare anche per i fan quel viaggio chiamato One Piece, qualunque sia il tesoro che quel pirata sognatore ha nascosto chissà dove.
Conclusioni
Nel chiudere la recensione di One Piece: Stampede non possiamo non citare il buon lavoro di doppiaggio fatto dal distributore italiano Anime Factory, che ha adattato nomi e dialoghi molto più fedelmente rispetto al passato, e che ha voluto ancora una volta i doppiatori storici della serie. Accrescendo così quel senso di familiarità velato di nostalgia per questi primi 20 anni trascorsi insieme, che Stampede suscita nei fan ogni qualvolta un altro personaggio appare sullo schermo. Riuscendo però a intrattenere allo stesso tempo anche chi è meno avvezzo al popolatissimo e caotico universo piratesco di Oda con i suoi combattimenti epici.
Perché ci piace
- È puro fanservice ma, per una volta, è di quello che mette d'accordo un po' tutti i fan di One Piece: tra tutti i personaggi il preferito c'è quasi per forza.
- Eiichiro Oda ha un talento speciale nel creare i suoi villain: gli siamo grati di aver portato in One Piece: Stampede due come Crocodile e Rob Lucci e per la risata di Barbanera.
- Poteva essere un'operazione memoriale semplice ma i creatori hanno giocato di ironia, "scrivendo" questa lettera di profondo amore ai fan a suon di scazzottate.
Cosa non va
- Nel tentativo di accontentare tutti la sceneggiatura è stata sovraccaricata di troppi personaggi: l'approfondimento minimo dei singoli si è fatto impossibile.
- I personaggi femminili più di altri sono stati lasciati in un angolo a recitare la parte... dei cliché: svampita, isterica, indifesa.
- Con quei combattimenti a disposizione ci saremmo aspettati una regia un po' più audace e virtuosa.