Michael Gunton, uno dei registi veterani della documentaristica naturalista targata BBC, è approdato a Roma per presentare il suo ultimo progetto, diretto insieme a Martha Holmes. One Life è una delle più grandi e ambiziose produzioni televisive, che allarga il già imponente progetto BBC Earth intitolato Life: si tratta di un affresco sulla vita animale che tocca tutti i continenti e connette fortemente la vita e i metodi di sopravvivenza animali alle strategie che definiamo umane.
Oltre al regista Michael Gunton erano presenti alla conferenza stampa moderata da Pietro Del Soldà, Tessa Gelisio, testimonial dell'opera per l'Italia, Mario Biondi, che fa da voce narrante, e Isabella Pratesi per il WWF, a cui il film è legato per il progetto "Green Heart of Africa".
Che impressioni le ha dato vedere per la prima volta il film in italiano? Michael Gunton: Avevo visto One Life in inglese, con la voce di Daniel Craig, e anche col doppiaggio giapponese, un'esperienza piuttosto particolare... Questa versione mi è parsa ottima grazie alla bellezza della lingua italiana e alla grande voce di Mario Biondi, che non vi devo certo presentare io. Pur non conoscendo l'italiano, ho trovato piacevole, da biologo, riconoscere le parole più strettamente tecniche, visto che la terminologia scientifica è spesso derivata dal latino.
Per girare One Life si è fatto ricorso a tecnologie avanzatissime e, quindi, artificiali: eppure non è proprio la tecnologia la cosa che più di ogni altra ci allontana dalla natura selvaggia? Michael Gunton: È una domanda veramente interessante che non mi era mai stata posta. Volevamo mostrare la connessione umana con la natura senza renderla eclatante o retorica. Semplicemente guardando e seguendo il film, doveva stabilirsi un'identificazione di questo tipo, per poter non semplicemente sentire o vedere, ma esperire in prima persona le vicende dei nostri protagonisti. Per fare una cosa del genere dovevamo stare molto vicini agli animali, seguirli passo per passo, ed è stato possibile solo grazie all'abilità degli operatori. Ci siamo accorti successivamente, guardando il girato, che senza queste tecnologie innovative non sarebbe nemmeno stato possibile mostrare alcuni dettagli invisili all'occhio umano.Che cosa si prova a vedere un film come One Life?
Tessa Gelisio: Soprattutto molta invidia. Hanno avuto quattro, cinque anni per un progetto di questo tipo e sono riusciti anche a catturare immagini mai viste prime, come la caccia "in team" dei tre ghepardi. In Italia un lavoro del genere è impossibile: per una puntata di Pianeta Mare non avevamo più di quattro, cinque giorni di tempo. Inoltre, mi pare un ritorno al documentario naturalista classico, senza un eccesso di spettacolarizzazione o di antropizzazione del regno animale. Suggerisco di far vedere il film alle famiglie e ai bambini: è importante conoscere la natura per poterla rispettare. Importante anche la sinergia col WWF: bisogna far sapere che quel 6% di verde che rimane contiene il 50% della biodiversità su questa Terra.
Mario Biondi: Prima di tutto voglio ringraziare chi mi ha permesso di essere la voce narrante di questo film, perché mi ero stancato di essere "il cattivo" del cinema d'animazione (fa riferimento al personaggio doppiato in Rio, ndr). È stata una bellissima esperienza e so già che lo dovrò vedere cinque o più volte, vista la mia numerosa prole!
Lo spazio urbano sarà sempre più invadente verso gli spazi verdi? E puoi parlarci brevemente del progetto "Green Heart of Africa"?
Isabella Pratesi: L'ambiente urbano avrà la preminenza nel futuro. Se non sensibilizziamo le nuove generazioni a preservare questi spazi, non ci rimarrà niente. Godiamoci la bellezza della natura mostrata in questo film; perché nel momento in cui non si conoscerà più la natura e non la si proteggerà, sarà finita per tutti, sarà solo questione di tempo.
Green Heart of Africa è un progetto che ha all'incirca trent'anni e solo grazie ai volontari del WWF si sono salvati gli esemplari di elefanti di foresta o quelle poche centinaia di gorilla che potete vedere nel film.
Sull'eccesso di antropizzazione: ho un dottorato in biologia e sono ormai convinto che, per troppo tempo, si sia guardato al mondo animale in maniera schematica. Gli animali sono anch'essi "individui" e hanno una loro personalità: se li si osserva da vicino, nel loro habitat, si dimostrano molto meno prevedibili di quanto si possa pensare.
Visto che siamo in tempo di crisi economica, ci può dire quante persone hanno lavorato e quanto è costato un progetto del genere?
Michael Gunton: Nel progetto sono state coinvolti 70 operatori della macchina da presa, 1200 collaboratori a vario titoli... non posso fare un conteggio esatto, ma direi che approssimativamente siamo sulle 1500 persone. Mi dispiace ma non ho nemmeno un'idea esatta del budget, visto che oltre alla BBC hanno partecipato la tv francese, quella tedesca e quella italiana, attraverso l'importante contributo di Mediaset. Sicuramente sono stati spesi più di due o tre milioni di sterline. Nei 2000 giorni di lavorazione sono avvenuti quattro matrimoni, quattro nascite e un divorzio... ma nessuno è dipeso da me!