Prima di addentrarci in questa recensione di On the Rocks, lasciateci confessare una cosa: chi scrive non ama particolarmente il cinema di Sofia Coppola, o quantomeno quello successivo al meritatissimo Oscar per Lost in Translation. È indubbio che si tratti di una delle (purtroppo) poche registe universalmente note al grande pubblico e che abbia anche uno stile personale facilmente riconoscibile, ma più volte le sue recenti opere ci sono sembrate molto più riuscite "sulla carta", e quindi per ambizione e coraggio, di quanto poi siano effettivamente riuscite a colpirci in sala.
Sarà forse anche per questo che On the Rocks, film molto più convenzionale e semplice tanto nella struttura come nei temi, ci ha particolarmente colpito e stupito. E ci ha nuovamente mostrato la parte più sincera e personale di una regista che forse ha troppo spesso subito delle pressioni dall'esterno. D'altronde, se sei la figlia di uno dei fondatori della New Hollywood e la prima donna statunitense ad essere candiata all'Oscar come miglior regista, sentire il peso del proprio cognome e delle opere realizzate in precedenza è assolutamente normale.
Un film personale
Quale miglior modo quindi per ricominciare se non ripartire da se stessi? On the Rocks non è un film dichiaratamente autobiografico, eppure la regista non ha problemi ad ammettere che ci sia molto della sua vita nella sceneggiatura. D'altronde anche la protagonista Laura vive a Manhattan, ha due bellissime figlie, un marito di successo spesso in viaggio per lavoro. La differenza è che il personaggio portato sullo schermo da Rashida Jones, diversamente dalla Coppola, fatica a trovare una sua voce, a scrivere il suo romanzo, a sentirsi appagata non solo professionalmente ma anche personalmente. Non è quindi difficile immaginare che anche qui, proprio come nel magnifico Lost in Translation - L'amore tradotto, ci possa esserci qualche elemento autobiografico, magari legato a qualche momento particolarmente buio o deprimente.
Sofia Coppola: da L'inganno a Lost in Translation, quando il cinema è femminile
A "salvare" la protagonista nel film del 2003, c'era la star del cinema in declino interpretata da Bill Murray; che ritorna anche in questo On The Rocks con un personaggio altrettanto bizzarro e carismatico. Il suo Felix, ex commerciante d'arte e sciupafemmine mai pentito, è esattamente l'uomo che serve a Laura per capire molto cose su stessa e rimettere a posto la sua vita: un padre di successo che l'ha sempre amata e protetta, anche se nel suo modo di vivere larger than life. Sapendo di chi è figlia la regista di questo film, e quanto deve essere stato (ed è ancora) difficile uscire dalla sua ombra, non fatichiamo a riconoscere quanto questo film, pur nella sua leggerezza, possa essere importante per Sofia Coppola.
Da Lost in Translation a Lost in (a) relationship
C'è qualcosa di molto alleniano in questo On the Rocks, e non ci riferiamo solo all'ambientazione newyorchese: forse la volontà della Coppola di affrontare temi per lei comunque importanti e personali, ma sempre con ironia e (apparente) delicatezza. Pur avendone tutti i motivi, la protagonista Laura non si arrabbia mai, nemmeno quando è sempre più convinta che il marito, nonché padre delle sue figlie, la stia tradendo con una donna più giovane. Nemmeno quando si rende conto che la sua vita non è quella che vorrebbe. Nemmeno quando quel padre, che tanto la ama e cerca di proteggerla, sta cercando di imporle una visione del mondo - cinica e se vogliamo anche maschilista - che non le appartiene.
Laura osserva il padre che usa il proprio carisma e la propria parlantina per uscire anche dalle situazioni più assurde e difficili, e semplicemente gli dice "It must be very nice to be you" ("Deve essere bello essere te"). Non prova invidia, non prova frustrazione, ma è sinceramente meravigliata da come per gli altri alcune cose vengano molto più semplici che a lei: anche qui il significato metacinematografico è tanto evidente quanto toccante. Così come è evidente che il rapporto tra moglie e marito sia infinitamente meno importante, in questo frangente, rispetto a quello padre-figlia, che è probabilmente il vero motivo per cui questo On the Rocks è stato scritto e girato.
E in questo senso si capisce e si apprezza ancor di più la scelta dei due ottimi attori protagonisti: ad una Rashida Jones dimessa e poco appariscente, ma dagli sguardi intensi e carichi di significato, si contrappone un Bill Murray brillante, autoironico ma anche genuinamente innamorato della vita e della figlia. È proprio in questo contrasto, in questo rapporto difficile ma comunque invidiabile, che emergono le migliori qualità della Sofia Coppola sceneggiatrice. Quella che ci aveva fatto innamorare dei suoi personaggi e del suo stile Come avrete capito da questa recensione di On the Rocks, il nuovo film di Sofia Coppola non è un capolavoro, una pietra miliare o un film di cui probabilmente ci ricorderemo a distanza di decenni. Ma è una commedia agrodolce che può vantare un'ottima scrittura ed un rapporto padre/figlia che scalda il cuore. A volte la semplicità non è un difetto, soprattutto quando consente ad un autore di essere ancora più sincero.
Conclusioni
Come avrete capito da questa recensione di On the Rocks, il nuovo film di Sofia Coppola non è un capolavoro, una pietra miliare o un film di cui probabilmente ci ricorderemo a distanza di decenni. Ma è una commedia agrodolce che può vantare un'ottima scrittura ed un rapporto padre/figlia che scalda il cuore. A volte la semplicità non è un difetto, soprattutto quando consente ad un autore di essere ancora più sincero.
Perché ci piace
- L'ottima sceneggiatura della Coppola, che preferisce concentrarsi sui due protagonisti e sul loro rapporto.
- Le interpretazioni, agli antipodi, di Rashida Jones e Bill Murray.
- La Manhattan mostrataci da Sofia Coppola e fotografata da Philippe Le Sourd è elegante e malinconica come quella dei film di Woody Allen.
Cosa non va
- Potrebbe deludere gli appassionati degli ultimi film della regista: On the Rocks è un film più piccolo, più "leggero" e molto meno ambizioso.