Dal 2012, anno in cui ha avuto inizio la sua carriera cinematografica, il quarantottenne Giorgio Amato ha sempre prediletto spaziare tra generi e registri differenti. Se infatti con il film d'esordio Circuito Chiuso (2012) si rifaceva al filone found footage per raccontare la storia di un serial killer e nel successivo The Stalker (2013) utilizzava le convenzioni del thriller concentrandosi sulla patologica ossessione di un uomo che aveva perduto la custodia della figlia, il recente Il ministro (2016) era una caustica e disincantata commedia nera incentrata su un imprenditore in crisi che, per evitare la bancarotta della propria società, cercava di guadagnarsi un grosso appalto corrompendo un ministro.
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Gesù è di nuovo tra noi
Per questo suo ultimo lavoro dietro la macchina da presa, Oh mio Dio!, il regista e sceneggiatore milanese ha optato invece per il mockumentary, portando sullo schermo un'idea alla quale aveva iniziato a pensare già una ventina di anni fa, quando da studente universitario si era preparato per l'esame di Sociologia delle religioni. Tutto nasce da uno spunto interessante e piuttosto semplice: cosa accadrebbe se oggi sulla Terra facesse ritorno Gesù, per diffondere nuovamente la propria parola in un mondo in cui ormai essa sembra non aver più alcun seguito?
È Natale e durante una messa che si svolge nella chiesa di un paesino il figlio di Dio appare per la seconda volta, iniziando poi a predicare, compiere miracoli e a circondarsi di apostoli disposti a seguirlo per le strade di Roma.
Durante il suo cammino, lungo il quale si fa accompagnare costantemente da due cameraman al fine di poter documentare le proprie azioni, cambierà la vita di alcune persone ma dovrà soprattutto scontrarsi con la sostanziale e inscalfibile indifferenza della maggior parte degli esseri umani.
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Tra commedia e dramma
Come sempre anche scrittore delle sceneggiature dei suoi lungometraggi, Giorgio Amato riesce a confezionare un film in grado di giocare con buona efficacia tanto con il registro della commedia, ampiamente predominante, quanto con quello più tendente al drammatico. Arrivando anche ad emozionare in alcuni passaggi, come ad esempio quando si racconta la vita del secondo Gesù attraverso le parole della madre intervistata. In questo contesto, fondamentale è l'apporto di un cast all'altezza, capace di rendere credibili i personaggi sullo schermo anche nei momenti più grotteschi e bizzarri: dal protagonista Carlo Caprioli (Gesù) a Anna Maria De Luca (Maria) in primis, passando per Giulia Gualano (Maria Maddalena) e gli apostoli Daniele Monterosi (Tommaso), Stefano Fregni (Pietro), Alessio De Persio (Matteo), Vanni Fois (Jacopo) e Mimmo Ruggiero (Andrea).
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La mancanza di coraggio
Ciò che manca, oltre a una componente visiva di livello (lo scarso budget a disposizione da questo punto di vista si avverte in maniera piuttosto evidente), è però la capacità di andare in profondità nell'analisi della società contemporanea per mettere in luce i motivi ontologici che spingono gli esseri umani ad ignorare le parole di Gesù. Se il già citato Il ministro si era segnalato per uno sguardo disincantato e feroce, oltre che per la capacità di andare oltre il politicamente corretto, qui la sensazione è che Amato, nel delicato contesto di un film incentrato sulla figura del figlio di Dio, non abbia avuto il coraggio di portare avanti un'operazione davvero radicale e problematizzante. Alla resa dei conti, dunque, O mio Dio! è inevitabilmente un film piuttosto superficiale, ma che in ogni caso presenta elementi di interesse ed originalità, rivelandosi nel complesso un lungometraggio godibile e privo di cali di ritmo.
Movieplayer.it
3.0/5