Nuovo fantasy, vecchie conoscenze
Non si può proprio dire che il debutto alla regia del neozelandese Jonathan King sia avvenuto in sordina. Gli ovini killer di Black Sheep, esperimento genetico malriuscito sfuggito al controllo nel momento esatto in cui il "pecora-fobico" Henry ritorna, è il caso di dirlo, all'ovile, hanno valso a King l'immediata notorietà, e anche una generale benevolenza da parte dell'audience, sempre pronta a plaudire la venuta di idee originali. Per la sua seconda prova alla regia era lecito, quindi, aspettarsi un altro lavoro fuori dagli schemi, e quale miglior terreno di sperimentazione del fantasy per liberare tutta la sua verve dissacrante? Tanto più che i due protagonisti, i gemelli Theo e Rachel, stanno attraversando il periodo dell'adolescenza, riconosciuto da coloro che gli sono sopravvissuti come il più foriero di imbarazzi e tentennamenti, che è sempre bene stemperare con la giusta dose di leggerezza. L'ironia e la garbata presa in giro in effetti sono alcuni degli ingredienti della pellicola, che si allargano anche al popolo neozelandese tutto. Il fulcro della vicenda è però la lotta che i due ragazzi dovranno intraprendere per salvare non soltanto la propria orgogliosa e diffidente patria, ma l'intero pianeta, da una minaccia inquietante. Dopo la morte della madre in un incidente, i due si trasferiscono dagli zii, i cui dirimpettai vanno ben oltre alla loro apparenza di vecchietti asociali avversi a tutto il vicinato: essi sono infatti esseri malvagi che, spostandosi di mondo in mondo, privano ogni cosa della vita, consumando ogni risorsa e bellezza disponibile. Sarà un senzatetto che padroneggia il potere del fuoco, ultimo ad aver cercato di combattere i Wilberforce (questo il nome con cui sono noti nel consesso umano) a rivelare a Theo e Rachel il loro ruolo fondamentale nella distruzione della minaccia: in quanto gemelli, uniti per di più da un legame quasi telepatico, possono a loro volta imparare ad evocare il fuoco, letale agli invasori.
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La spinta satirica e paradossale che animava il primo lavoro di King sembra essersi ripiegata su se stessa, lasciando spazio ad una gestione del plot e dei personaggi più convenzionale, forse in considerazione del target di giovanissimi a cui la pellicola è destinata. Nonostante non brilli per originalità, Under the Mountain offre comunque agli spettatori un'esperienza gradevole, in cui, come nella migliore tradizione, trionfano i buoni sentimenti e ogni conflitto viene ricomposto nell'happy ending finale.