Sabrina è una giovane nuotatrice che culla grandi sogni olimpici. Un giorno però le sue ambizioni si infrangono bruscamente, quando non riesce a qualificarsi per i giochi estivi. In più la ragazza ha sviluppato un'insana ossessione nei confronti del suo allenatore, un uomo più grande di lei e già sposato, dal quale viene respinta, e arriva addirittura al punto di tentare di ucciderlo affogandolo in piscina.

In Nuotando nella follia, dopo aver affrontato un lungo periodo di depressione, a un anno di distanza dall'accaduto Sabrina sembra essersi definitivamente ripresa, con grande sollievo di sua madre Vickie. Trova lavoro come istruttrice e viene assunta da Parker, il padre di una bambina a cui dovrà insegnare come riprendere confidenza con l'acqua in seguito a una mancata tragedia. La moglie di Parker, Ellen, si trova infatti in riabilitazione dopo aver trascurato la figlia durante un episodio di dipendenza alcolica nei pressi della piscina in giardino, con la piccola che ha rischiato di annegare. Sabrina si sente attratta da Parker, la cui famiglia ora si troverà in grave pericolo.
Nuotando nella follia in un mare calma piatta

Una delle più classiche villain in uno dei più classici thriller di produzione Lifetime. Insomma, tutto nella norma per questo film televisivo che si inserisce nel foltissimo filone a tema, con tutti i contro e ancora i contro del caso. Una protagonista borderline, una vera e propria stalker che sceglie le sue vittime perché gli ricordano quella figura paterna per lei così importante, è al centro di novanta minuti in cui tutto si fa inevitabilmente prevedibile.
Una sceneggiatura che si appoggia su evidenti forzature e sulla stupidità delle vittime predestinate, con quel padre di famiglia che non si accorge dell'invadenza sempre maggiore dell'istruttrice della figlia e arriva addirittura a mettere in discussione la versione della moglie, al momento in cura in una struttura apposita per disintossicarsi dall'alcool.
Un film che vive sul nulla

Naturalmente finirà tutto a tarallucci e vino, con buona pace di errori e tradimenti, al punto che le decisioni prese dai vari personaggi perdono ancor maggiormente di significato, giacché la resa dei conti è scontata e il finale già scritto. Sabrina cerca di mettere in cattiva luce questa coniuge che già deve combatterà la battaglia contro i suoi demoni personali e il fatto che il marito preferisce credere all'ultima arrivata piuttosto che a lei è già sinonimo di uno script che si basa sempre di più, esasperandola, sull'inverosimiglianza dell'assunto.
Lo stesso prologo fa presagire un crimine passato salvo poi riabilitare il tutto in un piccolo colpo di scena assai poco verosimile, sfruttato appositamente per far venire progressivamente a galla la verità anche agli occhi di chi finora, per cupidigia o per lussuria, ha finora sempre voluto ignorarla.
Davanti e dietro la macchina da presa

Il cast ci prova, ma l'unica a risultare parzialmente convincente è la cattiva, ovvero quella Sydney Hamm che col suo fisico slanciato e quello sguardo segnato dalla follia trova la giusta chiave di lettura per vestire i panni di questa pazza nuotatrice, ex promessa dello sport che ha perso completamente la bussola. Cj Hammond è invece impalpabile nei panni del maschio da sedurre, con Shellie Sterling che almeno prova a infondere un pizzico di risoluta grinta alla figura della moglie, pronta a tutto pur di riconquistare la sua famiglia in pericolo.
Ma nessuno di loro può granché per salvare un thriller dalle atmosfere soap, a corto di effettivi motivi o soluzioni di interesse, che si perde in luoghi comuni e in premesse improbabili, riciclando un immaginario di genere fin troppo abusato senza particolare originalità. D'altronde se andiamo a sbirciare nella filmografia del regista Doug Campbell, tra gli oltre cinquanta titoli in carriera possiamo notare un chiaro leit-motiv, con psicopatie varie al centro di titoli low-budget dai simili valori produttivi. E anche Nuotando nella follia è un film che, parafrasando il titolo italiano, è un grosso buco nell'acqua.
Conclusioni
Un film che affonda nel mare stagnante dei thriller televisivi, dove la tensione resta a bordo piscina senza manco partire al via. Nuotando nella follia vede una protagonista ossessionata dagli uomini più grandi di lei, che si infatua di un ingenuo padre di famiglia la cui moglie è in cura per disintossicarsi dall'alcool. Un nucleo già problematico nel quale si inserisce una scheggia impazzita, foriera sulla carta di nuove tensioni. Ma la tensione è pressoché assente in un film che, sulla scia delle classiche produzioni Lifetime, si affida a uno stile fatto con lo stampino e a una sceneggiatura inverosimile, fino a quella resa dei conti finale che dimentica volutamente troppo per garantire il forzato happy ending.
Perché ci piace
- Sydney Hamm ha uno sguardo a tratti inquietante.
Cosa non va
- Tensione telefonata.
- Sceneggiatura popolata da forzature e da personaggi ingenui.
- Stilisticamente piatto.