Come illustreremo in questa recensione di Now Is Everything, l'opera prima del figlio di Dante Spinotti, Riccardo, insieme alla compagna Valentina De Amicis, in concorso al 37esimo Torino Film Festival, è un film onirico, indipendente e sperimentale che parte dalla voglia di esplorare l'inconscio e l'animo umano.
Un fotografo di moda (Irakli Kvirikadzee) deve confrontarsi con angosce, paure e l'elaborazione del lutto per la morte di una persona cara mentre si ritrova da solo, alla ricerca della compagna misteriosamente scomparsa. In un percorso tra veglia e sogno, sul suo cammino si affacceranno affascinanti dark lady tra ricordi e presente e un uomo che gli guarderà dentro.
Riccardo Spinotti e Valentina De Amicis provano a fare un passo oltre il già detto del cinema indipendente, cercando di fondere i linguaggi non linguaggi del cinema di David Lynch, Terrence Malick con qualche tocco alla Nicolas Winding Refn: operazione narrativamente riuscita solo in parte (affascinanti gli interventi di Anthony Hopkins) ma visivamente interessante, grazie alla fotografia di Dante Spinotti, qui anche produttore insieme alla moglie Marcella ed ai costumi della Premio Oscar Colleen Atwood.
Now is Everything and Everything now
È la musica la fonte di ispirazione principale del primo film firmato da Riccardo Spinotti e Valentina De Amicis ed il titolo la omaggia. "Abbiamo iniziato a scrivere il copione quando è uscito il disco degli Arcade Fire che si chiama Everything now" rivela Spinotti e aggiunge: "anche loro hanno marito e moglie nel gruppo e poi dal punto di vista filosofico, il "Now" rappresenta la volontà di perdersi nel presente ed è proprio quello il momento in cui si possono trovare delle speranze riguardo al connettersi con i misteri dell'universo. Ci interessava l'ossessione di ricordare al pubblico la dualità del rapporto tra giorno e notte, tra incubo e sogno".
Guardarsi dentro
Qual è la differenza tra sogno e inconscio? E quando veramente si fondono insieme tanto da non riuscire a riconoscere più chi siamo? È quello il momento in cui possiamo aspirare a entrare in contatto con la nostra vera essenza? Spinotti e De Amicis esplorano questa possibilità mettendo il loro protagonista in una situazione di estrema vulnerabilità. Stremato emotivamente dalla scomparsa della fidanzata (Camille Rowe) con un biglietto, inizia una ricerca che lo porta e ci porta a scoprire ciò che in precedenza è avvenuto: la morte di una persona cara, il dolore della sua compagna. Il fotografo e artista Nicolas Yarna si ripiega letteralmente su stesso, in apatia emozionale, i suoi affetti lo abbandonano ma è quando scendiamo a fondo che possiamo solo risalire.
"L'idea era quella di esplorare l'inconscio maschile nella sua relazione con una donna: cosa accade in un momento traumatico come alla scomparsa di un amico? cosa scatta nella mente di questo giovane fotografo e artista alla sparizione della sua compagna?" sottolinea Valentina De Amicis e continua: "Per quanto mi riguarda il cinema è esplorazione della propria identità e noi abbiamo cercato di ricercare noi stessi. Porsi della domande, questo è proprio il punto".
Anthony Hopkins
"Hai paura di vedere chi sei, ti interessano le persone ma ti sei disconnesso con te stesso", queste le parole che Anthony Hopkins ripete in Now is everything in un ruolo enigmatico e di difficile collocazione. Non si comprende bene chi sia all'interno della storia ma a lui i registi affidano una sorte di luce per leggere il protagonista. Potremmo definirlo forse un personaggio che è più un espediente e artificio dei registi di connettere i punti di una narrazione che nel suo non voler essere lineare, si avviluppa su stessa. Di Anthony Hopkins Riccardo Spinotti dice: " Hopkins dice spesso che è stata una fortuna aver conosciuto sua moglie che lo ha introdotto alla pittura, al comporre musica, scrivere poesia. È un uomo che si sveglia ogni mattina, guarda il suo gatto, si sente inferiore al gatto, va al bagno, si guarda allo specchio, decide di rispettarsi e affronta la giornata. Ci ha spiegato che da quando ha lasciato perdere certe sue rigidità è lì che è iniziato tutto, Il silenzio degli innocenti ed altri film epocali. È un uomo che da priorità ad un certo tipo di leggerezza e questo rende tutto speciale".
Dante Spinotti, la sperimentazione, le influenze
Sono tanti i riferimenti e le influenze che hanno portato a Now Is everything per Riccardo Spinotti e Valentina De Amicis. I due registi dedicano il film a Heath Ledger con un riferimento ad un'estrema e forse a volte tossica fusione tra arte e artista, tra personaggio e persona. Si sente l'influsso della passione per il cinema di David Lynch e Terrence Malick ma la chiarezza all'interno di questi riferimenti la si vede solo a livello visivo, in ciò che si sceglie di illuminare ed inquadrare e come. Il tocco di Dante Spinotti dunque si sente e di questa libertà sul set, suo figlio Riccardo racconta: "Lui si sente più a suo agio in questo tipo di film dove non è tutto impacchettato e programmato. È un amante della macchina a mano e una certa aria sperimentale".
Trovare la propria strada
Bisogna dare atto a Riccardo Spinotti e Valentina De Amicis di aver provato ardentemente a fare un salto nella sperimentazione, cosa rarissima nel cinema italiano e pur sempre audace in quello internazionale. Ciò che importa è però sicuramente aver iniziato un flusso verso un modo diverso di analizzare l'uomo attraverso il cinema. Il più difficile film da realizzare è sempre il secondo, a Riccardo Spinotti e Valentina De Amicis, l'arduo ma sfidante compito di rimediare agli errori del passato, trovando la loro strada all'interno di un mare di registi che li hanno formati e influenzati.
Conclusioni
Per concludere questa recensione di Now is everything, esaltiamo il coraggio di Riccardo Spinotti e Valentina De Amicis nell’aver voluto andare oltre il già detto del cinema indipendente, cercando un linguaggio sperimentale, ispirandosi ai maestri Lynch e Malick. Nonostante il contributo fondamentale di luminari della recitazione come Anthony Hopkins e della fotografia come Dante Spinotti, il film non riesce a decollare e completare con chiarezza l’indagine sul guardarsi dentro ed esplorare il confine tra sogno e incubo, inconscio e realtà. Il coraggio e la volontà sono però i punti di partenza giusti per fare molto meglio in futuro.
Perché ci piace
- Il film è visivamente coerente e riesce nella fotografia a ritrovare lo stato d’animo dei personaggi in bilico tra sogno e realtà.
- Anthony Hopkins da sempre senso a tutto.
- Madeline Brewer è una dark lady magnetica e fa da perfetto contrappunto alla più eterea Camille Rowe.
Cosa non va
- Si perde nel suo cercare di andare oltre una narrativa lineare.
- Le influenze del cinema che vuole omaggiare, Lynch e Malick in primis, finiscono per soffocarlo.
- Si pone troppe domande rispetto a quante risposte è in grado di esplorare.