Non sono quello che sono, la recensione: l'Otello romanesco di Edoardo Leo è un grido contro il femminicidio

Il regista e attore rivede Shakespeare adattando l'opera di Shakespeare, imprimendo maggior realismo e attualizzandone i concetti. Al cinema.

Edoardo Leo nei panni di Iago

Non contento di essere uno dei volti simbolo del cinema contemporaneo, Edoardo Leo ama mettersi in gioco con nuovi progetti che ne valorizzino la crescita artistica. Dopo aver oscillato a lungo tra cinema, teatro e televisione, l'attore romano ha scelto di passare dall'altro lato della barricata misurandosi col mestiere di regista e sceneggiatore (ormai da diversi anni). In Non sono quello che sono, Leo abbraccia entrambe le sue anime, quella teatrale e quella cinematografica, adattando l'Otello di Shakespeare in una versione cruda e metropolitana ambientata sul litorale laziale (che tanto pare un non-luogo).

Non Sono Quello Che Sono   Ambrosia Caldarelli   Jawad Moraquib
L'abbraccio tra Otello e Desdemona

Nei piani di Edoardo Leo, l'adattamento dell'Otello sarebbe dovuto essere la sua opera prima da regista, ma la complessità dell'impresa lo ha spinto a rinviare a lungo in attesa di condizioni più favorevoli. Attesa ripagata da un lungometraggio che mette in luce la raggiunta maturità del suo autore. Lontano dalle coloratissime fantasmagorie di Baz Luhrmann o dalle infinite licenze poetiche delle moderne rivisitazioni (dal musical al western passando per la teen comedy), il regista arriva al cuore della tragedia attraverso una riscrittura fedelissima che adotta il dialetto romanesco per dare un senso di maggior realismo, attualizzando il messaggio insito nell'opera del Bardo.

L'attualità della tragedia di Shakespeare

Il titolo scelto da Edoardo Leo per il suo Otello, Non sono quello che sono - The Tragedy of Othello di W. Shakespeare, contiene già in nuce il senso dell'intera operazione, indicando il vero protagonista. Non per nulla l'attore si ritaglia il ruolo più ambiguo e complesso, quello di Iago, il traditore, il bugiardo, il doppiogiochista, colui che ordisce le trame risvegliando gli istinti peggiori di Otello e insozzando la purezza del suo amore per Desdemona per invidia o per senso di rivalsa. Vero e unico villain della storia, Iago non è solo il motore degli eventi, ma nella versione di Edoardo Leo diviene anche il narratore della sua storia, ammettendo le sue colpe e spiegando, per quanto possibile, le sue motivazioni in una cornice ambientata al presente.

Edoardo Leo sceglie, infatti, di trasporre l'Otello in epoca contemporanea, ma al tempo stesso si assicura una prospettiva storica ambientando la storia nel 2001, anno del crollo delle Torri Gemelle, mentre nel presente troviamo Iago che, dopo aver espiato la sua colpa in carcere, racconta la sua storia davanti alle telecamere. La collocazione temporale e spaziale specifica serve al regista per lanciare il suo messaggio, puntando il dito contro la società patriarcale (del presente come del passato) e condannando la mentalità per cui l'uomo considera la donna oggetto di suo possesso. Non sono quello che sono è un grido contro il femminicidio. Duplice femminicidio, visto che il "troppo amore" di Otello si trasforma in odio di fronte al sospetto di tradimento, mentre Iago si libera di Emilia perché è l'unica che ha il coraggio di opporsi al suo odioso piano.

Non sono quello che sono, Edoardo Leo e Ambrosia Caldarelli: "Un film per scardinare possesso e narcisismo"

Come tradurre un classico

Determinato a lanciare il suo messaggio, Edoardo Leo lavora di sottrazione per arrivare al nucleo originario dell'Otello, mettendo in luce i parallelismi tra passato e presente. Con una mossa coraggiosa, il regista cala la vicenda nel sottobosco criminale della periferia romana. Alla nobiltà veneziana, si contrappongono rapinatori e spacciatori. Il Moro di Venezia diventa così un mediorientale (Jawad Moraqib), immigrato di seconda generazione che parla romanesco eppure viene considerato diverso dal velenoso Iago, che lo apostrofa con l'appellativo di 'negro'. Allo stesso modo, il fazzoletto regalato da Otello a Desdemona si trasforma in un hijab, assumendo un surplus di valore per il capoclan di fede mussulmana. Diventa il simbolo di un duplice tradimento per il marito geloso, personale e religioso. Bandita l'aura romantica di cui Shakespeare aveva ammantato la figura di Otello, quel che resta è un uomo debole, influenzabile, un assassino capace di tradire il proprio amore.

Il lavoro con gli attori

Non Sono Quello Che Sono Jawad Moraqib Edoardo Leo
Edoardo Leo e Jawad Moraqib passeggiano sul lungomare

Il lavoro certosino fatto da Edoardo Leo sul testo originale, adattato parola per parola al romanesco e conservato nella quasi totale interezza a esclusione di pochi tagli, non funzionerebbe così bene senza un cast all'altezza. Per Otello e Desdemona, Leo scommette su due interpreti emergenti come Jawad Moraqib e Ambrosia Caldarelli, che mostrano una notevole chimica sullo schermo. Alla purezza e all'ingenuità di Desdemona, si contrappone l'amarezza della scafata Emilia di Antonia Truppo, che infonde nel ruolo tutta la sua esperienza teatrale facendo un lavoro prezioso di adattamento per quanto riguarda le battute del suo personaggio, l'unico a parlare napoletano. Come richiesto dal suo ruolo, Jawad Moraqib alterna un registro più dolce a una notevole asprezza, rivelandosi sufficientemente carismatico da tener testa al cast più esperto.

Per quanto riguarda Edoardo Leo, pur ritagliandosi il ruolo di protagonista, non offusca mai i comprimari né teme di risultare odioso nei panni del vile, violento e vendicativo Iago, immergendosi anima e corpo in una interpretazione potente e priva di compromessi. L'ambiente aspro e desolato - un litorale romano invernale vuoto come non mai - fa il resto creando il mood perfetto per un adattamento capace di catturare l'anima di Shakespeare senza tradire timore reverenziale nei confronti del modello.

Conclusioni

Adattamento coraggioso e sentito quello di Edoardo Leo che affronta l'attualità del testo di Otello realizzando una potente tragedia contemporanea che denuncia razzismo, patriarcato e violenza contro le donne. Le parole immortali del Bardo vengono trasposte in un dialetto romanesco violento e tragico messo in bocca a un gruppo di attori affiatati e intensi.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
4.0/5

Perché ci piace

  • Edoardo Leo si sdoppia in tre offrendo una performance intensa e viscerale nei panni dell'odioso Iago.
  • L'attualità del teso shakespeariano viene valorizzato dalla scelta del dialetto romanesco.
  • L'ambientazione sul litorale laziale amplifica l'approccio realista.
  • La regia si rivela efficace e misurata.

Cosa non va

  • Ovvio che l'intensità di Iago rischi di offuscare gli altri personaggi, nonostante l'attenzione del suo interprete.
  • La scelta di ambientare la storia nel 2001 non viene sfruttata a dovere.