Noi siamo la marea: l'inquietante mistero della scomparsa del mare e dei bambini svaniti

Nonostante l'incipit suggestivo e la regia di buon livello, l'esordio dietro la macchina da presa di Sebastian Hilger alla resa dei conti risulta pretenzioso e banale, perdendosi in velleità filosofico-metaforiche e incartandosi in una serie di evidenti forzature.

We Are the Tide: un'immagine tratta dal film
We Are the Tide: un'immagine tratta dal film

Due anni dopo aver ricevuto un'accoglienza tiepida da parte della critica tanto al Festival di Berlino (presentato nella sezione collaterale Perspektive Deutsches Kino) quanto al Festival di Torino, dove a sorpresa si aggiudicò il premio del pubblico assegnato ai film in concorso, arriva nei nostri cinema Noi siamo la marea, opera prima del cineasta tedesco Sebastian Hilger dalle premesse senz'altro intriganti che però, a mano a mano che la narrazione si sviluppa, finisce per girare sostanzialmente a vuoto perdendosi in velleità filosofico-metaforiche e incartandosi in passaggi forzati e poco credibili.

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We Are the Tide: una suggestiva immagine dall'alto del film
We Are the Tide: una suggestiva immagine dall'alto del film

L'enigma delle maree

Micha (Max Mauff), un giovane appassionato ricercatore di fisica dell'Università Humboldt di Berlino, da anni sta studiando un fenomeno verificatosi anni prima nella costa di Windholm, apparentemente inspiegabile secondo le leggi della natura conosciute: il 5 aprile del 1994, infatti, le acque dell'Oceano Atlantico si sono ritirate lasciando spazio a una superficie asciutta di una decina di chilometri; il ciclico alternarsi delle alte e delle basse maree si è improvvisamente interrotto a causa di un'indefinita anomalia gravitazionale che, al contempo, ha misteriosamente portato alla scomparsa di tutti i bambini che vivevano nella comunità locale.

Noi siamo la marea: Max Mauff in un momento del film
Noi siamo la marea: Max Mauff in un momento del film

Nonostante il parere negativo del comitato scientifico universitario, Micha è convinto che la ricerca svolta durante gli studi di dottorato possa condurre a risolvere questo mistero e così, con l'aiuto dell'ex ragazza Jana (Lana Cooper), figlia del professore con cui collabora (Max Herbrechter), decide di recarsi di nascosto a Windholm per effettuare delle rivelazioni. Qui però i due dovranno vedersela con l'atteggiamento ostile degli abitanti del luogo, stufi di vedere arrivare scienziati che tentano invano di comprendere quanto accaduto, ma sopratutto si imbatteranno in sconvolgenti verità.

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Evidenti limiti di sceneggiatura

We Are the Tide: un'immagine promozionale del film
We Are the Tide: un'immagine promozionale del film

Come detto in apertura di recensione, l'idea di partenza di Noi siamo la marea è stimolante e nella prima mezz'ora lo spettatore è portato con efficacia ad appassionarsi alla storia che viene introdotta. Com'è possibile che a Windholm non ci sia più l'alta marea? Qual è il legame, se c'è, tra questo fenomeno inspiegabile dal punto di vista scientifico e la contemporanea scomparsa di decine di bambini? Questi ultimi saranno stati risucchiati dalle acque o forse dietro c'è qualcosa di ancor più misterioso?

Noi siamo la marea: Max Mauff in una scena del film
Noi siamo la marea: Max Mauff in una scena del film

Finché c'è da introdurre lo spettatore in questa atmosfera enigmatica e inquietante la sceneggiatura regge piuttosto bene. Quando però, prima della metà del film, iniziano ad essere inseriti i vari tasselli che dovranno far venire tutti i nodi al pettine, la struttura complessiva dello script firmato da Nadine Gottmann inizia a scricchiolare vistosamente, sino a giungere a una parte conclusiva pasticciata e retorica. Di conseguenza, nonostante la regia di buon livello di Hilger (alcune sequenze e singole immagini sono molto suggestive) e le discrete interpretazioni dei protagonisti Max Mauff e Lana Cooper, il risultato è un'opera alla resa dei conti pretenziosa e banale che, al di là della netta sensazione di un'occasione sprecata, lascia ben poco a chi guarda. Davvero un peccato.

Movieplayer.it

2.0/5