Ci si chiede spesso cosa provi il frontman di un gruppo rinomato quando si appresta a esibirsi al concerto più importante della sua vita. Lo racconta Giorgio Testi, che nel suo docufilm Noi siamo Afterhours segue Manuel Agnelli nei suoi pensieri, nella sua paura di non essere all'altezza delle proprie aspettative e di quelle del suo pubblico affezionato. L'occasione è il concerto del 10 aprile scorso al Forum di Assago, a cui hanno presenziato circa 12.000 persone; si parte da lì e, attraverso la voice over del musicista, si descrivono i trent'anni di vita della band, dagli esordi con i brani in lingua inglese ai diversi cambi di formazione del gruppo. Il leader degli Afterhours, presente con la sua band alla Festa del Cinema di Roma 2018, spiega insieme al regista il progetto che si nasconde dietro al film.
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La magia di un concerto
"Non sei tu a decidere la magia del concerto", dichiara Manuel prima di affrontare il suo pubblico sterminato e urlante nel concerto definitivo della sua carriera. Pasti regolari, esercizio fisico: Manuel ha svolto una vita da atleta in attesa di questo giorno; eppure, la prima nota con cui è partito è stonata. Qualche attimo di incertezza, e subito la sua paura confluisce nell'emozione di venire accolto con immenso entusiasmo dal suo pubblico, che via via si commuove durante i brani dagli album Padania, Folfiri o Folfox, e poi con pezzi rappresentativi come Ballata per la mia piccola iena, Quello che non c'è. Il film è suddiviso in capitoli, che il più delle volte prendono il nome da album degli Afterhours: album intesi anche come fasi del loro percorso artistico. Manuel ci racconta come, quando avevano realizzato Hai paura del buio?, l'album della svolta, la band era piena di debiti, lui era stato appena lasciato dalla fidanzata, e le case discografiche consideravano il prodotto interessante, ma poco commercializzabile. Poi hanno trovato un'etichetta discografica e tutto è cambiato. Il punto forse più toccante del film mostra la band in mezzo al suo pubblico, durante l'interpretazione acustica di Non è per sempre, più intima e dolce di quella elettrica, con le persone in sala che si uniscono al canto di Manuel e al violino di Rodrigo D'Erasmo, quasi stupite di quel momento tutto loro, che sempre si crea quando un concerto raggiunge la magia sperata.
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Trent'anni da Afterhours
Dopo la proiezione per i giornalisti alla Festa del Cinema di Roma 2018, Giorgio Testi, regista specializzato in concerti che ha lavorato con gruppi come i Rolling Stones e i Blur, racconta il suo lavoro con gli Afterhours. "Volevamo creare un documentario che non fosse solo un concept film, come in passato con Hai paura del buio? Il film, ma potesse raccontare trent'anni di storia attraverso anche spezzoni documentaristici che intervallassero il concerto. Un aspetto che mi ha sempre affascinato è quello del backstage, in quei minuti prima di salire sul palco, quando molto spesso avviene una sorta di trasformazione dell'artista da personaggio privato a pubblico. Ognuno affronta quel momento in un modo differente; c'è sempre qualche incertezza. Attraverso la voce fuori campo anche intima di Manuel volevamo far sentire i suoi pensieri prima di un concerto così importante. I trent'anni degli Afterhours sono, visti i cambi di formazione, più che altro i trent'anni di carriera di Manuel, e per questo abbiamo utilizzato la sua voce narrante lungo tutto il film. E abbiamo diviso la scaletta in blocchi per epoche: già il concerto era strutturato così, e prima di ogni blocco abbiamo introdotto degli spezzoni, che difficilmente in documentari analoghi in Italia si vedono catturati in quel modo. Abbiamo messo a nudo anche gli errori: il concerto inizia con una nota sbagliata di Manuel, e anziché correggere quell'errore l'abbiamo addirittura raccontato. Spesso è proprio un errore del genere che ti sblocca e fa partire il concerto".
Manuel Agnelli ci descrive la sua esperienza. "C'è stato un grande lavoro, che sarebbe però stato inutile se il caso non fosse intervenuto positivamente: è il concerto che decide, non tu. Puoi decidere di avere una qualità media e riuscire ad avere sempre un buon risultato, ma spesso se fai così ti fossilizzi e non riesci ad avere grandi picchi. Quando ti lasci andare davvero, invece, rischi il disastro, ma se hai fortuna puoi raggiungere un certo tipo di livello emotivo. Ed è quello che è successo quella sera: è merito nostro, ma anche del caso, con la magia, le emozioni del concerto, le immagini, il suono. Per noi era il momento di fare una pausa di riflessione per non ripeterci, l'eventualità peggiore, e anche per capire ciò che volevamo diventare. Il film in questo senso ci aiuta molto, perché rappresenta per noi un punto di arrivo e, proprio per questo, anche un punto di partenza. È come se non avessimo più niente da dimostrare a noi stessi".
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L'evoluzione dagli esordi
Manuel Agnelli ci tiene a sottolineare come per progetti del genere si facciano in genere due-tre date di seguito, e poi il prodotto che esce sia un sunto di queste date. Invece qui il concerto è stato uno solo, e poteva andar male: la magia del film è stata proprio quella di riprodurre l'unicità di quest'evento. Non è stato ri-registrato niente, voci comprese: c'è stato solo un accurato lavoro di mixaggio e di pulizia dei suoni, e per questo tipo di qualità si deve ringraziare il fonico Daniele Tortora. Il frontman degli Afterhours poi racconta con gratitudine quale sia il suo rapporto con la musica, e come questo derivi dalla sua esigenza di esprimere sensazioni che non si possono mostrare tutti i giorni in quanto "non sociali".
"Non vado in giro per la strada a tirare testate alle persone, ma lo vorrei", dichiara sorridendo. "E il lato più oscuro e violento appartiene a tutti noi, ma dobbiamo farcene una ragione: non possiamo esprimerlo. Sul palco invece si può essere più liberi di manifestare sentimenti inaccettabili, e questo aiuta a crescere ed è anche consolatorio rispetto a certi momenti bui. Nella band, maturando, siamo cambiati tutti, e quindi è cambiato anche il significato del fare musica: all'inizio volevamo essere più disturbanti, volevamo generare una reazione, fosse anche negativa. Poi questo tentativo è diventato un cliché, e quindi abbiamo cercato un nuovo modo di rapportarci al pubblico; è stato un percorso lungo e non sempre positivo. Da qualche anno abbiamo trovato questo nuovo modo di rapportarci, ed è sicuramente più empatico. Abbiamo accettato ciò che siamo adesso: un gruppo 'diversamente disturbante'. Rispetto alle nuove generazioni, l'energia che ci torna indietro non rappresenta solo una soddisfazione; è bellissimo continuare ad avere un senso per qualcuno, ed è il presente: non è malinconia o memoria".
Rodrigo D'Erasmo, il violinista degli Afterhours, anticipa che questo film fa parte di un progetto molto più ampio con la Island Records, la loro etichetta discografica. "Sveleremo i dettagli prossimamente, ma sappiate che non finisce qui".
Movieplayer.it
3.0/5