Vi ricordate quella meravigliosa e divertentissima scena di Ave, Cesare! dei fratelli Coen in cui Laurence Laurentz (Ralph Fiennes) cerca di far dire a Hobie Doyle (Alden Ehrenreich) la sua accessibilissima battuta, "Vorrei fosse così semplice", senza riuscirci tanto che, alla fin fine in puro stile Boris, viene cambiata in un più accessibile "È complicato"?
È un presupposto perfettamente valido anche per quel che riguarda l'interrogativo che ci siamo posti nel titolo di questo approfondimento, ovvero se la strategia adottata sempre più spesso da Netflix di dividere le sue serie più attese in due o tre parti sia una mossa vincente oppure no. La risposta, come spesso accade con quello che i grandi player di Hollywood attuano sul campo per la promozione e distribuzione delle loro produzioni, non è a senso unico.
Eventizzazione o brodo annacquato per allungare gli abbonamenti?
Nel momento in cui stiamo lavorando a questa analisi, neanche a farlo apposta, la seconda parte dei tre blocchi di puntate in cui è stata suddivisa Cobra Kai è arrivata da un paio di giorni su Netflix, così come il Secondo Atto di Arcane, con il terzo previsto per sabato 23 novembre. Certo, anche se si tratta in entrambi i casi di marchi "presi in prestito" dal colosso dello streaming, gli elementi dell'equazione sono differenti fra queste due produzioni. Nel caso di Cobra Kai, passata dalle mani di YouTube a quelle dell'azienda di Los Gatos, abbiamo a che fare con un marchio che appartiene a Sony che, però, a livello di serie TV viene gestito in maniera liberissima e autonoma da Netflix. Nel caso di Arcane 2 bisogna considerare il controllo esercitato da Riot Games, che in Cina c'è di mezzo Tencent Video e che, quindi, le forze in gioco e gli interessi non sono proprio gli stessi. Ma tant'è: sono solo gli ultimi casi, in ordine di tempo, di proposte che non arrivano tutte in blocco per il binge watching come da prassi con la piattaforma leader del mercato, bensì in blocchi che vengono pubblicizzati come veri e propri eventi.
Un occhio più attento, sa bene che più che di "eventizzazione" si tratta di scaltrezza commerciale. Ora, anche se una multinazionale come Netflix, data la sua mission, è stata la prima a dotarsi di un apparato produttivo che non fosse legato solo ed esclusivamente agli Stati Uniti d'America, ma a tutti i principali contesti in cui opera, dalla Corea del Sud all'Italia, passando per il Giappone e il Messico, i contraccolpi degli scioperi degli attori e degli sceneggiatori si sono fatti comunque sentire. Anche perché va bene Squid Game, ma la serie che sta a Netflix come Super Mario a una console Nintendo s'intitola Stranger Things. Ed è al 100% Made in the US.
Dividere queste serie in più parti - un modo di fare che non nasce di certo nel 2024, ma che negli ultimi mesi si è intensificato - risponde sia alla necessità di sopperire alla mancanza di quelle produzioni slittate per via degli scioperi, che all'ovvio desiderio di dirigenti e azionisti Netflix di vedere abbonamenti che vengono rinnovati (e, ancor meglio, che aumentano di numero). Insomma: chi non desidererebbe avere la proverbiale botte piena e la moglie ubriaca?
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Tempo totale di visione vs. visualizzazioni
E per citare Hobie Doyle, "È complicato" districarsi in una selva come quella che circonda Netflix e le metriche che impiega per decretare il successo o l'insuccesso di una sua proposta. Con il cinema in sala c'è il misurabilissimo box-office, ma quando si tratta di streaming dobbiamo affidarci a quello che le varie compagnie decidono di condividere o meno con il mondo. Paradossalmente, Netflix è quella più "cristallina" anche se a modo suo. Da qualche tempo a questa parte infatti esiste un sito accessibile a tutti grazie al quale è possibile verificare quali siano i film e le serie TV targate Netflix che ottengono le performance migliori in quanto a ore di visione e visualizzazioni. Se il primo dato è abbastanza intuitivo è il secondo a essere più "fumoso" nonché quello che all'azienda interessa di più.
Come viene calcolato il numero di visualizzazioni? Il totale delle ore di cui sopra viene diviso per la durata della produzione di volta in volta presa in esame. Come spiega l'Hollywood Reporter, la scelta di Netflix di suddividere alcune delle serie in più parti può portare a un numero maggiore di visualizzazioni, anche se il tempo totale di visione si riduce. Viene citato il caso della quarta stagione del teen drama Outer Banks che ha debuttato in cima alla classifica delle serie TV di Netflix nella settimana del 7 ottobre, con 62,3 milioni di ore di visione a livello globale. Considerando che riguardava solo metà stagione, il risultato era positivo. Però c'è un però: queste 62,3 milioni di ore erano comunque circa il 60% in meno rispetto alla settimana di apertura della terza stagione, con quasi 155 milioni di ore a fronte del rilascio dell'intera stagione.
Un trend simile, spiega la testata, si è osservato con diverse popolari serie Netflix popolari le cui ultime stagioni sono state suddivise: rilasciare meno episodi inizialmente comporta meno tempo di visione per una stagione, anche dopo il rilascio degli episodi rimanenti. Tra le cinque serie di maggior peso suddivise in più parti, quattro (You 4, The Witcher 3, The Crown 6 ed Emily in Paris 4) sono rimaste più a lungo nella top 10 di Netflix rispetto a quelle arrivate in binge-watching. La quinta, Bridgerton 3, ha mantenuto una longevità di 11 settimane, in linea con la stagione due. Ma Bridgerton 3 ha fatto eccezione in termini di ore di visione, superando la due sia nel tempo di visione totale - 846,5 milioni di ore in 13 settimane contro 797,2 milioni per la stagione due - sia nell'unità di misura preferita da Netflix (tempo di visione totale diviso per la durata), posizionandosi al sesto posto tra le serie in lingua inglese di Netflix più viste di sempre.
Va poi precisato che nella classifica delle sue top 10 di tutti i tempi, Netflix conteggia le visualizzazioni nei primi 91 giorni (13 settimane) di presenza in streaming di un titolo. Per le stagioni suddivise, Netflix somma il tempo di visione di ciascuna parte nei rispettivi 91 giorni, poi divide il totale per la durata complessiva della stagione per calcolare il numero di visualizzazioni. Ed è a questo punto che la risposta alla domanda che ci siamo posti all'inizio di questa analisi diventa un po' meno complicata e più tendente al sì.