My Little Sister, recensione: da Berlino con amore (fraterno)

Recensione di My Little Sister, film svizzero ambientato nella capitale tedesca e presentato in concorso alla Berlinale 2020 e disponibile su Prime Video.

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My Little Sister: Nina Hoss in una scena del film

Scrivere la recensione di My Little Sister, film svizzero presentato in concorso all'edizione 2020 della Berlinale e ora disponibile su Amazon Prime Video, comporta il ritorno, a dieci anni dal loro esordio di finzione (La petite chambre, in concorso a Locarno nel 2010), nel mondo delle cineaste Stéphanie Chuat e Véronique Reymond, nuovamente dietro la macchina da presa per una storia inventata di sana pianta dopo l'apprezzata incursione nel lungometraggio documentario che è stata Les Dames nel 2018. Ed è un ritorno atipico: le due registe, di lingua francese, si cimentano qui con un copione quasi interamente in tedesco, e ambientato per la maggior parte a Berlino, anche se le riprese si sono svolte esclusivamente sul suolo elvetico, principalmente nel Canton Vaud (Losanna e dintorni). Come svelato durante la conferenza stampa festivaliera dalla produttrice Ruth Waldburger, anche i finanziamenti sono svizzeri al 100%, per il semplice motivo che tutte le richieste di partecipazione produttiva fatte ai tedeschi sono state respinte.

Fratello, dove sei?

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My Little Sister: una scena con Lars Eidinger

Il titolo My Little Sister (Schwesterlein in originale) si riferisce al rapporto tra due fratelli gemelli, Lisa (Nina Hoss) e Sven (Lars Eidinger), lei aspirante drammaturga e scrittrice che ha rinunciato ai propri sogni per occuparsi dei figli in Svizzera (dove il marito gestisce una scuola internazionale), lui attore di successo a Berlino che però ha dovuto abbandonare le scene a causa della leucemia. Lei torna in patria, nella casa della madre (Marthe Keller), per occuparsi di lui e far sì che possa tornare sul palcoscenico, poiché il sogno di tornare a lavorare gli sta dando la forza per combattere la malattia. Solo che il regista, comprensibilmente preoccupato, non vuole rischiare che Sven muoia nel bel mezzo della rappresentazione di Amleto, e quando le condizioni di salute del fratello peggiorano Lisa decide di portarlo in Svizzera, in montagna, sperando che il clima diverso lo aiuti. Divisi tra due nazioni, e tra sogni e una dura realtà, i due vanno avanti, anche quando diverse tensioni interne in seno alla famiglia cominciano a raggiungere livelli insostenibili.

Dalla fiaba alla realtà

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My Little Sister: Lars Eidinger in una scena del film

Stéphanie Chuat e Véronique Reymond collocano il dramma famigliare in un contesto altamente simbolico, tirando in ballo due paragoni letterari e teatrali per nulla casuali: in uno dei suoi testi Lisa evoca apertamente la fiaba di Hansel e Gretel, qui trasposta in ottica postmoderna (la casa fatta di dolci sarebbe il teatro, mentre la strega è la malattia), e il desiderio di Sven di morire potenzialmente sul palco è ancora più potente dal momento che lo farebbe nei panni di Amleto, una delle grandi figure tragiche in campo drammaturgico e protagonista di una dipartita epocale, dopo la quale tutto il resto è silenzio (e per completare il cortocircuito tra vita e arte va menzionato che Lars Eidinger è noto proprio per aver interpretato il principe danese a teatro). Due situazioni che non sempre reggono il peso della portata simbolica (l'accostamento con il testo dei Grimm è una forzatura di non poco conto), ma che nel complesso nutrono in maniera interessante la componente tedesca del film e sfruttano in modo intelligente la presenza dei due protagonisti: sempre durante la conferenza stampa berlinese, le autrici hanno affermato di voler lavorare con attori tedeschi principalmente per la loro fisicità, molto diversa da quella dei colleghi francesi, e l'uso dei corpi di Hoss e Eidinger è molto potente, anche nei momenti più costruiti e furbi sul piano della scrittura.

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My Little Sister: Nina Hoss e Jens Albinus in una scena del film

Paradossalmente, considerando anche il contesto produttivo del progetto, a uscirne penalizzata è soprattutto la parte ambientata ufficialmente in Svizzera, nella zona di Leysin, dove tutto, sul piano visivo e narrativo, risulta troppo artificiale, manipolatorio, laddove la componente tedesca, al netto dell'assenza di riprese a Berlino, vanta una maggiore sincerità. Il risultato è un'opera spaccata in due, contesa tra due identità tematiche, formali e contenutistiche che litigano in continuazione, alternando un'analisi tutt'altro che banale del legame tra due fratelli a scenari da fiction che appesantiscono inutilmente l'operazione (il ruolo del marito di Lisa è particolarmente ingrato da questo punto di vista). Un lungometraggio che oscilla tra due intenzioni diverse, avvolto nel dubbio costante, se essere o non essere una cosa o l'altra. E alla fine, come direbbe il Bardo, rimane solo un confuso silenzio.

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Conclusioni

Chiudiamo la recensione di My Little Sister con gli stessi dubbi che avevamo durante la visione, nati da immagini che formano un film interessante ma in fin dei conti troppo diseguale, dove la sincerità nell'affrontare un complesso rapporto tra fratelli viene per lo più offuscata in nome di una costruzione drammaturgica banale e fin troppo evidentemente manipolatoria. L'unica vera nota di merito riguarda le interpretazioni centrali, intense e coinvolgenti dall'inizio alla fine.

Movieplayer.it
2.0/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • Nina Hoss e Lars Eidinger sono impeccabili insieme.
  • La parte berlinese è interessante e sincera.
  • Marthe Keller si fa apprezzare in un ruolo minore.

Cosa non va

  • Le scene ambientate in Svizzera sono penalizzate sul piano formale e di scrittura.
  • Jens Albinus è alle prese con un personaggio poco credibile e insopportabile.