Dopo gli apripista Family Guy e South Park, il genere commedia animata per un pubblico maturo sta conoscendo una nuova età dell'oro grazie a prodotti come Rick & Morty, BoJack Horseman, Disenchanted o Archer, giusto per citare alcuni virtuosi esempi.
D'altra parte l'animazione si presta bene a rendere la vena di follia anarchica e dissacrante di cui queste serie sono intrise. Ultimissima, in ordine di tempo, è Mulligan, serie fantascientifico-distopica di Sam Means e Robert Carlock, già autori di quella piccola gemma che è stata 30 Rock assieme alla meravigliosa Tina Fey, qui affiancati da un cast di attori e doppiatori di primissimo ordine, e disponibile in streaming su Netflix.
Come vedremo nella nostra recensione, però, purtroppo in questo caso le aspettative sono state disattese da un prodotto finale che non riesce ad andare oltre la mediocrità.
Peggio degli alieni solo gli umani
Siamo nel pieno di un'invasione aliena a opera di alieni insettoidi dal pianeta Cardi-B (il fatto che abbia lo stesso nome della nota cantante è, a quanto dicono gli alieni, una pura coincidenza). Le forze d'invasione sono soverchianti e l'umanità è impotente di fronte all'opera di distruzione che travolge tutto il pianeta. Ma proprio quando gli alieni stanno per sottomettere anche Washington, ultimo baluardo umano, un Vero Eroe Americano (TM) appare dal nulla e, dopo aver baciato Miss America, distrugge la nave madre degli invasori provocando la disfatta aliena e la vittoria dell'umanità.
Matty Mulligan, questo il nome dell'eroe, viene così acclamato come salvatore dell'umanità e nuovo Presidente degli Stati Uniti (o di quel che ne rimane, cioè molto poco), col supporto dell'unico politico rimasto in vita, il mellifluo e viscido Senatore Repubblicano Cartwright LaMarr.
Assieme a un pittoresco gruppo di collaboratori, Mulligan dovrà quindi rimboccarsi le maniche per ricostruire da zero la società, sperando di non commettere gli stessi errori del passato.
Più facile a dirsi che a farsi dato che, come appare evidente da subito, Mulligan è, fondamentalmente, un normalissimo idiota. E, purtroppo, non è che gli altri sopravvissuti siano da meno, a cominciare da Lucy Suwan, Miss America e First Lady, tanto animata da buone intenzioni quanto ingenua e ignorante.
A capo delle forze armate c'è un adolescente che ha rubato la divisa di un generale e i consulenti scientifici del Presidente sono una corista dei Carpenters, uno storico hipster e una scienziata e madre single perennemente stressata.
Tra gli sforzi patetici di ripristinare una parvenza di civiltà, il capo delle forze aliene Axatrax, prigioniero di guerra che cerca un modo per rovesciare la situazione e far ritorno sul suo pianeta natale, e i complotti del Senatore LaMarr per riportare in auge il peggio del "vecchio mondo", il nostro Mulligan dovrà fare un vero e proprio miracolo per non far andare tutto all'aria. Di nuovo.
Troppo americano
Dal punto di vista tecnico Mulligan è una serie senza nessun guizzo particolare. Le animazioni sono essenziali, il character design dei personaggi efficace, per quanto piatto e poco originale, il comparto sonoro anonimo e intervallato occasionalmente da irritanti e poco efficaci canzoncine.
Si salva in corner il doppiaggio grazie alla partecipazione di star di prima grandezza, a partire da Tina Fey nel ruolo della dottoressa Farrah Braun, per arrivare a Dana Carvey che interpreta il Senatore LaMarr, con comparsate illustri come Daniel Radcliffe e Chrissy Teigen. Meno incisivo il doppiatore del protagonista, Nat Faxon, ma va anche detto che il personaggio è quello che è.
Discorso a parte, invece, merita il tono generale e l'ambientazione della serie. I continui riferimenti alla cultura pop e alla situazione politica americana risultano troppo spesso stranianti e incomprensibili, così come nella versione adattata in italiana vanno continuamente persi battute e giochi di parole (che, comunque, già nella versione originale non sono proprio dei capolavori dell'umorismo).
Ma dove la serie fallisce abbastanza miseramente è nel tentativo di essere uno specchio e una critica della società contemporanea. Purtroppo tutto rimane confinato nella banalità più scontata e, a tratti, becera. Incapace di graffiare a fondo come i suoi più illustri predecessori, Mulligan si accontenta di mettere in scena siparietti già visti e citazioni scontate, con personaggi che no vanno mai oltre la connotazione macchiettistica, senza mai affondare il colpo, osare e spingersi troppo oltre, come invece sarebbe stato giusto aspettarsi da una serie di questo genere.
Conclusioni
Come è evidente nel tono della nostra recensione di Mulligan, la delusione per la nuova opera di Tina Fey e Robert Carlock è stata grande. Per quanto sarebbe stato ingiusto aspettarsi un nuovo 30 Rock, resta comunque il disappunto per una serie che sembra tirata via senza mordente e con evidentemente poca voglia.
Perché ci piace
- L'idea di base aveva del potenziale.
- Alcune trovate un sorrisetto lo strappano.
Cosa non va
- Moltissimi passaggi sono incomprensibili ai non americani.
- L'umorismo è poco incisivo e scontato.
- Tecnicamente mediocre.