È possibile cambiare vita? Lasciare il solco della propria esistenza, abbandonare il cammino compiuto fino ad un certo punto della propria vita per dedicarsi a qualcosa di diverso? Redimersi, magari, trovare un senso che sia differente.
A volte affinché ciò accada è necessario un evento fuori dal comune, qualcosa di drammatico e traumatico, qualcosa che possa spingere il corso di una vita fuori dai propri binari, con tutte le conseguenze, in un senso e nell'altro, che ciò può avere.
È uno dei punti su cui riflette Sabu nel suo nuovo lavoro, il secondo presentato dal regista giapponese nell'ambito del Festival del Cinema di Berlino. Si tratta di Mr. Long , un film capace di colpire sia dal punto di vista visivo che emotivo, cavalcando le differenze culturali tra Taiwan, terra d'origine del protagonista che dà il titolo alla pellicola, e il suo Giappone. Differenze evidenti, che possono trovare punti di contatto nei dettagli più impensabili, che possono assottigliarsi permettendo una unità di intenti ed emozioni che si credevano impossibili.
Il talento di Mr Long
Il Mr Long di Sabu è un killer di professione, originario di Taiwan, che vediamo in tutta la sua letale abilità fin dalla prima sequenza del film e che riceve un incarico da eseguire in Giappone. Un nuovo lavoro che non va come previsto, costringendo Long a fuggire e rifugiarsi in un'area abbandonata di una cittadina. Lì conosce il piccolo Jun, un bambino di otto anni che inizia a fargli visita e per il quale inizia a cucinare delle zuppe. Non passa molto tempo prima di scoprire di avere qualcosa in comune con il bambino, perché figlio di una donna che, come Long, viene da Taiwan ed ha un passato turbolento fatto di violenza e dipendenza dalla droga. Così come non passa molto tempo prima che la voce della bontà della semplice cucina dell'ex killer si sparga tra la gente del villaggio, che costruisce per lui un carretto che gli permetta di rendere la sua cucina una piccola attività redditizia, iniziando una nuova vita.
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Tra due mondi
La Noodle Beef Soup di Long diventa, nella visione di Sabu, un simbolo delle differenze culturali tra Taiwan e Giappone: la cucina di Long appare ai nuovi concittadini qualcosa di esotico e invitante, che li conquista immediatamente così come i suoi modi schivi e misteriosi. Sabu sfrutta le differenze, i contrasti e il fascino di due culture, li sottolinea girando in due lingue, Giapponese e Mandarino, ma va oltre mostrandoci come si possano trovare piccoli punti di contatto anche in qualcosa di apparentemente insignificante come la cucina di Long. Il regista giapponese è abile nel raccontarci l'evoluzione dei suoi personaggi e dei loro rapporti, ricorrendo anche ad un corposo e intenso flashback quando necessario, concentrandosi non solo su quanto accade tra Long, Jun e Lily, ma anche con gli altri abitanti del villaggio che lo accompagnano e supportano in questo nuovo cammino di vita, decisamente più tranquillo di quello precedente.
Il mondo di Sabu
L'aspetto più sorprendente di Mr Long risiede nella messa in scena scelta dall'autore giapponese, che mescola alla perfezione toni diversi, alternando il dramma a frammenti di commedia, la delicatezza di sentimenti mostrati con lievi dettagli ad esplosioni di violenza girate con originale efficacia. Un equilibrio accompagnato da una costante cura dell'aspetto visivo, che si affida a immagini potenti e evocative, inquadrature costruite come quadri intimi e suggestivi, che non fanno altro che enfatizzare e valorizzare il lavoro fatto dagli interpreti principali nel dar corpo a delle figure ugualmente semplici ma mai banali. I personaggi di Sabu sono figure tormentate che incarnano il quesito posto in apertura riguardo la possibilità di lasciarsi alle spalle una vita per abbracciarne un'altra. Con la storia di Long, Jun e Lily, il regista offre una propria risposta.