Mentre arriva in tv Mountainhead, scritto e diretto da Jesse Armstrong, il Nepal è messo a ferro e fuoco dalle proteste portate avanti dai manifestanti (giovanissimi) dopo che il governo ha deciso di bloccare i social network. Non solo, la Francia ribolle - tra scioperi e manifestazioni -, stufa di un'amministrazione che continua a cambiare primi ministri, nascondendo di fatto una crisi riversata sui ceti medi-piccoli. Dall'altra parte dell'Atlantico, l'influencer dell'universo MAGA, Charlie Kirk, viene ucciso durante un comizio. Parliamo di una brutale realtà, in qualche modo anticipata (o seguita), per lessico e dinamiche dal film HBO, arrivato su Sky Cinema. Dietro all'opera, in due ore scarse, la precisa - e disturbante - messa in scena di una realtà in netta regressione, e affidata all'umore ondivago di un ristretto numero di potentissimi individui capaci di alterare il sottile confine tra ordine e caos.
Mountainhead: Steve Carell, Jason Schwartzman, Cory Michael Smith e Ramy Youssef spregevoli tech bro.

Jesse Armstrong, all'esordio, dopo aver riscritto le regole della serialità grazie a Succession, mette insieme - nello stesso luogo - Steve Carell, Jason Schwartzman, Cory Michael Smith e Ramy Youssef, che in Mountainhead interpretano quattro milionari tech bro armati di smartphone e cattive idee. Viziati, respingenti, tossici, latentemente idioti nella loro presunta onnipotenza. Ven Paris, proprietario del social Traam; Jeff Abredazi, che gestisce un'azienda specializzata in AI; Rendal Garrett, il mentore con una diagnosi di cancro; e Hugo Van Yalk che soffre lo status del "meno ricco" del gruppo. I quattro si ritrovano nella casa di Hugo, sperduta tra le montagne dello Utah. Fuori, un mondo ormai imploso in una crisi costante e inesorabile, nonché alterata e indirizzata proprio dalle scelte dei dei magnati della tecnologia con il potere di "lasciare al buio" l'intera Europa.
Inesorabile e credibile

In Mountainhead, l'avrete capito, c'è un po' tutto quel linguaggio corrente, masticato e abusato dai media e dai politici. Seguendo la struttura di un film ambientato in un'unica location, Armstrong sceglie di tenere alta l'attenzione grazie ad una narrazione inesorabile e credibile, in cui l'azione sullo sfondo diventa il rumore di fondo in grado di mescolare il profilo del più classico maschio moderno dedito alla tecnologia e ai miliardi, elaborandone delle figure oggettivamente insignificanti quanto pericolose. Il regista cavalca al meglio l'odio e il "drenaggio doloroso" di un post-umanesimo in cui il glossario sembra essere lo stesso utilizzato e imposto da quei leader politici soggiogati dalle regole di una comunicazione basata esclusivamente sulla disinformazione, imponendo un perenne stato di guerra che abitua alla sistematica violenza.

Senza mai strafare, e controllando forse un po' troppo il tono (risultando alla fine nulla più di un amaro divertissement), l'autore di Succession affronta le ombre delle nuove tecnologie (a cominciare dall'intelligenza artificiale, con annessi deepfake) per una satira non troppo divertita, e anzi indirizzata verso i lati più spaventosi di quella combustione culturale riscritta da un ordine tecnologico che ha preso il posto di una classe politica inetta e impreparata, colpevole di aver esacerbato un popolo ormai addomesticato. Ed è qui che, secondo Mountainhead, i social finiscono (e finiranno) per prendere il controllo, facendosi carico di un vuoto democratico e politico, imponendosi come guida di uno status quo a cui non importa più cosa sia reale o cosa no. Divertente, se non fosse terribilmente attuale.
Conclusioni
Anticipatore di una realtà già in atto, Jesse Armstrong dopo Succession debutta con un lungometraggio HBO capace di divertire se non fosse drammaticamente attuale, nonché preciso ed estremo nel glossario messo in serie. Infodemia, social, rivoluzioni tecnologiche, miliardi e post-umanesimo. C'è un po' tutto, creando un cortocircuito riconoscibile, divertente e sconvolgente.
Perché ci piace
- Decisamente attuale.
- Il cast funziona.
- Un buon ritmo...
Cosa non va
- Il finale arriva un po' scarico.