Tom Wilkinson viaggia verso il suo settantesimo compleanno, e alla pensione non ci pensa neanche: un po' come il suo personaggio in Morto tra una settimana (o ti ridiamo i soldi), all'apparenza un cittadino britannico attempato qualsiasi, con una linda villetta e una moglie che partecipa a gare di ricamo all'ultimo sangue.
In realtà il suo Leslie è un professionista che bazzica ponti, tetti e tratti ferroviari isolati alla ricerca di aspiranti suicidi: non è un sicario ma un killer per volontari. Ed è così che incontra il giovane William, interpretato da Aneurin Barnard, che è giunto senza successo oltre il decimo tentativo di porre fine alla propria vita (ma tre tentativi erano solo richieste d'aiuto). Una firma su un contratto, un modesto bonifico e il giovane depresso e abulico può aspettarsi una pietosa pallottola entro sette giorni dalla chiusura dell'accordo. Per il killer, invece, questo ingaggio rappresenta un futuro nella lega degli assassini, il cui boss (Christopher Eccleston) lo vorrebbe finalmente in pensione.
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Suicide is painless
Ovviamente le cose non vanno come previsto dalle varie parti in causa, perché William si ritrova di fronte alla possibilità di una pubblicazione per il suo memoriale suicida e incontra una bella editor che gli fa tornare la voglia di vivere. Ma gli sarà possibile rompere un contratto firmato senza possibilità di recesso, soprattutto considerato che Leslie è tanto motivato a portare a termine la missione?
Nelle sue premesse, Morto tra una settimana (o ti ridiamo i soldi) ha un certo potenziale dissacrante e inedito, grazie al tema senz'altro delicato e poco esplorato, e agli spunti comici della battaglia del suicida pentito per sfuggire al suo inesorabile - ma un po' arrugginito e maldestro - assassino; il vizio di fondo è purtroppo una scrittura superficiale e poco ispirata dei personaggi, soprattutto del giovane protagonista, un ragazzo (presumibilmente) intelligente e talentuoso che vuole farla finita perché non trova (sempre presumibilmente) il senso dello stare al mondo. Poi però lo trova: è a forma di femmina. La banalizzazione di un disturbo tanto diffuso e insidioso, la depressione con tendenze suicide, che affligge lo script firmato dell'esordiente Tom Edmunds è difficile da digerire per chiunque abbia avuto a che fare anche solo indirettamente con i disagi mentali.
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Il fattore Wilkinson
Il personaggio di Tom Wilkinson è meno problematico da questo punto di vista, ma in ogni caso la sua caratterizzazione non va molto oltre l'irriducibile passione professionale. Marion Bailey ha un piccolo ruolo gustoso al suo fianco ed è anche protagonista dei momenti più divertenti del film, che onestamente non sono molti e sono prodotti più dai dialoghi che dalla messa in scena piuttosto anonima.
Wilkinson, da parte sua, è un attore di razza, e anche una scelta sulla carta eccellente per il ruolo dell'assassino dall'aria mite, ma non può fare miracoli con il materiale che ha a disposizione, e anche con il suo contributo Morto in una settimana resta una farsa priva di inventiva e dimenticabile nonostante il talento degli interpreti in campo.
Movieplayer.it
2.0/5