Selezionato in concorso al 35esimo Torino Film Festival, The Death of Stalin è il secondo lungometraggio di Armando Iannucci, celebre sceneggiatore scozzese a cui dobbiamo Alan Partridge, The Thick of It (e il suo spin-off cinematografico In the Loop) e Veep, attualmente in corso senza la partecipazione del suo autore (che ha lasciato la serie dopo la quarta stagione). Il film, basato su una graphic novel francese, è un ritratto grottesco ed esilarante delle lotte intestine in seno al governo sovietico dopo il decesso di Stalin, dove l'orrore del regime totalitario è veicolato anche attraverso cupissime risate. In occasione dell'anteprima italiana a Torino era presente anche il regista, che si è espresso sul proprio lavoro durante la conferenza stampa ufficiale, moderata da Federico Pedroni.
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La genesi del progetto
La prima domanda, inevitabile, riguarda la nascita del lungometraggio. "Stavo pensando già di mio a un film sui regimi autoritari dopo aver osservato l'ascesa di movimenti nazionalisti e populisti come quelli di Berlusconi in Italia, Le Pen in Francia e Nigel Farage in Inghilterra", spiega Iannucci. "Una società francese mi ha contattato per propormi The Death of Stalin, ed era un'occasione perfetta perché è praticamente tutto vero, anche molti degli eventi assurdi e terrificanti che vedete nel film sono basati sulla realtà, e meritavano di essere raccontati. All'epoca stavo ancora lavorando a Veep, e sapevo che la quarta stagione sarebbe stata l'ultima per me. L'ho fatto sapere ai produttori francesi, e loro hanno aspettato che io fossi disponibile."
Un lavoro di questa portata richiede anche una certa dose di ricerca storica. "Siamo andati a Mosca e al Cremlino, abbiamo parlato con gente che ha vissuto in quegli anni. Alcuni dettagli del film, come le borse già pronte vicino alle porte o le persone che andavano a dormire vestiti in caso fosse necessario scappare nel cuore della notte, si basano su queste testimonianze. Abbiamo scoperto cose che non c'erano nella graphic novel, come la storia della squadra di hockey che è sparita per colpa del figlio di Stalin. Ci siamo anche documentati sui vari personaggi, e Andrea Riseborough in particolare ha fatto molte ricerche su Svetlana, la figlia di Stalin, e ha parlato con persone che l'avevano conosciuta. Il film è una commedia, ma si basa soprattutto sull'isteria, che abbiamo voluto ricreare fedelmente."
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Una galleria di mostri
I toni del film sono fortemente grotteschi e ironici. Tutto scritto, o merito anche del cast? "Molte delle assurdità erano già presenti, come il concerto all'inizio del film o le reazioni alla morte di Stalin, entrambi eventi reali. La deviazione più significativa dalla realtà storica è la compressione degli eventi, che nel film durano una decina di giorni. Per quanto riguarda il cast, mi piace sceglierlo già in fase di scrittura così posso adattarmi alla personalità degli attori, e proviamo insieme ripetutamente per due settimane prima delle riprese, così tutti sono pronti sul set e sanno non solo chi interpretano, ma anche chi sono tutti gli altri personaggi."
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Reazioni internazionali
Prima della proiezione torinese il film è stato presentato anche a Toronto. Si sa qualcosa sulle reazioni in Russia e sulla possibile uscita in quel paese? "Stalin è una figura molto ambigua in Russia. Se ne parli con i giovani, ti dicono che alcuni lo considerano un mostro che ha ucciso molte persone, mentre altri lo ritengono l'eroe che ha vinto la guerra. Il partito comunista si è opposto all'idea, ma non hanno potere sulla realizzazione dei lungometraggi, il Ministero della Cultura invece difende la libertà d'espressione. Il film ha una distribuzione in Russia, l'uscita è prevista per febbraio. Non so se ci andrò di persona, se mi invitano forse manderò un sosia." Il film uscirà nelle sale italiane, distribuito da I Wonder Pictures, l'11 gennaio 2018, con il titolo Morto Stalin, se ne fa un altro. Cosa pensa Iannucci della traduzione? "Mi piace molto, era divertente ieri sera quando il titolo è apparso sullo schermo e la gente si è messa a ridere. Ci chiedevamo quale potesse essere un equivalente da noi, e in Inghilterra c'è l'espressione 'The Queen is dead, long live the King'."