Monday di Argyris Papadimitropoulos andrebbe visto essenzialmente per un solo motivo: la bravura di Sebastian Stan e Denise Gough. Ci torneremo, anche perché senza di loro il film avrebbe ben poca struttura, ma prima apriamo la recensione del film con una riflessione riguardanti le commedie romantiche. Monday, presentato al Toronto Film Festival del 2020 e disponibile in streaming su Netflix, non è propriamente una rom-com, anzi. Bensì, è piuttosto una riflessione sul colpo di fulmine, sull'amore inaspettato che diventa routine, e su quanto l'opposto che attrae sia vero nella misura circoscritta dei proverbi (ma i proverbi non dicono la verità? Starà a voi giudicare, alla fine del film). Parliamo però di concetto romantico, perché Monday è l'indiretto figlio di quel capolavoro che è Prima dell'alba di Richard Linklater.
Da quel film, datato 1995, tre sequel e l'impressione che l'amore (al cinema, e non solo) sia qualcosa di molto più complesso rispetto alla solita corsa all'aeroporto. Ecco, per certi versi, Argyris Papadimitropoulos, che sommessamente (e giustamente) strizza l'occhio alla sua terra natia (la Grecia, se non si fosse capito dal nome), sembra rifarsi a quel concetto di romanticismo (più vero, più umano), pur allungando, e quindi costipando, la scintilla che dovrebbe far nascere il più bello dei rapporti amorosi. A dispetto del titolo (simbolico), la storia scritta dal regista insieme a Rob Hayes si sviluppa lungo un arco temporale più lungo, nonostante il senso finale poi sia sempre lo stesso, con una fatidica domanda: il tempo, è un alleato o un nemico? E soprattutto, il lunedì che intendiamo, è un inizio o una fine?
Monday, metti una sera in Grecia
Tuttavia, l'inizio di Monday è quello più interessante, o almeno quello che più cattura la nostra attenzione formato streaming: siamo ad Atene quando Mickey (Sebastian Stan) e Chloe (Denise Gough) si incontrano durante un movimentato venerdì sera, che li catapulterà, il mattino seguente, in un commissariato molto accondiscendente verso gli stranieri. Mickey vive in Grecia ormai da anni, Chloe sta tornando negli USA, e fa l'avvocato. Sono diversi, ma il destino sembra portarli verso la più passionale delle relazioni. Ma l'attrazione fisica di un week-end, può essere un concetto duraturo e concreto? Forse sì, forse no.
Sta di fatto che Monday, poco a poco, muta la sua forma: da colpo di fulmine a colpo di sonno. E no, non solo in senso critico: Papadimitropoulos abbassa il tono e la tensione, e si concentra sul loro mondo ormai condiviso. Amici, serate, incomprensioni, paturnie, litigate, amplessi, sguardi. Quindi la vita che entra a gamba tesa (nel bene e nel male), asciugando il fuoco e spegnendo il brivido della novità. Ciononostante, Argyris Papadimitropoulos non si perde in chiacchiere e prosegue il discorso, portando fino in fondo un concetto scontato ma non troppo: l'amore non è solo il venerdì, ma tutti e 365 giorni dell'anno.
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Sebastian Stan e Denise Gough, che splendidi quarant'enni
Se si parla d'amore, va da sé che Monday è il classico lungometraggio in cui potersi ritrovare. Ritrovare, e analizzare. Del resto, la regia composta (troppo?) di Papadimitropoulos si appoggia quasi totalmente sull'enfasi del momento, spingendo su una situazione decisamente quotidiana: ci si conosce, si arde di passione, si finisce per fare i conti con la domenica, che anticipa inesorabilmente il lunedì. Per questo, la storia del film è misurabile in base alla classica temperatura di una classica relazione, intanto che il regista porta in risalto i difetti e le storture invisibili ad un primo sguardo. Ciò che ne esce, è un'ellissi, e una riflessione su un mondo moderno che potrebbe aver perso i punti di riferimento. Se il contesto urbano (la Grecia, vedrete, non è quella delle cartoline) ed emotivo per volere del film hanno dei confini sfumati e inafferrabili (la dimensione geografica dei protagonisti riflette il loro status emozionale), sono invece materia viva e ricettiva Sebastian Stan (uno che intelligentemente ha saputo alternare i franchise con opere più piccole, e riservate) e Denise Gough (irlandese, scoperta anche grazie ad Andor), splendidi nei loro rilevanti quarant'anni.
Ed è qui che torna in circolo la domanda iniziale: il tempo, per Mickey e Chloe, diventa qualcosa con cui dover fare i conti: scena dopo scena, Monday si farà più amaro e meno fiabesco, mettendoli con le spalle al muro. Un muro che credono (e crediamo) invisibile, eppure sempre più alto e sempre più insormontabile ogni giorno che passa. Lunedì dopo lunedì. L'intuizione è suggestiva, peccato però sia mischiata ad una patina che non aiuta (la fotografia di Christos Karamanis ricorda "quelle estati al mare"), e ad una lunghezza probabilmente eccessiva, intanto che la scrittura, distrattamente e fugacemente, è capace di acquisire vita e senso grazie alla profonda chemistry degli interpreti. Lo ripetiamo: belli, sensuali, bravi, imperfetti. Reali.
Conclusioni
Lo abbiamo scritto nella nostra recensione, Monday è un film di sentimenti, ma quei sentimenti perdono di mordente e di vitalità dopo l'ottimo inizio. La stessa vitalità di Sebastian Stan e Denise Gough, splendidi quarantenni che con la loro marcata veridicità tengono vivo (almeno in parte) il nostro interesse.
Perché ci piace
- Sebastian Stan e Denise Gough, splendidi.
- La prima mezz'ora.
- Una storia reale, con personaggi reali...
Cosa non va
- ... ma anche una storia che non mantiene la giusta emotività.
- La scrittura, nella parte centrale, perde i giri.