C'è molta attesa intorno a Missing, nuova serie targata ABC che vedrà protagonista una star hollywoodiana come Ashley Judd. La nuova serie, che prevede per ora dieci episodi, si avvarrà di un originale concept che consiste in una location diversa, identificata di volta in volta in una città europea, per ogni episodio; questo, per narrare la storia di una madre alla ricerca del figlio diciottenne recatosi in Europa per motivi di studio, e in seguito misteriosamente scomparso. La masterclass del RomaFictionFest, durante la quale l'opera è stata illustrata al pubblico, ha visto protagonisti i due produttori Gina Matthews e Grant Scharbo, e nella parte finale si è avvalsa della partecipazione del nostro Adriano Giannini, presente nella storia nel ruolo di un agente dell'Interpol. Riportiamo, di seguito, una sintesi dell'incontro.
Questa nuova serie è basata su un concetto di internazionalizzazione, e la logica della co-produzione è una scelta quasi obbligata per raggiungere certi obiettivi. Com'è nata l'idea? Gina Matthews: Missing è un progetto nato innanzitutto concettualmente, io e Grant siamo di origini italiane, io di Napoli e lui della Calabria, e quindi avevamo una passione per l'Italia e l'Europa. Abbiamo voluto portare l'Europa nel nostro show, siamo interessati a questo modello di coproduzione; volevamo un concetto che funzionasse sia per la tv americana sia internazionalmente, che fosse valido sia per le idee che per la realizzazione. La storia è quella di una madre, nell'episodio pilota succede qualcosa di tragico a suo marito che lo tiene lontano da lei; il figlio a 18 anni vuole andare a studiare a Roma, lei è costretta a lasciarlo andare, ma quando lui, dopo tre giorni, smette di chiamarla e di mandarle messaggi, capisce che gli è successo qualcosa. Così viene a Roma per cercarlo, e qui scopriamo qualcosa di più su questa madre. Ogni episodio è ambientato in una città diversa dell'Europa, ma nel fondo è una storia universale di una madre che cerca il figlio: una storia molto emozionale ,in cui tutti si possono identificare.
Come avete risolto il problema della recitazione in lingue diverse? E come avete scelto il cast? Grant Scharbo: volevamo che la cosa sembrasse molto autentica, abbiamo usato i sottotitoli quando due personaggi parlano la stessa lingua, questo dà alla serie un'autenticità che, speriamo, farà in modo che il pubblico dei vari paesi la apprezzi.Gina Matthews: Per quanto riguarda il cast, volevamo trovare attori che fossero riconoscibili per il pubblico dei vari paesi, così abbiamo scelto volti noti come Ashley Judd e il vostro Adriano Giannini. Crediamo che il pubblico, quando guarda lo show, riconosca gli attori, questo dà il senso di una televisione per il pubblico, che unisca.
Come avete scelto le location? Gina Matthews: C'era da pensare alla parte creativa e a quella finanziaria. Con i soldi che avevamo a disposizione dovevamo far funzionare il tutto, avevamo la base principale a Praga e da lì abbiamo studiato dove potevamo andare. Noi avevamo presente le storie che potevamo raccontare, avevamo il planning della stagione e comunicavamo con la produzione chiedendo di volta in volta dove era possibile girare. Abbiamo iniziato col quarto episodio perché volevamo andare a Dubrovnik, location che in seguito sarebbe stata più difficile da usare, mentre il finale si è svolto a Istanbul.
Grant Scharbo: Non potevamo andare in tutti i paesi in cui si svolgevano le storie, così abbiamo scelto alcuni luoghi e per il resto ci siamo affidati agli effetti visivi per ricreare le location. Ci sono dei posti in cui gli attori non sono fisicamente mai stati: d'altronde avevamo un budget da usare e bisognava scegliere come usarlo.
Siete stati guidati dalla creatività, nella scrittura? Gina Matthews: Sì, al 100%. Volevamo qualcosa di diverso: siamo entrati nell'ufficio dei produttori e abbiamo lanciato l'idea dello show, avevamo anche un piano di produzione, volevamo assumere più sceneggiatori e fare più di un copione; con questo tipo di approccio devi pensare subito alla serie, visto che fare un semplice pilota sarebbe stato troppo costoso. Con pochi soldi in più si poteva fare tutta la serie e farla bene.
Quanto è importante essere coraggiosi? Grant Scharbo: Se si fa esattamente quello che fanno gli altri, allora è meglio cambiare mestiere. Il pubblico, in televisione, va catturato subito e tenuto davanti alla TV, l'unica soluzione è proporre qualcosa che il pubblico non conosce. Noi siamo guidati dalla creatività. Vogliamo intrattenere ma anche coinvolgere, far pensare.Voi siete dei pionieri, battete un territorio mai battuto prima. Cosa vi preoccupava di più quando avete affrontato questo progetto? Gina Matthews: Per me era importante che la mia famiglia restasse solida, che il mio lavoro non avesse ripercussioni su di loro. La ABC, da questo lato, ci ha aiutati. La mia responsabilità è stata comunque grande, c'era timore, paura, ci chiedevamo se ce l'avremmo fatta. Mi preoccupava anche la questione della lingua, ma alla preoccupazione si mischiava anche l'entusiasmo. Io speravo di riuscire a fare quello che avevo promesso.
Grant Scharbo: è un grosso impegno per una rete girare subito 10 episodi senza un pilot. Non abbiamo mostrato nulla a nessuno fino all'episodio numero 5. Era importante assemblare gli elementi giusti senza mostrare niente del girato, almeno all'inizio. Io ero preoccupato anche dal modo in cui gli americani affrontano il tempo, da come sono sempre di corsa. Il problema della lingua è stato come una sfida, nonostante io non parli una parola di ceco. Ognuno parlava una sua lingua, era una situazione stile Lost in Translation - L'amore tradotto, ma alla fine ce la siamo cavata.
Attualmente, mentre le tv via cavo fanno serie innovative, nei network i procedural saturano il mercato. E' un momento in cui anche i network dovrebbero rischiare, per sopravvivere? Gina Matthews: sì, per mantenere il pubblico devi fare qualcosa che faccia rumore, fare scelte coraggiose, prenderti dei rischi. E' un momento eccitante, questo, c'è fermento, bisogna rischiare. Se va male, puoi comunque dire "ci ho provato".
Grant Scharbo: la TV via cavo ha successo perché le serve meno pubblico: mentre le grandi reti hanno bisogno di 10 milioni di spettatori o più, a quelle via cavo ne bastano 5 o 6. Non sono scelte semplici.
Produrre in Europa ha anche vantaggi economici? Gina Matthews: sì, i vantaggi produttivi sono almeno del 20%. Il pubblico americano, inoltre, vuole perdersi in certi posti in cui forse non andrà mai fisicamente: specie in questo periodo cupo, la gente ha bisogno di fuggire, scappare, evadere.Girare in Europa può aiutare la diffusione delle serie europee sul mercato americano? Gina Matthews: Certo, tematicamente poi le serie italiane possono essere adattate per il nostro mercato senza modificarle. Per esempio, adesso è stata acquistato per la ABC il concept di Squadra Antimafia per farne una versiona americana, visto che il tema della serie è in fondo universale. Vorremmo adattare Tutti pazzi per amore, stiamo valutando se la cosa è fattibile, visto che anche quella è una storia universale: tutti sanno cosa voglia dire innamorarsi.
Avete in programma progetti simili con analoghe co-produzioni? Grant Scharbo: Abbiamo dei nuovi show che lanceremo, che seguono questo tipo di impronta: uno di questi può essere definito una specie di X-Files che incontra Il Codice Da Vinci, un procedural un po' diverso dal solito. La molla che spinge a proporre certi progetti è sempre la creatività.
Nel cinema le major hanno iniziato a guardare di più all'Europa, a produrre anche in altri paesi. Ci sono film che sono stati insuccessi negli altri paesi, ma successi in Europa. Anche con le serie può succedere questo? Gina Matthews: Sì, il nostro è un mondo ormai sempre più interconnesso: abbiamo bisogno gli uni degli altri, non solo nel mondo dello spettacolo. L'ideale è ascoltare ciò che vuole il pubblico.
Grant Scharbo: la nostra è una serie costosa, ma speriamo in successo anche all'estero. Forse, grazie alla distribuzione internazionale, non servirà lo stesso successo di altre serie sul mercato americano, potremmo aver ridotto il peso di quest'ultimo.
La prima stagione consta di 10 episodi. E' una scelta un po' insolita, visto che in genere una stagione comprende 13 o 24 episodi. A cosa è stata dovuta? Grant Scharbo: agli impegni di Ashley Judd, che era disponibile solo per un periodo limitato. Comunque non faremo più di 13 episodi per stagione, per questo tipo di serie di più sarebbero troppi.
Perché non avete optato, visto il carattere internazionale della serie, per una messa in onda contemporanea nei vari paesi? Grant Scharbo: Non abbiamo ancora deciso quando verrà trasmessa, in realtà, e non sappiamo se la messa in onda sarà contemporanea o differita. Bisognerà vedere se gli altri network si adegueranno alle date che verranno stabilite.Una storia del genere ha le potenzialità per proseguire, in teoria potrebbe anche diventare eterna. Avete un'idea per una prossima stagione? Gina Matthews: Sì. Ci abbiamo già pensato, e finiremo la stagione in modo tale che il pubblico abbia un'idea di come sarà la seconda stagione.
Grant Scharbo: D'altronde l'obiettivo, per una serie prodotta negli Stati Uniti, è sempre quello di raggiungere i 100 episodi.
Adriano Giannini, cosa ti ha colpito di questo show? Adriano Giannini: La scrittura, cosa che spesso manca alla fiction italiana: qui si parte da copioni strutturati in modo impeccabile, i personaggi sono già chiari, definiti. Ci sono attori con esperienze soprattutto cinematografiche, ed anche quello fa la differenza; e inoltre ci sono location insolite. C'è una maggiore collaborazione tra reparti, e specie tra produzione e regia, rispetto all'Italia.
Grant Scharbo: l'organizzazione è l'elemento fondamentale perché le cose funzionino, e questo sta a noi, si deve avere il tempo per fare le cose per bene. Noi abbiamo portato uno modo di lavorare americano in Europa, visto che scriviamo il copione e giriamo contemporaneamente. In Europa, invece, l'abitudine è quella di scrivere una serie per intero, e poi iniziare a girare. Il nostro al contrario è un processo organico, integrato.
Giannini, cosa puoi dirci del tuo personaggio? Adriano Giannini: Per ora, posso rivelarvi solo che interpreto un agente dell'Interpol che ha avuto una sorta di relazione con la protagonista, e la aiuta nella sua ricerca.Come vi siete incontrati? Gina Matthews: Adriano è stato il primo che abbiamo scelto, l'abbiamo conosciuto attraverso un provino negli Stati Uniti. Abbiamo portato le nostre due scelte alla rete, una delle quali era lui, ma non si prevedevano decisioni immediate. Quando ci hanno chiesto le nostre sensazioni abbiamo subito detto che ci sembrava la scelta giusta, che avesse il cuore per il personaggio. Il network ci ha detto subito che andava bene, e tutti ne sono rimasti molto sorpresi.
Quanto è importante per te fare parte di una serie tv americana? Adriano Giannini: Io sono un appassionato di serie americane, quello che significa ancora non lo so, forse te lo saprò dire poi. Finora per me è lavoro, lavoro fatto bene e condiviso con altri professionisti, con un alto livello di professionalità.