Vendetta: s. f. [lat. vindĭcta]. Danno materiale o morale, di varia gravità fino allo spargimento di sangue, che viene inflitto privatamente ad altri in soddisfazione di offesa ricevuta, di danno patito o per sfogare vecchi rancori. Servita fredda, ammantata di rosso sangue, pensata, o attuata in maniera silenziosa, o a colpi di arma da fuoco, la vendetta tra le pagine di storia del cinema si è sempre più colorata di rosa. Filtrata da una visione metaforica e iperbolica, l'opera cinematografica negli ultimi anni non ha avuto timore di farsi cantore di una vendetta che si fa donna. Come ampiamente dimostrato in La ragazza più fortunata del mondo, le sue eroine sono frammenti di una Medea contemporanea, o di una Maga Circe senza poteri, con il cuore afflitto, il corpo piegato dalla forza di colpi accusati e un livore interiore tramutatosi in mani che sparano, o menti che elaborano piani di vendetta.
Finestre sul nostro reale, come dimostreremo in questi 10 migliori revenge movie femminili, le pellicole accolgono tra gli interstizi dei propri raccordi, paure e ingiustizie, attacchi subiti e rivendicazioni mai ascoltate, traducendoli in un materiale filmico dove il processo di vendetta si fa materiale associativo, simbolico e volutamente enfatizzato per narrare una ordinarietà omessa e tenuta troppo spesso taciuta e ignorata.
1. Carrie - Lo sguardo di Satana (1976)
A volte le risate fanno male. Le battute sono lame taglienti, le parole fendenti che squarciano l'anima di giovani ragazzi bullizzati, derisi, come freak sociali alla mercé di occhi indagatori e lingue malevoli. Nel cuore di Carrie, protagonista del cult di Brian De Palma, Carrie - Lo sguardo di Satana, si compie quotidianamente un'eterna lotta tra l'essere accettata, e il superare indenne quel muro fatto di poca empatia, e tanto, ingiustificato, scherno. Patologicamente timida e figlia di una madre integralista cattolica che la tiene segregata in casa, Carrie è la vittima perfetta della cattiveria di giovani studenti pronti a mostrarsi dall'alto di una superiorità ingannevole e illusoria. Ma quello che tutti ignorano è che dietro quella giovane indifesa, si nasconde una capacità sovrumana di muovere gli oggetti con la forza del pensiero. Al ballo della scuola accompagnata da Tommy Ross (William Katt) Carrie, carica di gioia nel suo abito di seta rosa, viene incoronata reginetta. Un momento di gioia bagnato di lacrime, e sporcato da un secchio di sangue di maiale gettatole addosso dai suoi compagni. Un atto di pura malvagità, che scatenerà la sete di vendetta da parte della ragazza. Attraverso la forza dei propri poteri telecinetici, da giovane timida, Carrie si tramuterà in figura funesta e nefasta, uccidendo con la propria furia tutti i presenti. Tornata a casa, la madre, che la crede posseduta, vuole sacrificarla a Dio, ma Carrie la uccide con una serie di coltellate inflitte con i suoi poteri, facendo poi crollare su di loro la propria casa. Come Carrie vuole dimostrare, è bene non fidarsi mai delle acque chete; sono loro a distruggere i ponti, e dare il via al fiume della vendetta.
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2. Non violentate Jennifer (1978)
Può un film di serie B riuscire a ribaltare addirittura un sottogenere, capovolgendone i canoni, e fornendone di nuovi? La risposta, ovviamente, è si. Senza scomodare Quentin Tarantino, e il suo avvalersi di pellicole sconosciute come strutture fondanti della propria produzione cinefila, vi è un film del 1978 cdi serie B che ha saputo addirittura cambiare il corso di un intero filone come quello del rape-revenge. Diretto da Meir Zarchi e conosciuto in patria con i titoli I spit on your grave e Day of the woman, Non violentate Jennifer grazie alla sua semplice trama, ha saputo elevarsi a nuovo rappresentante di un intero sottogenere; punto di riferimento e faro da seguire, il film segue le vicende di una giovane scrittrice (interpretata da Camille Keaton) che, ritiratasi tra i boschi, attua una feroce vendetta nei confronti di coloro che ne hanno sessualmente abusato. Da vittima, con il film di Zarchi, le donne si fanno adesso carnefici, portatrici di dolore e di morte, da distribuire sulla scia di una feroce vendetta tra evirazioni ed eliche di motoscafi come armi. Ribelli e coraggiose, d'ora in poi le vittime non avranno paura di andare oltre la legge, mettersi contro una società patriarcale, traducendo il proprio mutismo in azioni violente, ricamate su vendette personali.
3. Il club delle prime mogli (1996)
È il 1996: al cinema arriva la trasposizione del romanzo di Olivia Goldsmith, Il club delle prime mogli. Immortalata dalla cinepresa di Hugh Wilson, la sete di vendetta si fa triplice; una tripartizione del tradimento tramutatasi in sete di giustizia personale a opera di tre amiche di vecchia data ai danni di mariti che hanno osato piantarle in asso. La notizia del suicidio di una loro ex compagna di college, si traduce così per Annie (Bette Midler), Brenda (Diane Keaton) ed Elise (Goldie Hawn) in un espediente vendicativo attraverso cui rivalersi su uomini fedifraghi e irriconoscenti attraverso sia la fondazione di un centro di assistenza per le donne di New York, che a un colpo diretto alle finanze degli ex mariti.
4. Kill Bill (2003)
È il pop citazionistico di natura tarantiniana che incontra la sete di vendetta da parte di una donna ordinaria elevatasi a simbolo massimo di mancata giustizia, e vendetta personale. Con Kill Bill Quentin Tarantino non solo costruisce le forme di un'icona cinematografica, ma delinea il dolore di una donna tradita, traducendolo in una violenza che si fa danza acrobatica. Tra le mani del regista di Knoxville, la "Sposa" (Uma Thurman), ex killer al servizio della gang del perfido Bill (David Carradine), si risveglia dopo quattro anni di coma. Il suo unico obiettivo è adesso quello di vendicarsi dello stesso Bill e dei suoi sicari che le hanno distrutto la famiglia, uccidendo anche la bambina che portava in grembo. Prende il via, così, una spietata vendetta al ritmo di brani memorabili e momenti immortalatasi nella memoria collettiva, figli di una rielaborazione personale di cult anni Settanta e miti del cinema hollywoodiano, tutto tipicamente tarantiniano, tutto tipicamente fuori di testa e cromaticamente acceso.
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5. Lady Vendetta (2005)
Non poteva che colorarsi di un rosa femminile intinto nel sangue della violenza l'ultimo capitolo della Trilogia della Vendetta firmata da Park Chan-Wook. Iniziata nel 2002 con Mr. Vendetta - Sympathy for Mr. Vengeance e proseguita l'anno successivo con Old Boy, a chiudere questo cerchio di giustizia personale tripartitica è Lady Vendetta, opera che raccoglie e mescola in maniera perturbante un senso di violenza, vendetta e ascesa catartica. A ricoprire il ruolo della Lady Vendetta del titolo è Geu-Ja (Lee Yeong-ae), detta "la dolce", condannata a tredici anni di prigione per aver ucciso un bambino. Dopo segni di pentimento, la donna esce dal carcere, ma ben presto il suo avvicinamento alla fede si tramuterà in una sete di vendetta ai danni di Mr. Baek (Choi Min-sik), ex insegnante, suo ex-partner (di cui era rimasta incinta) ma soprattutto suo principale accusatore. Se è vero che "sangue chiama sangue", il piano di vendetta messo in atto dalla protagonista si tramuterà in una mano pronta ad aprire un vaso di Pandora, entro cui nascondere segreti indicibili e personalità mostruose. Grazie a Geu-Ja, la vera identità di Mr. Baek verrà a galla, squarciando quel velo che lo mostrava agli altri come un uomo distinto, nascondendo così il suo essere assassino seriale di bambini.
6. Millenium - Uomini che odiano le donne (2011)
Che sia il remake firmato da David Fincher, o l'opera originale di stampo svedese, Uomini che odiano le donne è l'apoteosi della brutalità umana. Nato in seno al dilagarsi di un istinto violento, ingiustificabile, il film (e ancor prima il romanzo da cui trae origine) si fa contenitore ustionante di una vendetta femminile nei confronti di esseri umani soggiogati dal puro piacere di vedere soffrire le proprie vittime. È una brutalità gratuita, fine a se stessa, quella dell'assassino ricercato da Mikael e Lisbeth, che ritrova nelle donne le sue vittime sacrificali sull'altare di una follia malsana in cui è il corpo, nudo o martoriato, il suo punto nevralgico. Donne come vittime, ma anche come portatrici di una furia vendicativa gelida, fredda, glaciale, proprio come le piane innevate svedesi e il cuore di uomini che odiano le donne.
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7. Elle (2016)
Non c'è spazio per l'edulcorazione nel mondo di Paul Verhoeven. E così in Elle la macchina della vendetta viene azionata sulla spinta motrice dell'atto primario, quello che ha sconvolto la vita della protagonista, promettendo giustizia personale. Nessuno slancio consolatorio: ad aprire le danze del film del 2016 con protagonista un'intensa Isabelle Huppert è lo stupro stesso tra le mura di casa. Tra le mani di Verhoeven, la rielaborazione dell'evento da parte di Michèle prende i contorni di una vendetta subdola, interiore, fatta di non detti e di apparente dimenticanza del fatto. Visto dall'esterno quello compiuto dalla protagonista può sembrare un tentativo di sopravvivenza e di rimozione del dolore, quando nell'essenza il suo è un vero e proprio processo di vendetta. Prende pertanto corpo un ribaltamento della donna, che dalla posizione di vittima si eleva quella di carnefice. Con l'evolversi della storia i fantasmi stessi del passato di Michèle faranno capolino, in un continuo enigma tra desiderio e seduzione, violenza e vendetta. E così, quella stessa lussuria e violenta seduzione che l'hanno resa succube del corpo maschile, ora diventa strumento di vendetta ai danni di chiunque abbia tentato di umiliare, o violare, tanto Michèle, quanto quel corollario di donne messe in ginocchio e sottratte della propria serenità.
8. Revenge (2017)
Tutto sa di vendetta, in Revenge, e tutto odora di corpi sporchi, animati da una sete di giustizia prettamente femminile. Ma nel mondo scritto e diretto da Coralie Fargeat, l'aggettivo "femminile" non presuppone dolcezza, o materna sensibilità. La sua protagonista, interpretata da Matilda Lutz, è una macchina di odio e seduzione; un contenitore esterno dove il corpo diventa oggetto del desiderio, e strumento di violenza. Una commistione incendiaria, che brucia e agisce nel cuore della giovane donna, trasformando chimicamente ogni fibra epidermica del suo corpo in sete di vendetta. Giocato su continui ribaltamenti, Revenge si sviluppa su un primo atto dedicato alla bellezza di Jen come oggetto del desiderio, per poi lanciarsi nei confini di un gioco al massacro di corpi maschili di uomini che l'hanno tradita, e mani che l'hanno violentata. È un inferno personale quello che si apre in Jen, soggiogato da una legge del contrappasso dallo stampo dantesco secondo cui chiunque si fosse limitato a guardare viene ferito agli occhi, mentre chi ha osato colpire la protagonista, verrà squarciato in quello stesso punto. Occhio per occhio, dente per dente, e vendetta per violenza.
9. Una donna promettente (2020)
Cassandra non è una donna come tutte le altre. Cassandra è una donna promettente, nel senso che se pensa agisce, se promette compie. E nel suo mondo tutto chiede vendetta. Vendetta per sé in quanto donna, vendetta per la sua migliore amica vittima di violenza, vendetta per tutte quelle giovani, e non, dalle storie ignorate, e denunce inascoltate. Scritto e diretto da Emerald Fennell, Una donna promettente è un manifesto sul consenso sessuale, negato e rivendicato con lasciti di giustizia personale. Una rivendicazione sottile, intelligente, costruita giocando a nascondino con la psicologia inversa ai danni di istinti predatori da depotenziare con la forza della furbizia. Cristallizzata in un eterno presente, Cassandra (Carey Mulligan) vede la propria vita scorrerle davanti, mentre lei rimane ferma, prigioniera di una rete di giustizia attraverso cui dar voce a chi quella voce non ce l'ha più. "Posso essere diavolo, e pure angelo" canta Paris Hilton, e non c'è verso migliore per riassumere l'essenza di Cassandra, donna che si fa megafono corporeo su abusi e violenze, e allo stesso tempo speranza silenziosa nell'attesa che il suo cuore possa riprendere a battere, e le gambe a muoversi.
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10. Do Revenge (2022)
In un mondo acceso, colorato di sfumature pastello e vestito di abiti lussuosi, si muove silente il buio della vendetta. Vittime di bullismo, o di revenge porn, le protagoniste di Do Revenge - teen-movie dai toni sarcastici disponibile su Netflix, di cui vi lasciamo qui la nostra recensione - affidano alla forza della mente, e all'audacia della furbizia, la propria sete di vendetta. Nessun coltello affilato; a Drea ed Eleanor bastano piani subdoli e tanta astuzia per colpire le proprie vittime e ristabilire un equilibrio interiore che pare andatosi perduto tra lacrime represse e i dolori rimossi. La detronizzazione da ape regina per una condivisione di materiale intimo sui social si tramuta per Drea (Camila Mendes) in un allontanamento totale, una mancanza di empatia altrui, e lo sviluppo di una sete di vendetta che si mescolerà a quella di Eleanor (Maya Hawks). Tra rancore e disprezzo, nessun personaggio si salva dalla potenza degli attacchi delle due protagoniste, talmente deterioranti che forse nemmeno loro risulteranno immune da quel desiderio accecante di ottenere il proprio dominio e ristabilire uno status quo emotivo e sociale.