I 5 migliori film sui Papi

Ora che I due Papi è arrivato su Netflix, ecco qui per voi i 5 migliori film sui papi, incentrati su figure di pontefici realmente esistiti o fittizi.

I Due Papi 1
I due Papi: Anthony Hopkins, Jonathan Pryce in un'immagine

Il Papa, al contrario di quanto si possa pensare, è sempre stato trattato dal cinema con un approccio che trasmette forte rispetto per la sua figura. Quasi sempre i film incentrati sui Papi sono stati limitati al piccolo schermo, e sovente hanno avuto il difetto di scivolare nell'agiografia, facciamo l'esempio di Francisco - El Padre Jorge di Beda Docampo Feijóo, senza dare poi molto allo spettatore. Altre volte invece si è andati verso la sperimentazione, ma in questi casi ciò che emerge di più è il fatto che il Papa venga descritto quasi sempre in modo indiretto, spesso la sua presenza è solo aleggiata, tramite i protagonisti del suo iter, senza mostrarcelo quasi mai in volto.

I due papi è un caso più unico che raro nella storia del cinema e, in occasione del suo arrivo su Netflix, vi presentiamo in questo articolo i 5 migliori film sui papi della storia del cinema: pellicole in cui i Pontefici, anche quando non sono i protagonisti assoluti della storia, divengono simbolo di tutto ciò che di positivo o negativo la Chiesa ha rappresentato per secoli per il mondo della cristianità.

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5. La Papessa (2009)

Una scena de La Papessa
Una scena de La Papessa

Sicuramente un posto di assoluto riguardo lo merita La papessa di Sönke Wortmann, che riprende il romanzo di Donna Woolfolk Cross, basato sulla nota vicenda dell'unico Papa donna mai esistito: la Papessa Giovanna, che secondo diverse fonti avrebbe regnato sul Trono di San Pietro dall'853 all'855. Protagonista è Johanna (Johanna Wokalek) ragazza ribelle e anticonvenzionale, nata nella Renania, in un'epoca violenta ed oscura, in cui le donne avevano ben poche prospettive. Tuttavia la giovane non accetta il suo destino e le convenzioni sociali del tempo, dà prova di intelligenza e indipendenza e lotta per avere un'istruzione, tanto da riuscire a frequentare la cattedrale di Dorstadt. Qui conosce il tollerante e coraggioso Conte Gerold (David Wenham), con il quale entrerà via via sempre in maggior confidenza, fino a diventarne l'amante. Giovanna tuttavia, comprende sia la sua vocazione religiosa, sia il fatto che in quanto donna, abbia ben poche possibilità di farsi strada, e decide di tagliarsi i capelli, cambiare il proprio nome e celare la propria identità dietro quella di un medico presso il monastero di Fulda. Da lì si muoverà verso Roma, entrando nei favori del Papa e cominciando a farsi strada negli ambienti ecclesiastici, con esiti imprevedibili sia per la Chiesa che per la sua vita.

Johanna Wokalek e John Goodman nel film La Papessa
Johanna Wokalek e John Goodman nel film La Papessa

La papessa ha il grande merito di mostrarci un'epoca sovente dimenticata della cristianità, quella dell'alto medioevo (troppo spesso descritta in modo esageratamente negativo e cupo) e di ricordarci quanto la figura femminile fosse costretta entro limiti a dir poco angusti. Il film ha anche il merito di ricordarci l'eterna distanza tra le alte gerarchie ecclesiastiche e chi invece viveva con il popolo, per il popolo, chi applicava gli insegnamenti che furono di Cristo e chi invece ne usava il nome per accumulare potere ed ambizioni.
Plateale poi, la critica al celibato, alla castità, così come all'esclusione delle donne dai ruoli chiave della Chiesa cattolica che continua ancora oggi, senza che vi sia alcuna volontà di mettere mano a dogmi che affondano la loro origine in tempi antichissimi. Un piccolo spiraglio viene aperto dalla figura di Sergio II (un carismatico John Goodman) Papa ironico, cinico ma giusto, dotato di grande carisma e che si fa beffe dell'ipocrita falsa umiltà che alberga nei nobili e nei prelati che lo circondano, pronti ad assecondarlo solo per fare i propri interessi. Curioso, intuitivo, orgoglioso difensore della supremazia anche temporale della Chiesa sui regnanti cristiani, assurge a simbolo di tutto ciò che, umanamente e non solo, un Papa dovrebbe essere. Anche a lui si ispirerà Giovanna, nel suo breve papato, mostrandosi acerrima nemica dei dogmi e dell'ignoranza che trova rifugio nell'ipse dixit più arcaico e debole.

4. Il Marchese del Grillo (1981)

Il Marchese Del Grillo
Una scena de Il Marchese del Grillo

Sicuramente tra le più belle, divertenti e potenti commedie italiane di sempre, Il Marchese del Grillo è stato uno dei film che hanno fatto si che Alberto Sordi toccasse vette inesplorate in termini di popolarità e importanza nel panorama cinematografico italiano. Ambientato nella Roma pontificia dei primi dell'800, diretto dal grande Mario Monicelli, Il Marchese del Grillo segue la avventure dell'irriverente e brillante Marchese Onofrio del Grillo, tra i più stimati frequentatori della corte di Papa Pio VII (un Paolo Stoppa in stato di grazia). Pigro, svogliato, amante delle belle donne e della bella vita, indocile alla disciplina e alla sdegnosa, bigotta e decadente famiglia che si ritrova, il Marchese è famoso in tutta Roma per gli astuti e perfidi scherzi, che talvolta coinvolgono anche il malinconico Pontefice. E proprio con Pio VII si crea durante il film un rapporto assolutamente unico, fatto di rispetto, quasi della ricerca di una sottile rivalità, ma che non riesce mai a scalfire la stima che l'uno prova per l'altro.

Prova ne è il simpatico confronto che nasce quando Onofrio, provocatoriamente, fa suonare tutte le campane di Roma (evento che è sempre associato alla morte di un Papa), spiegando in seguito al Pontefice che non era per burlarsi della sua persona, ma per celebrare la morte della Giustizia. Una giustizia di cui lui si è fatto beffe corrompendo funzionari, giudici, giurati e avvocati, al fine di far condannare un povero falegname ebreo che non aveva voluto pagare. "Esperimento" con il quale si dimostra quanto lo Stato Pontificio ormai sia marcio fino al midollo. Il Papa di Stoppa ci appare come un malinconico e arguto protettore di un regno che è ben fin troppo conscio di essere ormai in completo disfacimento, abitato da preti ignoranti e codardi, da nobili lascivi ed effeminati. "Ricordati figliolo, che la giustizia non è di questo mondo, ma dell'altro..." spiega questo Pontefice così diverso dagli altri, così brillante, imprevedibile e genuino. Egli però, dietro la maschera di Papa conservatore poco convinto, nasconde un grande rispetto per ciò che sa di rappresentare, per la libertà di quel Regno che sa di non poter salvare dalla prepotenza della armate di Napoleone, ma di cui è orgoglioso difensore.
Il suo divertito e continuo scontro-confronto, ironico e cortese, con Onofrio, ci permette di apprezzare saggezza, morigeratezza, ed una massiccia dosa di umiltà da parte di questo Papa, che prende molto meno sul serio sé stesso di quanto facciano quelli che gli stanno attorno, conscio di essere un uomo e basta, un uomo come gli altri.

3. Il tormento e l'estasi (1965)

Tormento Estasi
Una scena de Il tormento e l'estasi

Flop tra i più dolorosi ed immeritati degli anni 60, Il tormento e l'estasi di Carol Reed, è ancora oggi considerato uno dei migliori film mai fatti sul Rinascimento. Nominato a ben cinque Premi Oscar nel 1965, il film aveva come protagonisti il grande Charlton Eston e Rex Harrison, rispettivamente nei panni dell'immortale Michelangelo Buonarroti e di Papa Giulio II, e mostrava il loro difficile e burrascoso rapporto al tempo in cui il pontefice chiese al grande artista di realizzare il suo immortale affresco per la Cappella Sistina. Il tormento e l'estasi può essere considerato forse il film più completo mai fatto su un pittore per ciò che ne riguarda la personalità, il modus operandi, nonché la complessità della natura umana. Ma per ciò che ci interessa, fu anche un film che diede il ritratto fedele e intelligente di un Papa tra i più discussi, importanti ed interessanti di sempre: Giulio II. Nipote del discusso Sisto IV, figlio di Raffaello della Rovere, Giulio II (come mostrato in questo bellissimo film) fu un Papa ben poco "spirituale", quanto piuttosto un politico ed un militare, che dimostrò coraggio, ambizione e determinazione nel difendere lo Stato Pontificio e la sua autorità temporale.

Tormento Estasi 2
Una scena de Il tormento e l'estasi

Un Papa energico, attivo, sovente descritto anche come vanitoso, ma brillante, intelligente, indomito e amante delle arti e della cultura. Harrison nel film di Reed fu tutto questo e anche di più, seppe creare un personaggio carismatico, accattivante, pieno di contraddizioni ma forse perfetto proprio per questo. Tutto il film in realtà verteva sul conflittuale rapporto tra l'artista squattrinato, tormentato, insicuro e questo Papa così contraddittorio, così materiale, così sicuro delle doti di Michelangelo ben più di quanto lo sia lo stesso artista, che si reputa più uno scultore che un pittore. Alla fin fine sarà anche grazie a questo Papa così "sparagnino" ed intrattabile, che l'artista vincerà il suo complesso di inferiorità verso altri suoi colleghi quali Leonardo Da Vinci o Raffaello Sanzio (un giovane Tomas Milian) e scoprirà di poter fare qualcosa che neanche lui pensava di poter realizzare.

Giulio II è sicuramente un autocrate, ma è legato all'artista dal suo andare oltre il già noto, il già visto. Entrambi vogliono fare delle rivoluzioni: dell'Italia e dell'arte. Lo sa, lo capisce, in diversi momenti i loro scontri verbali sono in realtà l'echeggiare di una sola voce, di una comune visione. Oltre a ricordarci l'enorme debito che il mondo ha nei riguardi della Chiesa per l'incredibile apporto all'arte e alla conoscenza, Il tormento e l'estasi è un film assolutamente imprescindibile per chi ama il Rinascimento e la storia, e che ci permette anche di apprezzare quanto questo Papa e questo artista rivoluzionarono la Chiesa.

2. Amen. (2002)

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Una scena di Amen.

Film tra i più scomodi, disturbanti e viscerali, Amen. di Costa-Gavras lacerò la critica nel 2002, e fu platealmente denunciato dal Vaticano, che non collaborò alla realizzazione del film (gli interni della Santa Sede furono ricreati nel Palazzo del Parlamento a Bucarest) che venne girato in Germania, Francia e Romania. Tratto dall'opera teatrale Il Vicario di Rolf Hochhuth, Amen. ha al centro del suo iter narrativo due personaggi teoricamente agli antipodi: Kurt Gerstein (un vero ufficiale delle SS e membro dell'Istituto di Igiene interpretato da Ulrich Tukur) e Riccardo Fontana (Mathieu Kassovitz) un giovane prete gesuita.
Gerstein fu tra i pochissimi ufficiali di alto rango delle SS che lottò per porre un freno all'Olocausto, che cercò per quanto fosse in suo potere di arginare il male dopo aver assistito ad una delle prime esecuzioni degli internati a base di Zyklon B. Combattuto e dilaniato tra il suo dovere di soldato dedito all'obbedienza e il suo essere un credente e un uomo di cultura a favore della vita, cercherà in tutti i modi di informare ed ottenere una presa di posizione da parte di Pio XII (un gelido Marcel Iures) ma troverà solo silenzio, indifferenza e paura. Riccardo Fontana cercherà in tutti i modi di aiutarlo, arrivando a chiedere di persona al Papa di condannare Hitler e la deportazione degli ebrei, ma non verrà ascoltato. Alla fin fine si farà internare e uccidere con gli ebrei, mentre Gerstein vedrà le sue prove contro le SS disperse al vento, morirà in circostanze misteriose in carcere alla fine della guerra, mentre alcuni tra i più efferati carnefici nazisti verranno salvati proprio dal clero romano.

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Una scena di Amen.

Film potente, politico, che sferza e condanna l'apatia con cui Pio XII e la sua curia si comportarono nei confronti dei crimini del regime nazista verso il popolo ebraico e non solo. Fu viltà? Fu opportunismo o una malcelata simpatia per chi combatteva il "pericolo rosso" e gli ebrei? Forse un misto di tutto questo, ma di certo fu vile, soprattutto tenendo conto di quanto i ranghi più bassi del clero si impegnarono ovunque in Italia ed in Europa per salvare gli ebrei ed i perseguitati dalla croce uncinata, spesso pagando il prezzo più alto. Il Papa di questo film intenso e viscerale, è un Papa asettico, freddo, assente e distante, che più che prudente non è poi così azzardato definire codardo, così come tutto l'apparato che lo circonda.

Egli si chiude in un silenzio che è esplicativo, che si espande nei palazzi, negli androni, rotto dai sospetti, dall'indifferenza che trapela dalle parole di uomini distanti dal mondo, chiusi in quelle stanze dove pare che il pianeta in fiamme non arrivi. Amen. è un film scomodo, importante, che ci ricorda quanto non solo questo Papa ma molti altri siano stati spesso fin troppo vicini a uomini oscuri e potenti, oppure non abbiano avuto il coraggio di prendere una posizione netta contro il male.

1. I Due Papi (2019)

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I due Papi: una scena con Anthony Hopkins, Jonathan Pryce

Ebbene si, al primo posto troviamo il film di Fernando Meirelles, quel I due Papi che sta riscuotendo il plauso unanime della critica, tanto da meritare ben quattro nomination ai Golden Globe, tra cui Miglior Film, Miglior Sceneggiatura, Miglior attore protagonista e attore non protagonista. Sceneggiato da Anthony McCarten (autore dell'opera teatrale da cui è tratto), il film vede Anthony Hopkins nei panni di Papa Benedetto XVI e Jonathan Pryce in quelli di Papa Francesco, per quanto quest'ultimo venga interpretato in gioventù anche da Juan Minujín. I Due Papi si concentra sostanzialmente sul periodo che va dalla morte di Giovanni Paolo II (con la conseguente elezione del conservatore Raztinger) nel 2005 alle dimissioni di quest'ultimo nel 2013, con la successiva elezione di Bergoglio. Sceneggiato divinamente, diretto con ritmo e con una cura dei dialoghi assolutamente da manuale, I due Papi è senza ombra di dubbio il miglior film mai fatto su un pontefice, un film intelligente, intenso, perfetto nel donarci la storica importanza di quel cambio della guardia che sancì la definitiva sconfitta della "vecchia" Chiesa, quella che era sopravvissuta al XX secolo.

Diretto da Meirelles con grande sentimento, il film, come potete leggere nella nostra recensione de I due Papi, vive della contrapposizione tra due Papi, due uomini, che rappresentano due visioni assolutamente contrapposte della Chiesa, del suo ruolo nel mondo. Hopkins fa del suo Raztinger il simbolo di una Chiesa oscura, conservatrice, chiusa in sé stessa, adamantina nel suo rifiutare ogni contatto con questo XXI secolo nel quale la sua influenza va scemando, in cui è stata travolta dal tremendo scandalo sugli abusi. Bergoglio al contrario appare come un riformista, un uomo tormentato dal suo passato, da quando ruppe con la sua fidanzata per prendere i voti al terribile periodo della dittatura argentina, che fece di lui una figura molto controversa in patria e all'estero. Qual'è la vera Chiesa? Quella dei conclavi? Delle residenze sfarzose? Delle piccole correnti di pensiero, delle banche, degli scandali, del fatto che coprire i crimini dei suoi membri per evitare imbarazzo sia più importante della giustizia? Oppure è quella dei gesuiti che affrontarono morte e torture in Argentina ed altre parti del globo per aiutare gli ultimi, quella di chi denuncia la crisi economica ed ambientale del globo, che vuole ridiscutere il celibato, riformare il sistema finanziario che ha reso Roma quasi gemella della Svizzera?

I Due Papi
I due Papi: Anthony Hopkins e Jonathan Pryce in un'immagine

La Chiesa è entrambe, ecco al risposta, a seconda del momento, dell'epoca, di ciò che deve essere per sopravvivere, per continuare ad avere il suo ruolo nel mondo. Ratzinger che è legato all'etichetta, ai dogmi, ad una Chiesa timorosa e severa, Bergoglio che tifa il San Lorenzo, che mangia pizza ed è armato di una falsa umiltà di cui fa palese mostra. Ma è umano, vuole migliorare le cose, vuole riportare Cristo tra le persone, non sceglie il nome di Francesco per nulla. In questi 125 minuti non vi è solo il confronto tra due diverse dottrine, due modi di vedere la Chiesa, ma tra due uomini, due caratteri, due personalità che forse proprio perché agli antipodi riescono a comunicare in modo più aperto e libero.
In tutto e per tutto, non solo un film su questi due Papi, sulla loro saggezza e umanità, ma su ciò che deve essere un Papa, in un mondo in cui nessuno o quasi crede più in niente.