Forse alcuni di voi avranno colto nel titolo di questa recensione di Midnight Mass il riferimento ad uno dei romanzi più famosi della bibliografia di Stephen King. Non è un caso, infatti, che il Re del Brivido abbia apprezzato Midnight Mass, questa serie Netflix diretta da Mike Flanagan (The Haunting: Hill House, The Hounting: Bly Manor): nei sette episodi che la compongono, infatti, c'è molto dell'immaginario che lo scrittore del Maine evoca con le sue storie, ma c'è moltissimo anche del suo autore, ed è facile ritrovare elementi che già avevamo amato nelle sue serie precedenti, in particolare la sua capacità di parlare di famiglia, di perdono e di amore come difficilmente si fa all'interno di un racconto del terrore. Anche in questo caso si tratta infatti di una storia che si muove nella cornice dell'horror, ma, ancora una volta, Flanagan sfrutta e travalica il genere per veicolare un messaggio universale.
Al centro di Midnight Mass troviamo un tema in particolare, da cui prendono il via l'intreccio principale ma anche le diverse storyline che si sviluppano man mano: la fede. La fede è raccontata nella sua accezione più positiva, come veicolo di speranza e di amore, ma anche in quella più negativa, di fanatismo, come facciata sotto cui nascondere discriminazione, egoismo e le altre brutture di cui è capace il genere umano. La fede in Midnight Mass può portare alla salvezza ma anche alla dannazione. Mostrandoci come i diversi personaggi "credono", la serie ci parla anche di Dio e dei tanti modi in cui può essere immaginato e concepito: un Dio vendicativo, che punisce e che salva solo i pochi eletti che hanno sempre seguito i suoi dogmi, o un Dio che ama senza confini e distinzioni, che include e che - soprattutto - perdona. Non a caso un'altra delle tematiche attorno a cui ruota la storia è proprio questa, l'importanza del perdono: nei confronti degli altri ma soprattutto di se stessi.
Riley torna a casa
Midnight Mass si apre sulla scena di un incidente stradale: una giovane donna è a terra, i paramedici cercano di rianimarla ma ormai è troppo tardi, a distanza un ragazzo osserva stranito quello che gli accade davanti. È Riley Flynn (Zach Gilford), che in stato di ubriachezza ha causato l'incidente e la morte della ragazza che si trovava nell'auto con cui si è scontrata la sua. Dopo quattro anni di galera, (letteralmente) perseguitato dal senso di colpa per quel che è successo, Riley fa ritorno a casa dai suoi genitori sull'isola di Crockett Island, dove è nato e cresciuto e dove la comunità si è drasticamente ridotta negli anni, lasciando solo poche dozzine di abitanti. L'arrivo di Riley, che viene accolto a braccia aperte dalla madre ma con meno entusiasmo dal padre, coincide con l'entrata in scena di un nuovo pastore, venuto a sostituire l'anziano Monsignor Pruitt, apparentemente ricoverato sulla terraferma per l'aggravarsi di alcuni problemi di salute.
Padre Paul (Hamish Linklater), che porta con sé sull'isola una cassa dal contenuto misterioso, si rivolge ai membri della piccola comunità come se li conoscesse da sempre: tra loro incontriamo non solo la famiglia di Riley - composta da Annie (Kristin Lehman), Ed (Henry Thomas) e Warren (Igby Rigney)-, ma anche la dottoressa Sarah Gunning (Annabeth Gish) e sua madre (Alex Essoe), affetta da demenza; la figlia del sindaco, Leeza (Annarah Cymone) rimasta paralizzata in un incidente; il nuovo sceriffo (Rahul Kohli), di religione musulmana, e suo figlio Ali (Rahul Abburi); Erin Greene (Kate Siegel), una donna incinta tornata a vivere nella casa di sua madre dopo aver lasciato un marito violento; l'alcolista Joe Collie (Robert Longstreet) e la devota Bev Keane (Samantha Sloyan), che partecipa attivamente a tutti i servizi religiosi della piccola chiesa dell'isola.
Una piccola ed isolata comunità che non sta affrontando un periodo facile: dopo il naufragio di una petroliera poco lontano dalle loro coste, la pesca - loro primo mezzo di sostentamento - è diventata molto scarsa. In molti hanno abbandonato l'isola, altri si sono chiusi nella religione per trovare speranza. Padre Paul, come era stato Monsignor Pruitt prima di lui, diviene un faro per gli abitanti di Crockett Island, che cercano in lui il conforto che la loro quotidianità non può offrigli, la speranza che, al di là di una vita terrena che non li soddisfa, ci sia qualcos'altro in serbo per loro. L'uomo, però, sembra avere per gli uomini e le donne che frequentano la sua chiesa un piano ben preciso, legato al misterioso contenuto della cassa che ha portato con sé. Quando, durante una messa domenicale, Padre Paul sembra compiere un vero e proprio miracolo, un nuovo fervore religioso scuote l'intera isola: peccato, però, che le benedizioni che l'uomo impartisce agli abitanti di Crockett portino con sé un prezzo molto alto da pagare...
Un horror che fa paura?
Una domanda sorge spontanea, soprattutto se ci si approccia alla visione di Midnight Mass con la mente ai precedenti lavori di Mike Flanagan: questa serie fa paura? Non per scoraggiarvi dalla visione se cercate un determinato tipo di horror, ma il terrore in Midnight Mass è senza dubbio più sottile e meno "urlato" di quel che siamo abituati a vedere, anche a confronto con quello delle due stagioni di Hill House. La paura cresce lentamente in questa serie, in cui raramente si abbandona il territorio della mera tensione: si sente la mancanza di un orrore più manifesto? Per quanto ci riguarda assolutamente no, una volta che le storie degli abitanti di Crockett Island - e il mistero che ruota attorno alla figura di Padre Paul e della creatura che ha portato con sé sull'isola - entrano nel vivo, risulta molto difficile abbandonare la visione.
L'esperienza di visione diventa ancora più immersiva anche grazie alla fotografia di Michael Fimognari, che torna a lavorare con Flanangan dopo The Haunting: Hill House e Doctor Sleep, che ricrea sullo schermo l'atmosfera plumbea, asfissiante e al tempo stesso sonnolenta di una cittadina che accoglie i suoi abitanti come una prigione. Colori freddi, delicati, che si contrappongono al fuoco delle albe e dei tramonti, capaci di catturare lo spettatore e di emozionarlo nel profondo.
81 serie TV da guardare su Netflix - Lista aggiornata a luglio 2021
Un cast perfetto
Quella raccontata da Flanagan in Midnight Mass è una storia corale che ruota attorno a due personaggi principali, Flynn e Erin Greene, gli outsider dell'isola, che l'avevano abbandonata e che, per ragioni diverse, sono costretti a farvi ritorno. Tanto Zach Gilford come Kate Siegel, moglie di Flanagan e veterana dei film e delle serie da lui diretti, danno vita a due personaggi affascinanti, forti e vulnerabili al tempo stesso, guidati da una profonda umanità ed empatia nei confronti del prossimo. Siegel, soprattuto, ci ha colpito per come è capace declamare lunghi monologhi, che in bocca ad un altro attore sarebbero forse sembrati eccessivamente verbosi ed inutilmente contorti, con una naturalezza inaspettata, come se stesse davvero pensando a cosa dire sul momento, stupendosi lei stessa della strada presa dai suoi ragionamenti.
Anche gli altri comprimari - alcuni dei membri del cast li avevamo già conosciuti nelle due stagioni di The Haunting - vengono approfonditi e caratterizzati con grande cura: tra loro (anche se meriterebbero tutti di essere citati) non possiamo che menzionare il tormentato e seducente Padre Paul di Hamish Linklater ma soprattutto la Bev Keane di Samantha Sloyan, tra i villain più sottilmente terrificanti che recentemente ci è capitato di vedere in televisione. Bev Keane è l'esempio perfetto di come la religione possa essere travisata e manipolata per i propri comodi, per alimentare diseguaglianza e discriminazione: una donna capace di compiere le peggiori nefandezze con il sorriso, citando passi della Bibbia.
27 film horror su Netflix da non perdere
Una storia che finisce troppo presto
A visione ultimata, ci resta addosso una sensazione molto simile a quella che avevamo provato al termine del primo The Haunting: pur avendoci catturato fin da subito, anche questa è una serie che si prende il suo tempo per ingranare, per esprimere tutto il suo potenziale, confidando nella capacità dello spettatore di aspettare fino alle grandi emozioni (e rivelazioni) degli episodi conclusivi. Anche in questo caso il finale ci lascia un po' con l'amaro in bocca - non perché ci abbia deluso, anzi, troviamo che sia estremamente coerente e che chiuda alla perfezione i diversi archi narrativi che erano stati aperti - ma semplicemente perché non ci sentivamo pronti ad abbandonare così presto l'isola ed i suoi abitanti. La serie è chiaramente autoconclusiva (se non per un piccolo spiraglio lasciato aperto...) e noi ci chiediamo se Midnight Mass possa trasformarsi in un prodotto sul genere di Hill House, a cui seguiranno altre stagioni monografiche, con nuovi personaggi e nuove storie. Visto quanto abbiamo apprezzato questa nuova opera di Mike Flanagan, a noi non dispiacerebbe affatto che fosse così.
Conclusioni
Concludiamo questa recensione di Midnight Mass constatando come ancora una volta Mike Flanagan sia riuscito a catturarci e a sconvolgerci (in senso assolutamente positivo) con un prodotto televisivo da lui creato. Anche in questo caso l’horror diventa lo strumento ideale per parlare di fede, famiglia, perdono e amore come raramente viene fatto in prodotti di questo genere. I personaggi - tra cui ricordiamo la splendida Erin di Kate Siegel e la terrificante Bev di Samantha Sloyan - sono approfonditi e caratterizzati con cura, tanto i principali come quelli secondari.
Perché ci piace
- Una storia che si serve dell’horror per per veicolare un messaggio universale e per parlare di temi come fede, famiglia, perdono e amore.
- I personaggi ben caratterizzati, dalla Erin di Kate Siegel alla (terrificante) Bev di Samantha Sloyan.
- La fotografia di Michael Fimognari.
- Lo splendido finale, che tira perfettamente le fila di quanto detto fino a quel momento.
Cosa non va
- Chi cerca un altro tipo di horror, più manifesto ed "urlato", potrebbe restare deluso.