Circa un anno fa la vedevamo su Prime Video, nel cast della prima stagione di LOL, mentre ora tocca a Netflix mettere in evidenza le doti comiche di Michela Giraud. Di questo si parla nella recensione di Michela Giraud: la verità, lo giuro!, quinto speciale di stand-up della piattaforma in lingua italiana dopo quelli di Beppe Grillo nel 2017 e la tripletta di Edoardo Ferrario, Francesco De Carlo e Saverio Raimondo nel 2019. Un'occasione ghiotta per la comica romana, già protagonista di vari tormentoni sul territorio nostrano e ora pronta a mettersi a nudo con le sue parole autoironiche davanti a 200 milioni di persone in tutto il mondo. E lo fa con un'ora di materiale che riassume il suo pensiero in modo conciso ed efficace, mescolando considerazioni più ampie con esempi personali e a volte dolorosi nella loro brutale potenza umoristica.
"Nasco a Roma, dove risolviamo i problemi dandogli fuoco"
Che Michela Giraud sia pronta ad affrontare qualunque argomento personale con spirito autodenigratorio lo esplicitano già i primi minuti dello speciale, quando afferma di essere stata tradita dal suo ex durante la pandemia, mentre lei aveva il Covid (e la nuova compagna di lui le ha poi fatto i complimenti sui social). Da lì parte un giro di aneddoti che toccano temi universali in relazione alla sua vita, a volte con abbondanti dosi di autocritica: Giraud, esemplificando come ci si dovrebbe comportare nei legittimi casi in cui forse una freddura andava cestinata o formulata in altro modo, ammette apertamente di aver avuto torto a ironizzare, senza informarsi prima, sulla dichiarazione di Demi Lovato circa il suo essere persona non binaria, riassumendo tutto il processo che l'ha portata a postare un tweet infelice dove paragonava la star al Mago Otelma ("Pensavo fosse una roba tipo Scientology"), rimuoverlo in seguito alle critiche, e poi riceverne altre per averlo rimosso, con più persone di destra che difendevano il suo diritto alla libertà di espressione. Con una punchline divertentissima che scimmiotta una celebre frase di Warhol: "In futuro tutti saranno fascisti per 15 minuti. E non è male, perché il nero sfina."
Parla soprattutto di sé stessa, aprendo poi un discorso sulla questione curvy e sull'argomento della body positivity, con successiva parentesi sul maschio bianco eterosessuale come specie in via d'estinzione ("Faranno una serie su di voi: The Walking Etero"), per infine toccare il tasto dolente ma spassoso della famiglia, in particolare la sorella affetta da autismo, idolo di Michela in quanto priva di qualunque filtro nelle interazioni sociali (come ha detto una volta la madre, "La nostra testa è come una pentola, dove si accumulano le informazioni; lei al posto della pentola ha uno scolapasta"). Una collezione di aneddoti e riflessioni che si rivolgono da un lato ai fan della comica, e dall'altro a chi impara a conoscerla per la prima volta, in particolare fuori dall'Italia, con battute che nella maggior parte dei casi funzionano anche in versione sottotitolata per un pubblico internazionale (giusto qualche dubbio, come sempre in questi casi, per imitazioni di voci e accenti il cui bacino d'utenza è circoscritto allo stivale). Forse senza l'ambizione formale di controparti statunitensi che tendono a curare anche la presentazione estetica degli speciali, trasformandoli a volte in veri e propri mediometraggi che vanno oltre la parola del comico, ma con un'arma ancora più potente, evocata già nel titolo dello speciale: la verità, tutta la verità, nient'altro che la verità. Condita con diverse risate.
Conclusioni
Chiudiamo la recensione di Michela Giraud: la verità, lo giuro!, sottolineando come il nuovo speciale di stand-up comedy di Netflix presenti su scala globale il talento della comica romana, impegnata in un monologo personale e molto divertente.
Perché ci piace
- Gli argomenti toccati sono pieni di spunti umoristici interessanti.
- La componente autoironica è molto forte.
Cosa non va
- Difficilmente convincerà chi non apprezza lo stile di Michela Giraud.
- Alcune battute potrebbero risultare meno efficaci per il pubblico non italiano.