Violenza, intolleranza, odio politico. Death by Lightning, dietro la ricostruzione storica, racconta un'America divisa e fragile. Non così diversa da quella di oggi. La miniserie - prodotta da Netflix e scritta da Mike Makowsky - esplora un periodo poco raccontato della storia americana, quello immediatamente successivo alla Guerra Civile, e lo fa attraverso il peso specifico di due uomini ingombranti: da una parte il 20° presidente James A. Garfield (mai troppo citato), dall'altra il suo ammiratore nonché suo assassino Charles J. Guiteau.
A interpretare i due personaggi troviamo Michael Shannon e Matthew Macfadyen, che Movieplayer ha incontrato su Zoom in occasione della conferenza stampa. "È una storia molto attuale, ma anche senza tempo", spiega Macfadyen. "Parla di ambizione, ossessione e integrità - tutte cose che mi interessano profondamente. Quando ho letto la sceneggiatura, me ne sono subito innamorato. Era affascinante, un frammento di storia americana che conoscevo poco. Come attore cerchi sempre qualcosa di nuovo, e questa era un'occasione irresistibile".
Shannon, aggiunge con ironia: "Non riuscivo a credere che qualcuno volesse che interpretassi un presidente! È stato quasi surreale. Ma, più studiavo Garfield, più mi rendevo conto di quanto fosse una figura straordinaria. Non molte persone sanno chi fosse davvero, eppure, nonostante il suo breve mandato, ha lasciato un'eredità potente e commovente. Il suo soprannome era 'il più grande presidente che l'America non abbia mai avuto' - e credo che sia un modo bellissimo di ricordarlo".
Death by Lightning: l'incontro con Michael Shannon e Matthew Macfadyen
Parlando del presidente Garfield, Michael Shannon si fa più serio, e spiega: "La dignità non è un atteggiamento, è un modo di essere. Garfield ci riusciva rimanendo fedele a sé stesso. Era nato povero, aveva lavorato duramente per arrivare dove era arrivato, e non si era mai dimenticato delle proprie origini", e prosegue, "Non cercava di essere un eroe. Cercava di essere giusto. La sua forza morale non veniva dal potere, ma dall'empatia. Credo che la sua vera grandezza fosse la capacità di guardare gli altri negli occhi e dire: ti capisco. È una qualità che oggi abbiamo dimenticato - e forse per questo la sua storia ci tocca così tanto".
Ritrovarsi nel 1881
Entrambi gli attori sottolineano quanto il lavoro fisico - trucco, costumi - sia stato parte integrante del processo creativo dello show. Shannon racconta: "Ogni mattina passavo più di un'ora e mezza al trucco. All'inizio pensi che sia solo un dettaglio tecnico, ma poi capisci che è un momento per entrare nel personaggio. Ti guardi allo specchio e piano piano sparisci tu, compare lui. È lì che Garfield prende forma. Il corpo, i gesti, persino il modo di respirare cambiano". Macfadyen interviene: "Avevo un cappotto che mi faceva sentire come uno sceriffo del Vecchio West impazzito. Il costumista, Michael Wilkinson, ha trovato qualcosa di perfetto: Guiteau si vedeva come un profeta armato, un uomo scelto da Dio. Quel cappotto era esattamente questo - grandioso, delirante, sproporzionato rispetto alla realtà. Indossarlo mi aiutava a capire quanto fosse fragile la sua mente. A volte, bastano i vestiti giusti per capire che tipo di persona stai interpretando".
Una serie che dialoga con il presente
Il discorso, inevitabilmente, si sposta sui paralleli tra la politica del 1881 e quella del presente. Shannon non esita: "È difficile non vedere le somiglianze. La polarizzazione, la violenza, la disinformazione... erano già lì. Cambiano i mezzi, ma le dinamiche restano identiche. Death by Lightning parla del pericolo di confondere la fede con il fanatismo, la missione personale con la giustizia divina. È un avvertimento più attuale che mai". E aggiunge Macfadyen: "La violenza politica è tragica e inutile. Non risolve nulla. È solo una grande vergogna collettiva. E raccontarla, forse, è un modo per ricordarci quanto poco sia cambiato davvero".
Come raccontato nella miniserie, sia Garfield che Guiteau rifiutavano di accettare i propri fallimenti. "Io fallisco continuamente", interviene Shannon. "Ma come dice Samuel Beckett: Fallisci. Fallisci ancora. Fallisci meglio. Nel nostro lavoro non esiste un successo definitivo. Esiste solo l'onestà con cui affronti il processo. Se ti avvicini a un ruolo con sincerità, hai già fatto il tuo dovere. Il resto - premi, critiche, successo - è secondario". Macfadyen annuisce: "L'importante è il viaggio, non la destinazione. Girare questa serie è stato un privilegio. Abbiamo passato quattro mesi a Budapest con persone straordinarie. È lì che si misura il successo: nel lavoro condiviso, nell'esperienza umana".