Memory, la recensione: la malattia dell’assassino

La recensione di Memory, thriller di Martin Campbell con Liam Neeson nei panni di un sicario sul viale del tramonto.

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Memory: Liam Neeson in una foto del film

Sono quasi quindici anni che Liam Neeson, dopo un certo viaggio parigino nei panni di Bryan Mills, è uno dei volti più riconoscibili e popolari dell'action americano, ed è un aspetto su cui torneremo in questa recensione di Memory, ennesima incursione in un filone che ha saputo sfruttare bene il lato più brutale e minaccioso della recitazione dell'attore irlandese. Un film che segna anche il ritorno, per quanto riguarda le sale italiane, del regista neozelandese, che mancava all'appello, al di fuori di titoli usciti direttamente su piattaforma, dal 2011, l'anno del tonfo colossale di Green Lantern che lo ha costretto a ridimensionarsi con progetti più "piccoli".

La memoria in fuga

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Memory: Liam Neeson in una scena

Memory, che adatta un romanzo belga in lingua fiamminga già diventato film in patria nel 2003, è la storia di Alex Lewis (Liam Neeson), killer attempato che vive in Messico e accetta vari incarichi a pagamento dall'altro lato del confine, a El Paso nel Texas. Uno di questi ingaggi lo mette in contatto con le inchieste dell'FBI, la cui task force per la prevenzione dello sfruttamento di minori sta indagano su un noto trafficante di bambini. La cosa fa parte di un complotto più ampio, e Alex decide di disobbedire agli ordini quando, una volta portato a termine il primo omicidio, gliene viene commissionato un secondo, il cui bersaglio è una ragazzina. Inizia così uno scontro a distanza fra il sicario e i suoi datori di lavoro, con due complicazioni: da un lato i federali, dall'altro la salute di Alex, che è affetto da Alzheimer precoce e i medicinali cominciano a non avere più effetto. Riuscirà a fermare l'organizzazione criminale prima che il suo stesso cervello lo tradisca definitivamente?

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Memento mori

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Memory: Guy Pearce in una scena

C'è un che di intertestuale nel film, che fa interagire Neeson con Guy Pearce, il quale interpreta il capo della task force e più di vent'anni fa, alla corte di Christopher Nolan, era il detective fai-da-te affetto da amnesia in Memento. Un dettaglio che rafforza il fattore entertainment, prevalentemente incentrato sulle performance e su quella di Neeson in particolare. E anche lì c'è quasi un discorso teorico, con l'attore ormai settantenne che, essendo in perfetta forma, continua a girare progetti di natura simile ma, per distinguerli l'uno dall'altro, si ritrova talvolta con delle componenti aggiuntive come il discorso sulla memoria e la senilità che si fa in questa sede. Un caso letterale di thriller che fa suo il mantra di Danny Glover in Arma letale: "Sono troppo vecchio per queste stronzate". Una dissonanza, quella fra il personaggio di Alex e il suo interprete, che aggiunge un certo pathos all'intera operazione, forte anche dell'empatia di Martin Campbell che ha uno sguardo molto umano sia nelle scene d'azione che in quelle più introspettive.

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Memory: Liam Neeson in un'immagine

È quasi crepuscolare l'approccio del film, come se volesse essere una sorta di testamento per quanto riguarda la carriera action del suo protagonista, un po' sulla falsariga di Clint Eastwood che da trent'anni inanella ruoli "finali" di vario genere (da Gli spietati in poi). Solo che Neeson ha già almeno altri due esercizi di genere in arrivo, e pertanto il ruolo di Alex è solo uno di tanti, seppure interpretato con maggiore convinzione rispetto ad alcune altre incursioni nell'action (basti pensare a Taken: la vendetta e Taken 3 - L'ora della verità, dove il pilota automatico era abbastanza palese). E se per il killer il tramonto professionale è ormai ineluttabile, per l'attore è tutt'altro discorso, e anche in titoli meno meritevoli sarà comunque sempre gradevole vederlo in modalità "Io vi troverò, e vi ucciderò".

Conclusioni

Arrivati alla fine della recensione di Memory, rimaniamo divertiti dalla piega action della carriera di Liam Neeson, qui alle prese con un ruolo insolitamente approfondito per questo filone.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
3.0/5

Perché ci piace

  • Liam Neeson è intenso e carismatico come sempre, con una dose aggiuntiva di vulnerabilità.
  • La premessa dà un po' di pepe a un intreccio altrimenti un po' schematico.

Cosa non va

  • I cattivi sono molto poco memorabili.