Il Festival di Locarno ha fatto il colpaccio assicurandosi la presenza in concorso del capitolo finale della trilogia di Abdelaltif Kechiche, Mektoub, My Love: Canto Due. Il regista tunisino ha lottato con le unghie e con i denti per portare a termine il suo mastodontico inno alla giovinezza, alla bellezza e al sesso. L'ultimo capitolo è anche il più sudato, ultimato dopo sette anni e 1000 ore di girato, ostacolato dall'insuccesso del precedente Mektoub, My Love: Intermezzo e dall'ictus che ha colpito il regista, lasciandolo con difficoltà nella parola.

Film "maledetto" dal punto di vista produttivo, il Canto Due è forse però il più equilibrato tra i tre capitoli della storia di Amin, aspirante sceneggiatore e fotografo alter ego del regista. Dopo le vette di sesso e nudità toccate dai precedenti capitoli, il film che tira le fila della storia di Amin, Ophelie, Tony e del loro gruppo di amici ha il sapore dolceamaro della fine della giovinezza. Anche per i protagonisti arriva il momento di fare delle scelte, assumersi delle responsabilità e decidere quale direzione imprimere alla loro esistenza.
L'introduzione di un elemento estraneo
I personaggi di Mektoub, My Love: Canto Due sono cresciuti, qualcuno è invecchiato. Sono più maturi e hanno perso quell'entusiasmo giovanile che permeava il Canto Uno. Ma se Amin (Shaïn Boumedine) e Ophelie (Ophelie Bau) sentono il peso dello scorrere del tempo, Tony (Salim Kechiouche) è rimasto il solito donnaiolo incapace di assumersi responsabilità. Tra una danza sfrenata e l'altra, a scatenare il dramma è l'introduzione di un elemento estraneo nel racconto. Jessica, popolare attrice americana di soap, in vacanza in Francia col marito Jack, produttore, insiste per cenare nel ristorante della madre di Amin anche se è chiuso. In cambio, la cuoca chiede a Jack di leggere la sceneggiatura di Amin, fresco di studi in cinema a Parigi. Si innesca, così, uno strano rapporto tra Jessica, Jack, Amin e Tony che sfocerà in tragedia.

La prudenza e il distacco di Amin dalla follia che lo circonda vengono ancora una volta messi a repentaglio dall'altruismo e dal senso di responsabilità del ragazzo, che finisce per metterlo nei guai. Stavolta l'aspirante sceneggiatore non è più un semplice spettatore degli eventi che si vede scorrere la vita davanti e soffiare la ragazza che ama dall'intraprendente cugino Tony, ma finisce per agire. Di ritorno da Parigi, l'estate che trascorre tra il ristorante della madre, la spiaggia e i preparativi del matrimonio di Ophelie, incinta di Tony e intenzionata a sbarazzarsi del figlio prima di sposare Clement, diventerà l'estate delle scelte. Sarà la vita a costringere Amin a prendere una posizione, anche se ciò va contro la sua indole riflessiva.
La fine della trilogia: la vita chiede il conto

Meno voluttuoso e più crepuscolare, Mektoub, My Love: Canto Due si riallaccia ai temi e ai toni del primo film, ma lo spazio dedicato all'esplorazione del corpo femminile e della sessualità è molto più ridotto. Alle danze sfrenate e alla disperata ricerca della rappresentazione del sesso più realistica possibile, per catturare la realtà nei suoi aspetti più intimi anche a scapito della privacy degli attori, si sostituisce uno sguardo malinconico e pessimistico sul futuro. Lo sentiamo nelle parole di Ophelie, che esplora mentalmente il ventaglio di possibilità che ha di fronte, riflettendo su matrimoni, divorzio e aborto con la stessa facilità con cui cui cura le capre dell'allevamento in cui lavora, e lo vediamo nei lunghi silenzi di Amin, perplesso dai comportamenti degli amici, dall'incontro con Jack e dal futuro che gli si prospetta.
Il canto del cigno di Kechiche?

L'iniziazione del ragazzo al mondo del cinema avviene attraverso un lungo dialogo col produttore, che si dice entusiasta della sua sceneggiatura, che vuole far interpretare alla moglie, ma al tempo stesso gli prospetta l'idea di cambiare il finale per pensare a un sequel. Ma il personaggio più intrigante di Canto Due è proprio l'attrice americana, Jessica Paterson, interpretata da Jessica Pennington. Giovanissima e già devastata, Jessica è una figura bulimica affamata di cibo, fumo, alcool e sesso che sconvolgerà l'esistenza di Amin e Tony movimentando l'azione e dando vita a uno dei capitoli più tragici del film.

Anche se appannato dalla malattia che lo ha colpito, lo sguardo di Kechiche continua a a spiare i volti e i corpi, soprattutto femminili, a seguire i personaggi in modo ravvicinato mentre mangiano, cucinano o lavorano cercando di cogliere disperatamente frammenti di vita, della giovinezza che sta per concludersi. Perfino dai momenti più gioiosi, come la danza per celebrare l'imminente matrimonio di Ophelie, trapela una nota di tristezza che sembrava avvolgere quello che, di fatto, rischia di diventare il canto del cigno per Kechiche, e l'autore ne è consapevole.
Conclusioni
Ha un sapore dolceamaro il capitolo conclusivo del monumentale inno alla giovinezza di Kechiche. Come rivela la nostra recensione di Mektoub, My Love: Canto Due, nell'elegante e appassionato lungometraggio non mancano gli stilemi del suo cinema, gli sguardi insistiti sulla bellezza femminile, la voluttà nei confronti del sesso e del cibo, ma anche i momenti più sfrenati sono avvolti da un senso di malinconia, da un pessimismo che sembra infettare la visione del futuro, dell'amore, dell'amicizia, del cinema e della vita in generale.
Perché ci piace
- Lo sguardo di Kechiche è sempre riconoscibile, ma la voluttà sessuale appare più misurata, meno disturbante.
- L'eleganza dello sguardo sul corpo femminile.
- La ricchezza narrativa dell'ultimo capitolo.
- Il finale aperto.
Cosa non va
- Un sottofondo pessimista sembra avvolgere tutto e tutti, anche nei momenti più gioiosi del film.