C'è un problema: i film durano troppo. Un problema assai diffuso, e correlato anche alle logiche dello streaming. Perché si sa, più un film dura più gli utenti restano connessi. Del resto, l'uscita al cinema, ormai, occupa solo una parte del discorso distributivo, in quanto la stra-grande maggioranza delle produzioni puntano ad un doppio standard, soddisfacendo le regole delle piattaforme e, parallelamente, provando a restare fedeli alle logiche della sala. Una breve premessa che si lega a Megan 2 (o se volete M3GAN 2.0), diretto e scritto - ancora - da Gerard Johnstone.

Un sequel dalle ottime intuizioni - se non altro sfrutta al meglio alcuni temi impellenti, declinandoli in chiave pop - che, però, si incastrano in un timing sproporzionato. È un problema? Ovvio. Dall'altra parte la bilancia dell'opinione è contro-pesata dalla coraggiosa svolta impressa da Johnstone: cambiare (o tradire?) il personaggio in funzione di un discorso ben più ampio. Insomma: non un mero copia-e-incolla (come molti sequel horror) ma un nuovo punto di partenza.
M3GAN 2.0: ci vuole un robot per beccare un robot

Per onestà intellettuale, infatti, bisogna dirlo subito: M3GAN 2.0 non è un film horror. A dire la verità nemmeno il primo capitolo - divenuto un instant cult - lo era, tuttavia la nuova avventura della bambola assassina punta molto di più all'action tout court, con sferzate sci-fi che riletto secondo il tipico cinema mainstream degli anni Novanta. Punto a favore? Punto a favore. Ma veniamo alla trama. Il film riparte due anni dopo gli eventi del primo film, e troviamo Gemma (Allison Williams) impegnata come autrice nel sostenere una ferrea regolamentazione dell'intelligenza artificiale.
L'anima di M3GAN sta zitta e quieta in una innocuo bambolotto, ciononostante la tecnologia ha fatto gola all'industria bellica (spregevole termoregolatore della società attuale) che l'ha rubata per applicarla ad AMELIA (Ivanna Sachno), uno robot militare che, pensate un po, diventa auto-cosciente seminando il panico. Citando Demolition Man potremmo dire che "ci vuole una bambola robot per beccare una bambola robot", e allora Gemma, convinta dalla nipote Cady (Violet McGraw), ricostruisce M3GAN. Che sia votata al bene, questa volta?
Come rinnovare un nuova icona

Per rispondere alla domanda, probabilmente sì. Il paradigma è cambiato, e Gerard Johnstone, assimilando l'estetica del film del 2022, ma intanto allungandosi verso nuovi orizzonti, decide con coraggio di scombinare i piani, riscrivendo da capo un personaggio che, inaspettatamente (con la discutibile complicità di TikTok), è entrato nell'immaginario cinematografico post-pandemico. Un immaginario non proprio originale (e infatti Megan è una figura quanto più derivativa possibile) che guarda divertito verso un nuovo pubblico.

L'assunto in questo caso è palese: l'androide con le sembianze di Amie Donald non è più spaventosa come prima, ma anzi assume un ruolo marcatamente diverso, sottolineando quanto non conti il bene o il male, essendo la verità frapposta nelle sfumature tra il giusto e lo sbagliato. Megan allora muta, cambia e matura. Una sorta di anti-eroina, rediviva, squilibrata e redenta (e la redenzione sappiamo quanto sia un fattore squisitamente cinematografico).
Se la continua spiegazione di ciò che accade si cela dietro ogni scena, e le due ore - come detto - appiattiscono spesso il ritmo, le sferzate verso l'uso improprio dell'AI acchiappano l'attenzione, facendo sì che M3GAN 2.0 diventi uno action sci-fi dal sapore socio-politico. Interessante il cambio di pensiero di Gemma, che lotta per un'intelligenza artificiale regolamentata, ed interessante anche l'evoluzione (o l'involuzione) della stessa Megan: da androide anarchico a strumento addomesticato. Chiaro il parallelo - alla larga - con Terminator 2, e chiarissima quindi la voglia da parte di Johnstone di scavare nei temi e nei tempi moderni, guardando però ad un linguaggio - visivo e narrativo - tipico dei 90s. Come dire, guardare indietro per andare avanti. Un gioco che sembra funzionare. L'importante, però, è sapersi fermare al momento giusto.
Conclusioni
Non era facile, eppure Gerard Johnstone punta al cambiamento in un sequel che sovverte le regole del gioco, facendo evolvere il personaggio di Megan. Ottimi spunti - l'AI, ma anche il dominio dell'industria della difesa - e diverse scene action ben costruite. Un mutamento strutturale rispetto alla protagonista, che funziona e forse stupisce. Dall'altra parte la durata di due ore risulta davvero poco sensata.
Perché ci piace
- Il coraggio di cambiare.
- Ottimi spunti narrativi.
- AMELIA è un buon personaggio.
Cosa non va
- Dura troppo.
- Troppe spiegazioni continue.