Marracash, la bolla e un visual album a metà tra Minority Report e The Truman Show

Abbiamo intervistato Chiara Battistini, regista e direttrice creativa dei videoclip tratti da È finita la pace, ottavo lavoro in studio di un rapper fuori dal comune.

Marracash

Basta ascoltare Gli sbandati hanno perso per capire quanto È finita la pace sia un album strepitoso. L'ottavo lavoro in studio di Marracash - tra i migliori rapper italiani, per distacco - è composto da tredici tracce e, come tagline, viene descritto come una sorta di manifesto in cui Marra "dà voce al disagio esistenziale e alle contraddizione di una generazione smarrita". Già disco di platino, Gli sbandati hanno perso anticipa il tour negli stadi, Marra Stadi25, ed è supportato dal visual album disponibile su YouTube, diretto da Chiara Battistini e Giulio Rosati, con la direzione creativa firmata dalla stessa Battistini.

È finita la pace: dietro le quinte del visual album con Chiara Battistini

Marracash E Finita La Pace Cover
La cover de È finita la pace di Marracash

Del visual ablum di È finita la pace colpisce effettivamente la forte coerenza estetica e narrativa rispetto ai brani di Marracash. Un lavoro di adattamento affatto semplice, spiegato dalla regista. Tutto ha avuto inizio con la bolla, già simbolo dell'album "Per costruire il linguaggio visivo di È finita la pace sono partita dal concetto della "bolla" come metafora della condizione interiore di Marracash", spiega. "Ho voluto che tutto il progetto si sviluppasse dal suo punto di vista, come se Fabio osservasse il mondo da dentro quella bolla, separato ma costantemente esposto".

Sulle ispirazioni, invece, tutto si lega a due grandi titoli di inizio e fine Millennio: "Le mie ispirazioni principali sono arrivate da due film che lavorano proprio su questa dimensione di controllo e osservazione: Minority Report e The Truman Show. Per i singoli visual, invece, in collaborazione con Marracash abbiamo cercato di dare a ogni brano una sua identità visiva precisa, pur mantenendo una coerenza di fondo, come il bianco e nero e la scelta di utilizzare solo immagini di archivio. Mi sono ispirata a opere come Koyaanisqatsi di Godfrey Reggio, che ha una forza ipnotica nel raccontare il rapporto uomo-società, e al classico Metropolis di Fritz Lang, con le sue visioni distopiche e architettoniche. Ma c'è anche molto della mia formazione nella video arte, che è stato il mio primo grande amore e continua a influenzare il mio approccio, soprattutto nella cura per il ritmo interno delle sequenze, il linguaggio e il rapporto tra suono e immagini".

Le influenze de Gli sbandati hanno perso

Un universo coeso, quello del visual album, dove ogni elemento contribuisse a far emergere il senso più profondo dei brani e dell'identità politica. Un impatto forte, fin dal primo ascolto, come sottolinea Chiara Battistini: "La prima emozione che ho provato ascoltando il disco è stata un forte senso di appartenenza. Ricordo di averlo cominciato e finito come si fa normalmente con un film, ogni brano ha composto nel mio immaginario una tessera di un puzzle amaro, credo sia un affresco importante del sentimento collettivo che prova la mia generazione".

Particolarmente riuscito il lavoro fatto su Gli sbandati hanno perso. Per la regista è stato "il brano più difficile da interpretare visivamente, la nostra prima reference era Il Grande Lebowski, ma ovviamente non potevamo utilizzare immagini della pellicola. Ho provato quindi a raccontare una notte di un gruppo di giovani in cerca di distrazione e di risposte in una grande metropoli. C'è il divertimento ma anche un sottotesto di alienazione ed esistenzialismo nelle immagini selezionate".

La bolla come punto di osservazione

Nei videoclip che compongono l'album ci sono due punti di osservazione, il nostro e quello di Marracash. Così la regista:"L'unione dei due punti di vista, quello del narratore e dello spettatore sono emersi in maniera naturale, la prima immagine che ho avuto ascoltando l'album è proprio stata quella di Fabio che come sempre nei suoi dischi racconta sé stesso e quello che lo circonda, la sua percezione della realtà, che da soggettiva diventa universale".

Il concetto di visual album, tra l'altro, è un'ulteriore evoluzione del concetto di videoclip, esploso negli anni Novanta. "Il videoclip è cambiato nel corso degli anni parallelamente alla sua fruizione", ci dice la regista, "Ora è tutto a portata di un click, non c'è più l'attesa della rotazione in tv. Questo ha sicuramente aumentato la produzione in maniera esponenziale, diminuendo di conseguenza da un lato la qualità e la ricerca creativa, dall'altro però rendendo accessibile a tutti la possibilità di mostrare il proprio progetto sulle piattaforme".

E se si pensa ai videoclip, non si può non citare Mtv. "Ho avuto la fortuna di lavorare ad Mtv come regista per un periodo, era un ambiente fantastico dove crescere professionalmente", confida Chiara Battistini. "Negli anni '90, i videoclip musicali sono diventati una vera forma d'arte, spesso diretti da registi visionari: Chris Cunningham, Michel Gondry, Jonathan Glazer. Il mio preferito? Fatboy Slim - Weapon of Choice (con Christopher Walken) diretto da Spike Jonze".