Mark Ruffalo è una brava persona. Lo scriviamo così, d'emblée, in apertura. Del resto è abbastanza scontato sottolineare quanto sia anche un grande attore. Una costatazione spassionata che arriva subito dopo un'intervista durata venti minuti. Dovevano essere dieci, ne abbiamo rosicchiati una manciata in più, e quindi grazie all'ufficio stampa. È stato lo stesso Ruffalo, tra l'altro, ad allargare il prospetto, puntando ai temi nevralgici, e strettamente attuali, permettendoci di sforare con i tempi. "Bisogna sempre prendere posizione, esprimere le proprie idee senza paura", dice.

L'appuntamento con Mark Ruffalo è alle undici, in un'assolata e bollente mattina di fine giugno. Arriva spaccando l'orologio. La sera prima ha preso parte a una delle migliori serate de Il Cinema in Piazza, organizzato dalla Fondazione Piccolo America, raccontando Amarcord di Federico Fellini. Una marea di gente, come da tradizione. Appena arrivato al Cinema Troisi - qualche ora dopo avrebbe preso parte ad un altro incontro, insieme a Bennett Miller -, Ruffalo stringe le mani, si presenta, saluta, lancia occhiolini. T-shirt blu, occhiali infilati nel girocollo. Una schedule snella, rilassata, in totale libertà. Il clima perfetto, insomma.
Con l'attore, che vedremo in Being Heumann di Siân Heder, abbiamo parlato della causa palestinese, della Marvel, della crisi del cinema e di Zohran Mamdani, candidato sindaco di New York. E poi, abbiamo parlato della paura, e di quanto "le cose possano sfuggire di mano, senza che ce ne rendiamo conto". Infine, abbiamo parlato di futuro. Quel futuro che deve essere "necessariamente sostenibile per tutti. Non solo per un gruppo di miliardari". Sì, Mark Ruffalo è una brava persona.
Mark Ruffalo: la nostra intervista

Mark, come se la passa il cinema americano contemporaneo?
"Non lo so. Sembra tutto molto instabile in questo caotico momento. Penso che stiamo attraversando una crisi di identità, ma forse anche una rinascita. Come tutto il resto. C'è un'incertezza che aleggia. E penso che con l'intelligenza artificiale non sappiamo cosa ci aspetta".
Cioè?
"Potrebbe esserci una tale esplosione di contenuti generati dall'intelligenza artificiale. È difficile immaginare come potremo interagire senza un sistema di regolamentazione o alcune protezioni per garantire che tanti posti di lavoro non vengano sostituiti da questa tecnologia. Non solo nel cinema, ma in tutti i settori dell'umanità. Quando parlo con persone che conoscono davvero l'intelligenza artificiale, mi dicono: "Non abbiamo idea di cosa ci aspetta nei prossimi tre anni. Sarà un colpo durissimo"".
Scorsese qualche giorno fa ha detto che non va più al cinema perché c'è troppo caos. Lei è d'accordo? Tra l'altro qui a Roma molte sale chiuse rischiano di non riaprire più...
"Voglio dire, Marty è sensibile... Lo conosco. Mi dispiace sentirlo perché so quanto ama il cinema, e spero che ci torni. Non credo che il cinema ci abbandonerà mai perché tutti lo amiamo. Vogliamo vivere l'esperienza, stare con un gruppo di persone che guardano un film. Ma penso anche che la competizione tra telefoni e schermi è così coinvolgente che tutti noi ne siamo diventati dipendenti senza rendercene conto, e nessuno ne parla in questi termini, o semplicemente come qualcosa che ci ruba tempo, perché è stato creato appositamente per questo".
Teme che gli smartphone possano sostituire il cinema?
"Ho paura che le cose ci sfuggano senza che ce ne rendiamo conto, come succede a molti tossicodipendenti, le cui vite scompaiono. E poi un giorno, forse, si svegliano e dicono: "Cosa è successo? Ho perso così tanto". Questo potrebbe essere parte di ciò che dobbiamo imparare come persone, come società. Spero di no, ma in questo mondo di oggi è qualcosa che mi preoccupa".
Tra attivismo e responsabilità

Lei è tra i pochi attori di Hollywood ad essersi impegnato nella causa palestinese. Oltre agli ovvi motivi, perché le sta a cuore?
"Sono consapevole da molto tempo di ciò che sta accadendo, probabilmente da un decennio, dal 2012. L'ho sempre vista come una questione di diritti umani. C'è un popolo oppresso, che subisce l'apartheid. Non è una cosa nuova per me. Quattro, cinque, sei, sette, otto anni fa ero molto solo, e quando la gente cominciava a parlare, si veniva attaccati".
Cosa pensa dei suoi colleghi che non si sbilanciano, temendo ripercussioni sulla carriera?
"C'è un gruppo a Hollywood che ti perseguita, ti contatta e cerca di farti cambiare idea, ti definisce antisemita, cercano di far sembrare che possano impedirti di lavorare. So per certo che non possono farlo. Da quando ho iniziato a parlare, lavoro di più e ho continuamente nuove opportunità di lavoro. Tuttavia c'è del sessismo. Se la prendono molto più duramente con le donne, sono molto più crudeli con loro e molto più dannosi. Le scelgono e poi cercano davvero di umiliarle pubblicamente. Per me la causa palestinese è una questione di diritti umani. Lo è sempre stata. Il popolo palestinese vive sotto occupazione, in una cella a cielo aperto, in un sistema carcerario".
Gli Stati Uniti d'America sono coinvolti. Che ne pensa?
"Le risorse di quel popolo vengono sottratte. La loro terra viene occupata dai coloni. Insomma, è chiaro che se questo accadesse in qualsiasi altro posto, diremmo che è sbagliato. E lo diciamo. Ma sono anche le bombe americane a farlo. Sono i soldi dei contribuenti americani. È un alleato che si definisce democratico. Quindi dovrebbe essere tenuto agli stessi standard che applichiamo a qualsiasi altro alleato. Se lo stesse facendo la Gran Bretagna, diremmo la stessa cosa. Per me è sempre stato così".

Si sente responsabile come artista?
"Se volete essere artisti, dovete capire e dovete essere onesti riguardo al mondo e alla verità. E se vuoi essere un artista di successo, allora devi dire la tua. E più lo fai, più ti avvicini alla gente. Quello che vedo è solo un silenzio. E per me è ripugnante. Mi fa immediatamente arrabbiare e fa emergere la mia ribellione. Non voglio che nessuno mi dica cosa posso o non posso dire in un mondo moderno".
Una presa di posizione, la sua, applicabile a molte altre battaglie...
"Non cercate di zittire la mia voce. E ogni attore, ogni artista, ogni persona dovrebbe seguire questa verità dentro di sé, se sente il bisogno di parlare. Perché più lo sopprimiamo, più perdiamo come esseri umani. E questa battaglia non rimarrà solo a difesa dei palestinesi. Ma anche dei gay. Si estenderà ad altri gruppi emarginati. Si estenderà alle persone di colore. Quello che perdiamo con la censura, lo perderemo ovunque col tempo".
Hulk, spacca! La crisi della Marvel e la nuova rinascita
Cambiando argomento, lei è tra i volti Marvel più amati. È vero che l'MCU sta vivendo una sorta di crisi?
"Come tutto il resto. Quando amiamo qualcosa la consumiamo, è come un dolcetto. La cosa bella della Marvel, e credo che sia ciò che le conferisce longevità, è che permette davvero agli autori, ai registi, di creare una visione e raccontare la storia. È questo che funziona meglio con loro: il fatto che permettono al regista di esprimere la propria voce, il proprio stile, la propria visione del mondo, dell'universo. Penso a Taika Waititi che realizza Thor: Ragnarok, così diverso da tutti gli altri film degli Avengers, o quando James Gunn realizza i Guardiani della Galassia, è un'esperienza nuova".

Qualcosa è cambiato, però?
"Quando la Marvel cerca di avere un controllo totale sui prodotti, penso che perda qualcosa. Comincia a sembrare tutto uguale. Credo si perda la sua particolarità, quando se ne fanno tanti. Ma è anche qualcosa che riguarda il Bene e il Male. L'umanità è predisposta per questa mitologia. La cercheremo sempre, in un modo o nell'altro. Che si parli del Pantheon o degli dei e delle mitologie greche, siamo predisposti per queste storie".
Thunderbolts* è un ottimo film, ora I Fantastici 4... Ci stiamo avvicinando ad una rinascita secondo lei?
"La Marvel avrà sempre il suo posto, proprio come le nostre religioni o le nostre mitologie. Ma sì, è tempo di rinascita. La saga ha avuto un successo straordinario. Sarà interessante vedere cosa succederà in futuro. Sono molto grato a questo grande universo, mi sono divertito molto nel prendere parte al franchise. Abbiamo realizzato dei film davvero belli e popolari".
Un mondo squilibrato
A proposito di futuro, c'è ancora speranza per noi?
"Assolutamente. Le cose non si possono capire senza soffrire. E il cambiamento non può avvenire senza un disordine estremo. Quando cambia, cambia rapidamente".
Un futuro che passa attraverso i giovani. Lei al Cinema in piazza ha raccolto centinaia di ragazze e ragazzi, parlando di Fellini.
"C'è una comunanza di pensiero. Stiamo iniziando a capire collettivamente qual è il problema. I paraocchi, la disinformazione, l'ignoranza, l'incomprensione stanno iniziando a svanire e il quadro sta diventando più chiaro. Non possiamo cambiare nulla finché non capiamo qual è il problema. Penso che collettivamente stiamo iniziando a capire questa disuguaglianza nella ricchezza, il degrado dei beni comuni, ciò che possediamo collettivamente, la nostra acqua, il nostro cibo, la nostra aria, che vengono sfruttati dalle aziende a nostro danno. I sistemi sanitari ci stanno danneggiando. C'è un sistema finanziario, politico ed economico che non funziona più per noi, collettivamente. Questo è il quadro che sta emergendo. Un movimento verso il populismo".
L'endorsement a Zohran Mamdani

Come resistere, come cambiare?
"Ci sono due scelte. Possiamo isolarci gli uni dagli altri, come stiamo vedendo accadere. L'idea del fascismo non è altro che loro e noi. Creare un altro, isolarsi, tenere fuori le persone. Ma non si possono tenere fuori le persone da un mondo che si condivide. Si dovrà sempre condividere quel mondo. Questo non cambierà mai, anche se andaste su Marte, cazzo".
Su Marte vogliono arrivarci i miliardari, intanto...
"Ma hanno ancora bisogno di noi qui sulla Terra. Questa è la realtà che stiamo cominciando a comprendere. La destra ha preso il concetto di populismo e lo ha distorto, dicendo che si tratta di noi contro loro. Ma la verità è che si tratta di noi contro noi stessi. Credo che la realtà ci costringerà ad accettarlo. Perché potremmo avere tutto. Tutti potrebbero essere nutriti. Tutti potrebbero avere una casa. La quantità di vestiti che buttiamo via, la merda che buttiamo via, il consumo che facciamo non ci porta a una maggiore felicità, ma solo a più merda e spazzatura. Quindi, se abbiamo così tanti rifiuti, è perché c'è tanta abbondanza. È una possibilità del nostro tempo, possiamo arrivare a capirlo e mettere in atto sistemi circolari, sostenibili, amichevoli, gentili, generosi. Voglio dire, dove sta scritto che devono esserci così tanti miliardari?".
E la politica americana, invece, come se la passa?
"Zohran Mamdani ha vinto le primarie come sindaco di New York City. Un socialista democratico alla guida della più grande città economica al mondo, è una cosa radicale. Questo la dice lunga sull'America, che è il motore esportatore di questo capitalismo distopico. Sta crollando dall'interno. Non è sostenibile. Sappiamo che non è sostenibile. Quindi ora dobbiamo chiederci: come possiamo creare un mondo sostenibile? Possiamo farlo? E possiamo farlo in tempo? Ma abbiamo tutta la tecnologia per farlo. Abbiamo tutto ciò che serve. E questo significa qualcosa".