Cos'è la musica? È un mondo che ti prende, ti avvolge, ti mette a confronto con i tuoi segreti più reconditi e i dolori più indicibili. Le voci che compongono il suo infinito archivio sono mani che ti accarezzano, o pugni che ti straziano. Una musica - parafrasando i famosi versi di Max Gazzè - può fare una e infinite cose, può far cantare, ballare, innamorare, sorridere, piangere. Un girotondo di emozioni che per alcune persone si tramuta in suoni fastidiosi, acuti insopportabili. Sono i risultati di chi soffre di "amusia", un disturbo talmente sconosciuto da essere screditato come semplice frutto dell'immaginazione di chi ne è colpito. Quel mondo senza musica, senza melodie e voci armoniose diventa tra le mani di Marescotti Ruspoli un film, intitolato per l'appunto Amusia, nelle sale dal 27 aprile 2023 grazie a 102 Distribution.
Quello di Amusia è un mondo da scoprire, amare; un piccolo universo in cui inserirsi, prendendo posto tra gli spazi angusti lasciati vuoti dalla musica. Un'opera voluta, amata, costruita con attenzione dal giovane regista Marescotti Ruspoli, come ci racconta lui stesso come un padre orgoglioso, in questa intervista.
Suoni mancanti per ancoraggi salvifici
Quello dell'amusia è un disturbo poco conosciuto, e per questo rimasto estraneo anche a un mondo come quello del cinema che di disturbi ne ha trattati molti. Viene quasi naturale chiedersi, dunque, come hai conosciuto tale disturbo e cosa ti ha spinto a portarlo sul grande schermo.
Ho conosciuto questo disturbo grazie a Musicologia, un libro scritto da Oliver Sacks, brillante scrittore e psichiatria inglese, ma cresciuto professionalmente a New York. Andando avanti con la lettura incappai in un capitolo - "Amusia" per l'appunto - dove si trattavano casi di pazienti che soffrivano di questo disturbo per motivazioni congenite o acquisite. Rimasi sconvolto dall'apprendere che vi sono persone - come nel caso di Livia - che soffrendo di amusia congenita, non hanno nemmeno il privilegio della scelta di sentire e comprendere o meno la musica, ossia di una forma d'arte che gioca un ruolo importante nella vita di tutti noi. Non posso immaginare cosa voglia dire per chi nasce con un deficit musicale vivere una vita senza aver mai potuto ascoltare una canzone come quelle di Lucio Dalla.
Analizzando a fondo il tuo film, è possibile anche considerare la malattia come pretesto per raccontare altri mondi e altre storie, come quella di due anime vaganti che si incontrano...
Diciamo che partendo da questo disturbo ho potuto raccontare qualcosa di molto più universale, come può essere la sensazione di sentirsi inadeguati, insicuri e sempre fuori luogo. Amusia è pertanto una ricerca di un salvagente, ossia di un qualcosa - come un libro o una città - o qualcuno destinato a salvarci.
Amusia, la recensione: la potenza visiva di una musica che non c'è
Architettare la sospensione onirica
Hai giustamente parlato di città, il che mi permette di collegarmi a una questione molto interessante come quella delle location. La loro scelta non è mai casuale, ma è dettata dalla necessità di sottolineare un dato carattere, o un certo comportamento sullo schermo. Penso allo stile razionalista del cimitero di San Cataldo così riverberante una personalità abitudinaria come quella di Lucio, o al paese di Tresigallo che riflette tutta l'atmosfera metafisica del tuo film. Che ruolo ha avuto pertanto la scelta delle location? E come è avvenuto il processo di selezione per quest'ultime?
Trovo il cinema come un mondo composto da vari reparti (da quello attoriale a quello della scenografia) ognuno dei quali è pronto a raccontare qualche cosa in più del film che va a costruire. Si prenda il cimitero di San Cataldo che, con la sola forza del suo aspetto, va a ricoprire nel mio film un ruolo narrante, fornendo qualche informazione in più circa il personaggio di Lucio. Per quanto riguarda Tresigallo, la sua scoperta parte tutto da mio padre, che è fotografo. Ho avuto la fortuna di crescere circondato da libri fotografici, e tra questi c'era anche Viaggio in Emilia di Luigi Ghirri. Dato che nessuno mi aveva commissionato lo sviluppo di Amusia, per mantenere viva l'ispirazione per un progetto auto-impostomi, pensavo a dove avrei voluto ambientare questo film.
Mi ritrovai così a sfogliare il libro di Ghirri e, pagina dopo pagina, mi imbattei in una fotografia scattata al cimitero di San Cataldo dopo una nevicata con il cubo rosso che sbuca in mezzo al manto bianco. Sembrava il ritratto di un luogo reale che sembra irreale: una sensazione, questa, di sospensione onirica che volevo conferire in toto al mio film e che mi portò a cercare scorci simili per tutta l'Emilia, attraversando questa regione in lungo e largo a bordo della mia Panda. Ed è così che mi ritrovai nel paesino di Tresigallo. Partendo da queste piccole tessere, e co-adiuvato sia da Luca Bigazzi, che dalla mia scenografa, iniziai a unire un pezzo dopo l'altro, finendo per costruire l'ambientazione metafisica che desideravo. Un'ambientazione che trova il suo massimo con Amour, un motel tipicamente americano, che in Italia è impossibile trovare (tant'è vero che nella realtà questo motel è una palestra di una scuola elementare).
Fellini, Lynch, Antonioni sono il sole, io Icaro
Collegandomi al motel Amour, molti dei miei colleghi hanno visto in esso un rimando al cinema di David Lynch; personalmente in Amusia ci ho visto anche un che di Wes Anderson, ma anche di Bertolucci, Fellini e Antonioni. Tagliamo la testa al toro e dicci, tra tutti questi maestri chi è stato il tuo punto di riferimento?
Per quanto riguarda un certo ambiente, come quello del motel, a giocare un ruolo di riferimento è stato forse Paris, Texas di Wim Wenders. Tra i nomi che hai citato confermerei assolutamente Lynch, Fellini e Antonioni come fonti di ispirazione. Ma sono nomi che mi devo limitare a sussurrare per quando grandi e immensi sono, sia per me, che per la storia del cinema.
Sono influenze talmente profonde le loro, che nemmeno mi accorgo di rifarmi alle loro produzioni. Se è possibile riscontrare dei rimandi, o delle influenze, è tutto frutto di un'operazione inconscia. In nessun modo il mio intento è quello di di emulare Lynch, Antonioni, o Fellini, anche perché finirei per sbagliare; loro sono il sole e io Icaro.
Buon compleanno David Lynch: i cinque film indimenticabili del suo cinema
Amusia e John Cage
Prendendo in prestito il giochino di domanda e risposta di Lucio e Livia, ti chiedo... qual è il tuo cantante preferito e quale brano pensi ti rispecchi maggiormente?
Ah cavolo, mi hai fatto due domande belle toste, anche perché oggi ti potrei rispondere in una maniera e domani in un'altra. Così di getto direi Lou Reed come artista preferito, mentre per la canzone azzarderei Fake Plastic Tree dei Radiohead. Ma sono risposte estemporanee, perché non faccio in tempo ad avanzare tale scelte, che già un altro artista, o un altro brano, mi viene in mente, portandomi a cambiare le mie risposte.
Rimanendo in tema di domande toste... se Amusìa fosse una canzone, quale sarebbe?
Se Amusia fosse una canzone credo che sarebbe un brano di John Cage, uno che con la musica e con il silenzio ci giocava parecchio.
Abbiamo iniziato con una domanda di rito, e direi di concludere allo stesso modo: stai già lavorando a un nuovo progetto?
Sì sì, sono già in fase di scrittura, anche perché al mondo d'oggi bisogna tenersi impegnati, altrimenti si pensa troppo.