Marco Turco, Boufangacha e Hafiene a Torino con La straniera

Regista e protagonisti del film, ambientato nel capoluogo piemontese, raccontano la loro esperienza sul set.

Il cast del film La straniera incontra il pubblico e i giornalisti per presentare al Torino Film Festival l'opera più multietnica in concorso. Ispirato all'omonimo romanzo dell'iracheno Younis Tawfik, scrittore che vive e insegna a Torino da più di vent'anni, il film è una favola sull'immigrazione e sull'amore, ritratta con delicatezza e desiderio di svelare una verità che va ben oltre i pregiudizi razziali e le convenzioni sociali. Protagonisti la bella Kaltoum Boufangacha nei panni di una Pretty Woman marocchina piena di vitalità malgrado le sofferenze vissute e il bravo Ahmed Hafiene, già apprezzato ne La giusta distanza, che interpreta la parte del "principe arabo" Naghib, architetto ricco e affascinante che vive in Italia da più di vent'anni. Il regista Marco Turco, che aveva realizzato la fortuna fiction Rino Gaetano - Ma il cielo è sempre più blu per la televisione, mette in scena una documentata realtà araba integrata con quella torinese senza sprofondare nei soliti cliché, ma ritraendo personaggi molto spigolosi e facendoli vivere un sogno in cui lui crede veramente. All'incontro con la stampa Turco ci parla di com'è nato il suo progetto, delle difficoltà che ha dovuto affrontare per portarlo a termine e del messaggio di speranza che ha veicolato per il grande schermo. Gli attori ci descrivono i propri personaggi, gli aspetti che condividono con loro, come si sono avvicinati alle tematiche che il regista voleva abbracciare e come hanno affrontato il problema linguistico.

Marco Turco questo film ha una lunga e travagliata storia, ce la racconta?

Marco Turco: Sì, ha avuto un percorso lungo, come capita spesso a tanti italiani, questo addirittura esagerato. Feci i primi sopralluoghi con l'autore del libro quasi dieci anni fa - sospira - ma poi quest'avventura è valsa la pena farla!! Siamo potuti entrare in relazione con questa città da tutti i punti di vista: Torino è una città italiana interessante per il tema della coabitazione e dell'integrazione tra persone diverse, che qui sono vissuti e sentiti in maniera vera.. E' una città in cuivsi fa un passo avanti rispetto a tante altre città italiane. La prima volta che ho visto a Porta Palazzo negozi con insegne arabe ne sono rimasto molto colpito. Gli immigrati di oggi hanno preso il posto degli immigrati di ieri, degli anni '50.

A quali elementi ha fatto riferimento per descrivere questa realtà?

Marco Turco: Mi sono ispirato alla storia del libro: la vicenda è raccontata dal punto di vista di due arabi, quindi è una cultura lontana da me, per me difficile da sondare. Mi sono affidato così all'autore. E ho avuto la possibilità di affrontare un tema come la multiculturalità senza farne un film sociale ma attraverso una storia d'amore. La straniera è un film concepito come una bella favola, come Cenerentola.

Ci sono delle differenza tra il romanzo e il film, soprattutto nella fine della sua opera. Quali sono le motivazioni che l'hanno spinta a operare queste modifiche?

Marco Turco: Gli sceneggiatori Monica Zapelli, Andrea Poporati e io ci siamo posti più volte il problema del finale del film anche perché il libro prende una piega che abbiamo in qualche modo modificato, come accade spesso nelle trasposizioni cinematografiche di opere letterarie. Il libro ha una conclusione più dura. Il nostro finale è venuto fuori perché in qualche modo avevamo voglia, con gli sceneggiatori, che finisse un po' come una favola, ma non con un classico "e tutti vissero felici e contenti" ma con un realismo che lasciasse la speranza, una speranza però con i limiti di una condizione... Il problema c'è, resta ed è inutile negarlo. Dovevamo ricreare quella barriera che esiste nella realtà italiana, quella del permesso di soggiorno degli immigrati e abbiamo provato a farlo con sequenze come quella in cui Amina supplica la poliziotta di non farla tornare in Marocco perché nel suo Paese ha avuto un passato doloroso.

L'immagine che il film dà dell'Italia, di Torino e della polizia è quella di un paese che non riesce a far stare bene chi viene qui dal Medioriente?

Marco Turco: Non credo. E in questo caso ha un ruolo significativo il personaggio della poliziotta, interpretata da Sonia Bergamasco, tra l'altro davvero incinta mentre era sul set. Nel libro il suo personaggio non c'è, ma c'è una vecchia torinese alla quale Amina racconta una sera la sua storia. Prima di iniziare la lavorazione del film mi sono documentato molto, ho contattato anche la polizia e ho capito che, aldilà dei problemi di comunicazione, i poliziotti sono quelli che più conoscono gli immigrati, specie nel momenti dell'arrivo in Italia. Ho conosciuto un'ispettrice, una "tosta" che si occupava delle donne arabe e mi ha confessato che la notte quando tornava a casa ripensava alle tante donne con cui aveva avuto a che fare e si metteva a piangere. Nel film, dopo la nottata passata insieme la poliziotta e Amina diventano quasi amiche, spariscono i loro vestiti e parlano come due donne. Questa ci sembrava una scelta giusta per dare con questo sguardo una particolarità e un'originalità che credo appartenga al film.

Ne La straniera gioca un ruolo molto importante anche la Torino araba, in particolare quei quartieri che Naghib non conosce. Come ha concepito quest'aspetto del film?

Marco Turco: Naghib è un torinese a tutti gli effetti, quella Torino che vede grazie ad Amina non era il suo mondo perché gli ricordava quello da cui era fuggito. Lui si ritrova con Amina a fare cose che faceva da ragazzo... e si racconta, elemento che ci piaceva molto inserire e sottolineare. Il film viene raccontato da entrambi i personaggi contemporaneamente. Abbiamo pensato a quel mondo arabo descritto da "Le mille e una notte": la notte in cui ascoltiamo la storia di Naghib insieme a lui e agli arabi, ai quali chiede aiuto per cercare Amina, è una favola vera e propria. Quando lui torna in Marocco e trova la sorella cresciuta e che rappresenta un po' lui quand'era partito verso l'Italia e lui le chiede se vuole venire in Italia, visto che aspira a ideali non condivisi da quel mondo, e lei risponde di no, fa un passo in avanti rispetto a lui. Essere un arabo in un paese come l'Italia di oggi non è più un problema d'immigrazione ghettizzata, ma le diverse comunità iniziano a mescolarsi qui come nelle altre società.

Ci parla del rapporto tra i due protagonisti, di come la storia con Amina riesca piano piano a far ridiventare Naghib quello che aveva quasi dimenticato?

Marco Turco: Naghib è un immigrato arabo, ma non è partito dal suo paese spinto dalla fame e dalla povertà, ma perché il suo mondo gli stava stretto, per il suo amore per l'occidente in cui vede da ragazzo qualcosa in più, per una libertà di pensiero. Spinto dal desiderio di "modernizzarsi", decide di venire in Italia e trasformarsi in un italiano, senza pensarci più di tanto. E' significativo che la prima volta che nel film incontra la giovane prostituta Amina, che gli si rivolge in arabo, lui risponda che la sua lingua è l'italiano, denunciando immediatamente una rimozione del passato e della propria identità.

Signor Hafiene com'è avvenuto l'incontro con il suo personaggio e con il regista Turco?

Ahmed Hafiene: L'amore fa svanire l'ottusità di chi si trova in certi contesti. Io sono tunisino e la cultura orientale mi appartiene. Come diceva lo scrittore Said, "Non andiamo verso le cose, ma aspettiamo che le cose vengano verso di noi"!
Ho incontrato Marco e ho letto la sceneggiatura. Per me è stata una bellissima sfida perché filmare una storia d'amore è sempre difficile. La prima volta l'ho letta in francese perché non conoscevo molte parole in italiano. Ho pensato subito che quell'incontro tra due culture differenti era affascinante. Per me il viaggio di Naghib è stato come un battesimo nel cinema italiano, avevo girato Sudafrica (nel 2005) con Gavin Hood, ma non avevo il presentimento di essere sul grande schermo. Poi mi sono ritrovato a interpretare un personaggio così raffinato, coinvolto in una storia d'amore che lo porta a essere altro dopo essersi innamorato.

Kaltoum Boufangacha ci parla della sua prima esperienza al cinema?
Kaltoum Boufangacha: Mi sono avvicinata al personaggio di Amina all'audizione a Parigi ed è stato facile per me perché il regista aveva bene in mente la chiave psicologica di questo personaggio e mi ha offerto tutta una serie di strumenti che io ho accolto a piene mani e fatti miei. Ho preso lezioni di italiano perché non conoscevo la lingua e ho affrontato il personaggio con la mente estremamente aperta ed è stato bello entrare nei panni di Amina. Il personaggio di Amina è quello di una donna che ha sofferto moltissimo in Marocco, ha vissuto un'esperienza disastrosa con il marito in Italia, ma cerca di gustarsi la vita come può.