Crazy for Football, S Is for Stanley ed ora Maradonapoli. Tre opere che segnano il ritorno o l'approdo al documentario di altrettanti registi accostati principalmente al cinema di finzione o al piccolo schermo. Titoli che nei primi due casi hanno regalato a Volfango De Biasi ed Alex Infascelli un David di Donatello grazie al racconto dell'impresa calcistica di un gruppo di pazienti psichiatrici ai campionati mondiali giapponesi e all'amicizia tra Stanley Kubrick ed il suo autista/tuttofare Emilio D'Alessandro.
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Alessio Maria Federici, accantonando momentaneamente i toni della commedia con i quali l'abbiamo conosciuto fin dal suo esordio al lungometraggio con Lezioni di cioccolato 2, realizza un docufilm dedicato a Napoli e al suo rapporto con El Pibe de Oro. In sala dal 1° al 10 maggio, Maradonapoli, non arriva nei nostri cinema in una data qualunque. Il 10 maggio 1987, nonostante un pareggio in casa con la Fiorentina, la squadra partenopea vinse infatti il suo primo scudetto a due anni dall'arrivo in Italia dell'argentino.
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"Dios"
Ma quel primo tricolore appuntato sulla maglia numero 10 non fu l'unico traguardo calcistico che il centrocampista contribuì a far vincere al Napoli. Un altro scudetto, una Coppa Italia, una Coppa Uefa e una Supercoppa italiana si aggiungono alla lista di trofei collezionati tra l'84 e il '91. Sette anni raccontati attraverso i ricordi degli stessi napoletani che rievocano tra nostalgia, passione, divertimento e commozione quel legame magico che unisce tuttora la città al Pallone d'oro. Dalla presentazione al San Paolo nel luglio dell'84 la memoria collettiva degli intervistati si fa personale grazie all'intreccio della storia calcistica di Maradona con quella intima di chi racconta. Ne scaturisce una narrazione capace di coinvolgere anche gli spettatori meno avvezzi al calcio, alla sua epica e ai suoi protagonisti. Senza addentrarsi nella sfera privata del calciatore, Maradonapoli, racconta il riscatto di una città e dei suoi abitanti attraverso le gesta del loro "Dios". Dal sud bistrattato e dimenticato d'Italia ne diventarono il centro grazie ad un ricciuto ragazzo argentino "più disponibile con il popolo che con il potere" che regalò loro speranza e magia, dentro e fuori dal campo.
Alessio Maria Federici, grazie anche all'ottimo montaggio di Christian Lombardi, è molto bravo a regalare ritmo visivo e narrativo al documentario. In equilibrio tra le strade di Napoli ed i suoi interni il regista ne immortala la vivacità ed il fermento grazie anche al commento musicale che ben si sposa con i rumori della città. Altri elementi a favore di Maradonapoli la fotografia nitida e luminosa e la fluidità tematica delle interviste.
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"Uno di famiglia"
Testimonianza della trasversalità dell'impatto "maradoniano" sulla città e i suoi abitanti il numero considerevole ed eterogeneo di intervistati. Dal venditore ambulante al giornalista, dall'ingegnere alla cuoca, dal pizzaiolo al sacerdote. Senza distinzione anagrafica o sociale Maradona ha unito ogni punto della città finendo per diventare tutt'uno con Napoli. Ne è la riprova la sua immagine disseminata in ogni suo angolo, tra murales, gadget e cappelle votive, come per sottolineare che da lì l'argentino non se n'è mai veramente andato. Una presenza, insieme al discreto quanto emozionate omaggio al sorriso e alla memoria del "giornalista-giornalista" Giancarlo Siani dipinto da Salvatore Iodice (tra gli intervistati), che fa da contraltare ai volti e alle parole di chi si commuove nel parlarne. Da sempre citato ed omaggiato dalla settima arte - ultimo in ordine di tempo Paolo Sorrentino con Youth - La giovinezza e The Young Pope - in Maradonapoli il calciatore compare in carne ed ossa solo in rarissime occasioni affidate a vecchie interviste nelle quali ricambia il sentimento per la città ed i suoi abitanti.
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Movieplayer.it
3.5/5