Debutta oggi su Netflix Maniac, una delle novità più attese della stagione televisiva, creata da Patrick Somerville, già sceneggiatore di The Bridge e di The Leftovers, che vede l'eccellente Cary Fukunaga tornare a dirigere un'intera miniserie televisiva dopo l'esperienza faticosa ma ricca di soddisfazioni registrata con il primo ciclo di episodi di True Detective.
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Certo Maniac non potrebbe essere più distante dallo show di Nic Pizzolatto, ma Fukunaga ha già dimostrato progetto dopo progetto una notevole capacità di destreggiarsi tra registri diversi e scenari immaginifici e certamente non si smentisce con questa prova: dieci episodi che scivolano via deliziosamente come un buon vino rosso, tra esplosioni di creatività e divertimento e momenti di grande risonanza emotiva.
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Un'avveniristica speranza di guarigione
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Anche a voler prescindere dalla necessità di non anticipare troppo su un intreccio lineare eppure ricco di sorprese e di svolte imprevedibili, è davvero difficile dare una definizione di una serie tv come Maniac, che racconta la vicenda di due personaggi tribolati e sofferenti e la inserisce in un contesto bizzarro e sopra le righe, quello di un incredibile programma di esplorazione della mente umana delle sue insanabili ferite tra farmacologia, tecnologia e psichiatria. Il collante che tiene insieme il tutto, oltre alla mano ferma e all'inventiva della messa in scena di Cary Fukunaga, sono il cuore e l'energia delle performance dei due protagonisti Emma Stone e Jonah Hill (anche produttori esecutivi di Maniac), che oltre a dare prova della vasta gamma espressiva del loro talento, approfittano dell'occasione per sfoggiare mise estrose e acconciature improbabili, trasformandosi ad ogni svolta del labirinto mentale di Maniac in incarnazioni diverse delle fragilità, dei sensi di colpa irrisolti e dei ricordi dolorosi di Annie e Owen.
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Emma Stone e Jonah Hill, che si ritrovano undici anni dopo l'irresistibile SuxBad - 3 menti sopra il pelo, interpretano due persone che attraversano una crisi profonda e apparentemente irreversibile: Annie Lansberg è una ragazza con sintomi del disturbo borderline che rivive ossessivamente il trauma della perdita della sorella, mentre Owen Milgrim è il giovane rampollo di una famiglia ricca e potente che lo tiene in pugno con la minaccia di farlo internare - è schizofrenico e ha avuto gravi episodi psicotici e allucinatori in passato - per costringerlo a rendere falsa testimonianza al processo del fratello, accusato di violenza sessuale. I due vengono reclutati per un avveniristico e rivoluzionario esperimento scientifico/ farmaceutico che promette di aiutarli a riconciliarsi con il proprio passato regalando una possibilità di vita migliore.
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Ucronia vintage
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Attorno al luogo in cui i due vivono la loro avventura multiforme e rivelatrice, turbina un mondo vagamente futuristico, punteggiato di elementi stilistici vintage che amplificano il paradosso e lo straniamento, ma anche lo humour di uno show capace di parlare di solitudine e disagio mentale con leggerezza e naturalezza attraverso personaggi convincenti e uno sviluppo narrativo immaginifico sì, ma mai cervellotico. Accanto ai magnifici Stone e Hill si sprecano gli interpreti di valore, dall'incantevole e magnetica Julia Garner a un grottesco e buffo Justin Theroux, dalla splendida e carismatica Sonoya Mizuno fino all'inimitabile Sally Field alle prese con un bizzarro doppio ruolo: immaginate HAL 9000 femmina. Immaginatela più potente. E adesso immaginatela innamorata.
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Potremmo continuare citando l'ineffabile Rome Kanda, o Gabriel Byrne, protagonista di alcuni dei momenti più sanguinosi dello show (sì, ci sono pure quelli!), invece vi invitiamo a non perdere altro tempo e andare godervi uno show degno del binge watching più gratificante e decadente. Buon viaggio!
Movieplayer.it
4.0/5