Making of, la recensione: una commedia umana ambientata dietro le quinte di un film

Cèdric Kahn firma una tragicommedia in cui mette in scena tre storie che si intrecciano e sovrappongono tra di loro. Una riflessione sul cinema. Non idealizzato ma, bensì, mostrato come un lavoro fatto di fatica, impegno e, talvolta, ingiustizie.

Un'immagine di Making of

Sono svariate le opere meta-cinematografiche diventate dei veri e propri classici. Dal lontano 1952 con Il bruto e la bella passando per dei capolavori come Effetto Notte e Mulholland drive fino alla più recente miniserie Irma Veep di Olivier Assayas. Ad allungare la lista ci pensa Cèdric Kahn con Making of, pellicola presentata a Venezia 80 ora in sala con I Wonder Pictures.

Making of e uno sguardo onesto sul dietro le quinte del cinema

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Denis Podalydès è Simon, il regista protagonista del film

Ma Making of non ha nessuna intenzione di idealizzare o romanticizzare quello che accade dietro l'obiettivo della macchina da presa. E mette le cose in chiaro fin dalla prima sequenza in cui, sulle note di Roméo et Juliette di Berlioz, assistiamo alla rivolta di un gruppo di operai decisi ad occupare la fabbrica per cui lavora. Una sequenza concitata interrotta dallo stop del regista Simon (Denis Podalydès) dopo che, nel bel mezzo dell'azione, l'odiato operatore chiamato ad occuparsi del making of del film non entra inavvertitamente nell'inquadratura.

Da lì entriamo in quella micro-società chiamata set, con le sue regole, le sue gerarchie e le sue nevrosi. Simon, sull'orlo del burnout e con un matrimonio al collasso a Parigi, sta cercando di realizzare un film di denuncia sociale su un gruppo di lavoratori che vuole scongiurare la delocalizzazione della loro fabbrica. Ma arrivare all'ultimo ciak è una piccola odissea, tra produttori che spingono per un lieto fine e minacciano di ritirarsi, finanziatori che si danno alla macchia, un protagonista incontenibile e una troupe stremata pronta a incrociare le braccia.

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Stefan Crepon è Joseph, aspirante regista

Cèdric Kahn lascia che tutto questo intreccio di avvenimenti tragicomici sia testimoniato dalla piccola macchina da presa di Joseph (Stefan Crepon), un'aspirante regista a cui Simon affida il compito di riprendere cosa accade nel corso della produzione (dopo aver tolto l'incarico al presunto raccomandato di turno). E quando il film a cui sta lavorando sembra perduto, sarà proprio quel making of a testimoniare cosa sarebbe potuto essere.

Tre storie intrecciate

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Xavier Beauvois e Denis Podalydès in una scena del film

Il regista francese prende tre storie diverse - un filmmaker in crisi, una pellicola su degli operai in sciopero e il making of di un film - che finiscono per mescolarsi e sovrapporsi incessantemente. Mentre Simon cerca di portare sul grande schermo la lotta di un gruppo di uomini e donne che combatte per resistere e vedere rispettati i propri diritti finisce per essere il capitano di una nave che rischia di affondare. Senza i soldi della produzione che reclama un lieto fine, la troupe dovrebbe lavorare gratis due settimane.

Un parallelo interessante che parla senza idealismi del mondo del cinema, della catena umana che serve per realizzare un film e delle condizioni spesso faticose e ingiuste nelle quali si è chiamati a muoversi. "L'arte è una rapina in banca" afferma il produttore con il volto di Xavier Beauvois che, però, al desiderio di Simon di ritirarsi non ha dubbi: "Nessuno lascia il cinema. Moriremo sul set".

Più punti di vista

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Una scena di Making of

Making of mette in scena anche una riflessione sulla solitudine del regista contrapposta alla collettività della macchina cinematografica. Due punti di vista diversi che Cèdric Kahn non cerca di far prevalere l'uno sull'altro. Così come è interessato a raccontare la pluralità di sguardi e opinioni che gravitano attorno alla realizzazione del film di Simon. Ne è un esempio la sequenza in cui il regista siede al tavolo con i produttori che intimano di ritirarsi se la pellicola non avrà un happy ending. Entrambe le motivazioni sono legittime ed è questo coesistere di più punti di vista a rendere così interessante la sceneggiatura.

Il film di Cèdric Kahn racconta il cinema come un lavoro - bellissimo, faticoso, iniquo - e non come un luogo di soli privilegi e lustrini. E anche solo per questo andrebbe visto. Perché la sua angolazione permette a chi guarda di scoprire qualcosa in più di un mondo troppo spesso idealizzato o non preso sufficientemente sul serio. Making of, tra ironia e dramma, mette in scena un gran caos. Così simile alla vita.

Conclusioni

Cèdric Kahn prende tre storie distinte e le unisce in un'unica pellicola facendole intrecciare e sovrapporre tra di loro. Il risultato è un'interessante, divertente e, a tratti, drammatico sguardo al dietro le quinte di quella micro-società che è il set. Uno degli aspetti più interessanti è la ricca varietà di punti di vista messi in scena, ognuno a suo modo valido, che permettono di far scaturire una serie di riflessioni in chi guarda. Una tragicommedia sul cinema mostrato per quello che realmente è: un lavoro bellissimo fatto di impegno e fatica.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • Il racconto del cinema come un lavoro, fatto di fatica e ingiustizie
  • La pluralità dei punti di vista e la ricchezza delle sfumature
  • Un cast di ottimi attori
  • I diversi stili di regia che accompagnano le altrettante storie
  • Il parallelismo tra la situazione degli operai e quella della troupe

Cosa non va

  • Chi non ama i film ricchi di linee narrative faticherà a seguire