L'uomo senza colpa, la recensione: storie di vittime e carnefici

La recensione de L'uomo senza colpa, opera prima di Ivan Gergolet sulle morti per amianto. Tra dramma psicologico e denuncia sociale.

L'uomo senza colpa, la recensione: storie di vittime e carnefici

Il desiderio di vendetta, il non detto, il Nord-Est industriale e sospeso al confine con la Slovenia e quello spazzato via dalla piaga dell'amianto. La tragedia dei morti d'amianto trova spazio in un modo tutto suo all'interno di un'opera prima solida, compatta e feroce come proveremo ad analizzare nella recensione de L'uomo senza colpa di Ivan Gergolet. Un film in cui il dramma personale si intreccia con le grandi storie del Paese sfruttando le dinamiche psicologiche tra i personaggi e un linguaggio cinematografico in equilibrio tra thriller e tragedia. Gregolet, classe 1977, originario di Montefalcone con alle spalle una gavetta consumata tra cortometraggi e documentari, dimostra al suo debutto di un lungometraggio di finzione di saper maneggiare con abilità la grammatica del cinema d'autore. Dopo aver vinto il premio "Ettore Scola" per la regia all'ultimo Bifest, il film è in sala dal 22 giugno.

Morti per amianto: una storia di visioni e lutti

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L'uomo senza colpa: una scena del film

Una spietata storia di confine tra incubi, visioni oniriche, vittime e carnefici e una denuncia sociale che trova il suo compimento nelle parole dei titoli di coda de L'uomo senza colpa: ogni anno circa 100 mila persone muoiono per esposizione all'amianto sul posto di lavoro. Suona quasi come una richiesta di giustizia, quella che ancora in migliaia aspettano davanti a un tribunale che gliel'ha negata o riconosciuta solo per metà. È quello che succede alla protagonista del film Angela (Valentina Carnelutti) una vedova dell'amianto di cinquant'anni che lavora in ospedale come addetta alle pulizie.

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L'uomo senza colpa: una scena del film

Qui scopre che Francesco Gorian (Branko Završan), l'ex datore di lavoro del marito, è appena stato ricoverato a causa di un ictus; il figlio di Gorian completamente all'oscuro del legame che unisce suo padre a quella donna così gentile e di poche parole, le chiede di lavorare come badante una volta dimesso. E Angela accetta l'offerta accarezzando l'idea di consumare la propria vendetta e punire quell'uomo condannandolo alla solitudine, salvo rendersi conto di non essere in grado di portare a termine il suo piano. La rabbia e l'ossessione che rischiano di farle perdere tutto ciò che le resta, la sua migliore amica, sua figlia, la propria dignità, lasceranno progressivamente il posto al perdono.

Il corpo a corpo tra vittima e carnefice

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L'uomo senza colpa: una scena del film

L'idea di un cinema civile e impegnato resta sempre sullo sfondo, a prevalere è invece un racconto intimo, esistenzialista interamente strutturato sulla sottrazione: pochi dialoghi (recitati in sloveno nei momenti di forte tensione), molti silenzi e una danza di corpi. È da qui che passa il duello tra Angela e Francesco, un vero corpo a corpo alimentato dalle viscerali performance degli interpreti. Valentina Carnelutti, attrice immensa ma da sempre sottovalutata, compie un vero miracolo: con la sola complicità dei gesti, la forza espressiva dello sguardo e una corporeità straripante si prende tutta la scena, la cannibalizza e incombe con una dirompente sete di vendetta. Branko Završan privato totalmente dell'uso della parola e semiparalizzato fa il resto, così la relazione tra i due protagonisti diventa uno scontro fisico carico di tensione, senso di rivalsa e astio: lei lo imbocca, lo lava, ne pulisce lembi di pelle, lo strattona, lui si sottrae, poi soccombe, infine prova a molestarla. Il regista esplora così la psicologia della vittima e del suo carnefice in un continuo ribaltamento dei ruoli, mentre tutto intorno si consumano rapporti controversi di madri incomprese e figlie rabbiose, di famiglie spezzate, di padri solitari e figli amorevoli.

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L'uomo senza colpa: una scena del film

L'amianto invece è un killer invisibile invocato dalla malattia che finirà per divorare anche l'amica della protagonista, Elena, da piccoli frammenti della memoria e dalla sequenza inziale, un incubo che mostra un gruppo di persone con abiti e volti impolverati in un'aula di tribunale, mentre sullo sfondo si fanno largo le note di un canto classico, quasi una liturgia Rinascimentale, una sorta di Requiem che ripete sempre la stessa parola, "polvere" in sloveno. Tutto intorno echeggiano le atmosfere del litorale del Nord-Est e campeggia l'immagine mai però effettivamente mostrata in scena dei cantieri navali di Monfalcone, luogo simbolo delle morti per amianto. Il racconto procede con uno stile minimale e rigoroso, lungo la sottile linea di confine tra la vendetta e il perdono fino alla pacificazione finale, con l'ammissione di colpa e la condivisione collettiva del dolore che su un piano puramente ideale redime e risarcisce. In attesa che giustizia venga pienamente fatta, come ci ricordano amaramente i titoli di coda.

Conclusioni

Come detto nella recensione de L'uomo senza colpa Ivan Gergolet si dimostra un fine narratore, capace di padroneggiare con abilità il linguaggio del cinema d'autore. Uno stile minimale costruito sulla sottrazione e un paio di intuizioni che gli consentono di collegare con estrema naturalezza il dramma personale con quello delle grandi storie di questo paese, ne rivelano coraggio e audacia. Il regista riesce inoltre nel miracolo di saper dirigere gli attori, cosa spesso rara in un’opera prima; suo anche il merito di aver saputo valorizzare un'attrice sottovalutata come Valentina Carnelutti.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
5.0/5

Perché ci piace

  • Un racconto intimo ed esistenziale in perfetto equilibrio tra dramma psicologico e denuncia sociale.
  • Il ribaltamento dei ruoli tra vittima e carnefice.
  • Un film fatto di silenzi e pochi dialoghi, teso e rabbioso, affidato alla corporeità dei suoi interpreti impegnati in un vero corpo a corpo.
  • L'abilità con cui Ivan Gergolet dimostra di saper dirigere gli attori.

Cosa non va

  • Alcune dinamiche relazionali avrebbero meritato un approfondimento maggiore.