L’uomo fedele, la recensione: il ménage à trois secondo Louis Garrel

L'uomo fedele, la recensione del secondo film da regista di Louis Garrel: un gioco di seduzioni e sentimenti incrociati fra coppie che si sciolgono e si ricompongono.

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L'uomo fedele: Laetitia Casta e Louis Garrel in una scena

Probabilmente nessun attore, negli ultimi vent'anni, ha incarnato lo spirito della nostalgia per la Nouvelle Vague, e il tentativo di riproporne temi e stilemi in chiave contemporanea, quanto Louis Garrel. Tra i volti-simbolo del cinema francese del nuovo millennio fin dai tempi di The Dreamers di Bernardo Bertolucci, Les amants réguliers di suo padre Philippe Garrel e Les chansons d'amour di Christophe Honoré, Garrel, oggi trentacinquenne, si è costruito un'immagine d'attore a metà strada fra l'ingenuo eroe truffautiano Antoine Doinel e uno spregiudicato seduttore alla Jean-Paul Belmondo; e i richiami ai suoi numi tutelari, così come alla figura di Doinel, si ritrovano anche nella sua seconda opera da regista, come ci accingiamo ad illustrare nella nostra recensione de L'uomo fedele (presentato in Italia al festival Rendez-vous), di cui il prolifico Garrel è anche l'interprete al fianco di sua moglie, Laetitia Casta.

Louis Garrel e il gioco delle coppie

L'antefatto del film consiste in una scena il cui doloroso (?) impatto emotivo crea un netto contrasto con l'apparente pacatezza delle reazioni dei personaggi, con effetto quasi straniante: Abel, che ha il volto di Louis Garrel, riceve dalla fidanzata Marianne (Laetitia Casta) la notizia che la donna aspetta un figlio, ma dal migliore amico di Abel, Paul (una presenza-fantasma che non comparirà mai sullo schermo), con cui Marianne ha da tempo una relazione clandestina e per il quale ha deciso di lasciare Abel. Le dinamiche di questa coppia ormai agli sgoccioli sono evidenti fin da subito: alla risolutezza un po' spregiudicata di Marianne fa da contraltare l'atteggiamento docile e remissivo dell'uomo, che se ne va via di casa con il naso sanguinante e, nelle sue stesse parole in voice over, osserva la propria giovinezza "che si allontana a poco a poco".

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L'uomo fedele: Laetitia Casta in una scena

Quasi un decennio più tardi, l'improvvisa morte di Paul riunisce di colpo Abel e la neo-vedova Marianne, con l'affettuosa complicità di suo figlio Joseph (Joseph Engel), che da subito si lega ad Abel, per quanto la sua fervida immaginazione lo induca a sospettare una mano misteriosa dietro la dipartita del padre. Ma nell'equazione di ritrovata e perfetta armonia del rapporto fra Abel e Marianne interviene un'altra variabile: Eve (Lily-Rose Depp, sempre più somigliante alla madre Vanessa Paradis), la sorella minore di Paul, da sempre infatuata di Abel e pronta a dichiarare guerra a Marianne pur di conquistare l'uomo che ha sempre desiderato. Il gioco delle coppie assume quindi la divertita lievità di una commedia del teatro classico francese: una commedia in cui è sempre Marianne, ovviamente, a tirare i fili, con Abel in versione burattino pronto a passare da un letto all'altro, ma con una 'obbedienza' che giustifica il titolo del film.

Una girandola sentimentale fra Truffaut e Rohmer

I conflitti, ne L'uomo fedele, non sono mai davvero dolorosi o violenti, ma si lasciano condurre e disfare da una leggerezza che riporta alla mente il settore più 'solare' della filmografia di François Truffaut, quello di film come Baci rubati e L'uomo che amava le donne. L'osservazione distaccata, talvolta perfino beffarda delle relazioni di coppia e dei loro meccanismi sempre sul punto di incepparsi rimanda invece a Eric Rohmer, altro imprescindibile patrono di tanto, tantissimo cinema francese (e non solo) dell'epoca attuale. E desta curiosità il fatto che, in fase di sceneggiatura, Louis Garrel si sia avvalso della collaborazione di un gigante della statura di Jean-Claude Carriere, maestro ottantasettenne la cui sapiente ironia ha contribuito a scrivere alcuni fra i più bei capitoli della settima arte.

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L'uomo fedele: Lily-Rose Depp in una scena

In questa occasione, tuttavia, l'ironia dello script si ferma a un livello più superficiale: il film non scava nei personaggi e nella contraddittorietà dei loro stati d'animo, ma alterna momenti di maggiore autenticità a una "girandola sentimentale" che scorre in maniera fin troppo frettolosa, lasciando il dubbio che, negli appena settanta minuti di durata, Garrel si sia limitato a un grazioso esercizio di stile. E alle consuete strizzate d'occhio cinefile, con il piccolo detective Joseph in grado di indovinare con largo anticipo il colpevole durante una proiezione del noir d'annata Lo strano amore di Marta Ivers, così come di incrinare le certezze dei suoi comprimari adulti.

Conclusioni

Louis Garrel, nella triplice veste di sceneggiatore, regista ed interprete, prende in prestito alcuni modelli della Nouvelle Vague e del cinema truffautiano, costruendo una commedia sugli amori incrociati che non spinge in profondità la riflessione sui sentimenti, ma preferisce mantenersi su un terreno più brillante e giocoso. Se nella nostra recensione de L’uomo fedele abbiamo illustrato i caratteri di tale ‘gioco’, l’impressione complessiva è quella di un film gradevole ma alquanto esile, che riesce a restituire solo in parte le atmosfere, lo spirito e il fascino della saga di Antoine Doinel.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
2.1/5

Perché ci piace

  • La grazia e l’ironia adoperate da Louis Garrel per raccontare i sentimenti e i rapporti di coppia.
  • I richiami al cinema del passato e le pennellate noir affidate al personaggio del piccolo Joseph.

Cosa non va

  • Lo scarso approfondimento della dimensione psicologica dei personaggi e delle loro scelte.
  • L’indugiare su alcuni schemi del filone di appartenenza, che stempera il coinvolgimento e talvolta rende il film prevedibile.