Opera per certi versi interessante quella che andremo ad analizzare nella nostra recensione de L'uomo dal fiore in bocca. Il film è tratto dall'atto unico scritto da Luigi Pirandello e viene adattato da Gabriele Lavia rispettandone la dimensione teatrale. Due soli personaggi, un'ombra di una donna, una stazione ferroviaria e un lungo temporale che sembra non finire mai. Tanto basta per portare in scena un dialogo sulla vita e sulla morte, sulla felicità e la tristezza e sul mistero dell'esistenza umana. Si tratta di vero e proprio teatro filmato, ma che ne acquisisce anche una dimensione cinematografica grazie alla fotografia e alla scenografia particolarmente riuscite ed efficaci. Il film è disponibile dal 30 dicembre esclusivamente su RaiPlay.
Un dialogo senza tempo
Un treno che corre sui binari sotto la pioggia battente di un temporale quasi innaturale. Pochi riflessi di luce illuminano i vagoni. Il treno si ferma brevemente a una stazione ferroviaria dimessa e deserta, se non fosse per un vecchio vestito di nero in sala d'attesa e una misteriosa ombra femminile. Prima che un pacifico avventore, con ombrello e venti pacchetti regalo per la sua famiglia, riesca a raggiungere e salirci sopra, il treno riparte, lasciando i due uomini in attesa. Un'attesa che sembra infinita, in una dimensione dove il tempo pare non venire rispettato (mancano le lancette agli orologi), riempita da sfoghi personali e elucubrazioni sull'esistenza umana. I due uomini cercheranno non solo di conoscersi, ma diventeranno messaggeri di una condizione che appare senza tempo (la vicenda è ambientata in un indefinito passato). Perché non si smetterà mai di avere paura della morte o di trovare l'infelicità nelle piccole cose. L'opera teatrale di Pirandello viene rispettata soprattutto al cuore, anche se, per raggiungere la durata minima di un lungometraggio (73 minuti di durata complessiva), Lavia ha scritto una nuova sceneggiatura, pur rispettandone la letterarietà.
Attori sul palcoscenico
Proprio il linguaggio utilizzato crea un corto circuito tra opera filmica e opera teatrale. L'italiano aulico e letterario non consente una forte empatia verso i personaggi, relegando il testo a un pubblico adulto e particolarmente interessato alla vicenda che è ben disposto ad assistere a un film che presenta tutte le caratteristiche di uno spettacolo teatrale (come la presenza di parecchie battute ripetute e un certo grado di irrealismo in ciò che viene pronunciato). L'interesse, quindi, è legato più alle tematiche affrontate e all'intellettualismo in esse contenute che alla costruzione dei personaggi, inscatolato nei propri ruoli metaforici. La coppia di attori presente in scena funziona perfettamente: Gabriele Lavia fornisce una performance da maestro, credibile e appassionata, mentre Michele Demaria alleggerisce il clima cupo che soffoca l'atmosfera. Proprio quest'ultima è uno degli elementi vincenti del film, che sa catturare lo spettatore sin dalle prime immagini, portando la vicenda in un clima quasi onirico, da incubo. La fotografia plumbea e leggermente surreale di Tommaso Lusena De Sarmiento unita alla scenografia essenziale ma funzionale di Dario Curatolo dona una particolare attrattiva al film.
Il mistero RaiPlay
Accettata l'estrema rappresentazione teatrale dell'opera, con i suoi pregi e i difetti, ci poniamo una riflessione legata al pubblico di questa versione de L'uomo dal fiore in bocca. Al momento il film di Gabriele Lavia è disponibile esclusivamente su RaiPlay, la piattaforma digitale streaming della Rai. È una scelta che sembra controproducente verso il pubblico di riferimento dell'opera, poco avvezzo alle nuove tecnologie di visione. Lontana da poter essere dedicata a spettatori eterogenei e, soprattutto, giovani, la mancata trasmissione su un canale televisivo ordinario rischia di nascondere l'opera anziché promuoverla. Appartenente a una distante concezione del film televisivo rispetto ai nostri tempi, sia attraverso il linguaggio utilizzato (davvero troppo teatrale) che nel ritmo del racconto (l'ora e un quarto non scorre velocemente), L'uomo dal fiore in bocca si chiude in quella stessa stazione ferroviaria, con gli orologi senza lancette e in attesa di un treno che forse è già passato o che forse non si fermerà.
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Conclusioni
Concludiamo la nostra recensione de L’uomo dal fiore in bocca riassumendo pregi e difetti di un adattamento che presenta luci e ombre. I due attori protagonisti sono in parte e funzionano, la fotografia e la scenografia donano al film una dimensione onirico e surreale magnetica. I dialoghi, però, sono sin troppo letterari e teatrali e possono mettere a dura prova gli spettatori. Un film a cui sembra mancare un vero pubblico di riferimento.
Perché ci piace
- Gabriele Lavia e Michele Demaria funzionano bene sulla scena e recitano convinti.
- Fotografia e scenografia contribuiscono a creare una dimensione irreale.
Cosa non va
- Il film è sin troppo teatrale sia nel linguaggio, alto e ripetitivo, che nel ritmo, chiudendosi rispetto a un pubblico eterogeneo.