Ambizione e passione. Con queste parole in mente iniziamo la nostra recensione di Luna Park, la nuova serie originale italiana Netflix, disponibile sulla piattaforma streaming dal 30 settembre. Sono evidenti entrambi gli aspetti nella costruzione del nuovo lavoro di Isabella Aguilar: il primo nella voglia di mettere in piedi qualcosa di articolato e ricco di personaggi e spunti da sviluppare; il secondo nella dedizione e cura per un'ambientazione suggestiva, che non è solo quella del Luna Park del titolo, a cui fanno capo alcuni dei personaggi, ma in generale la Roma degli anni '60 che prende vita in tutte le sue sfumature visive e tematiche. Questi i punti di forza di una serie a cui purtroppo non mancano problemi, che proveremo ad analizzare.
Un incontro magico
Sarà la suggestiva cornice di un Luna Park, sarà la lettura delle carte come espediente narrativo, ma c'è un che di magico e fiabesco nel primo incontro tra Rosa e Nora, sorelle inconsapevoli, che sono cresciute e vissute separate e incontratesi per puro caso: la prima è una ragazza della Roma bene, ossessionata come tutta la sua famiglia dalla scomparsa della sua gemella quando avevano solo un anno e mezzo; la seconda è una giostraia che proviene da tutt'altro contesto sociale, senza sapere delle proprie origini che le sono state tenute nascoste. Siamo nel 1962 e il mistero che riguarda le due sorelle, che è il cuore portante di Luna Park, si sviluppa sullo sfondo della Roma della Dolce Vita, animata da glamour, libertà e voglia di divertirsi ed emergere.
81 serie TV da guardare su Netflix - Lista aggiornata a luglio 2021
Due sorelle, due famiglie, tante storie
Un contesto ricco di spunti che trovano sfogo in una pluralità di personaggi provenienti da diversi ambiti ed estrazioni sociali: se da una parte c'è la famiglia Gabrielli a cui appartiene Rosa (l'esordiente Lia Greco), con la sua impronta benestante e borghese, la voglia di affermarsi e imporsi nella società del tempo, dall'altra troviamo i Marini, la famiglia di giostrai che ha cresciuto Nora (Simona Tabasco). I due poli attorno a cui gravitano altri personaggi, dai comunisti Baldi a cui appartengono il ragazzo di Rosa, Matteo, e suo fratello Simone, alla stella del cinema Sandro Ralli, un magnetico idolo delle folle interpretato da Giulio Corso, e i pericolosi cugini Grotta.
Tanti volti, tante storie. E così poco tempo per approfondirle. I sei episodi di Luna Park appaiono fin da subito troppo pochi per dare a ognuna di queste figure il giusto spazio in cui sviluppare il proprio cammino. Troppa carne a fuoco, si potrebbe dire, con l'inevitabile conseguenza di perdere di vista quella che è l'anima della serie, o quantomeno di questa prima stagione: è evidente l'ambizione di aver pensato sin da subito un contesto narrativo più ampio dello spunto di partenza, ma sembra che nel corso del cammino produttivo la pluralità di voci che compongono l'ambientazione sia arrivata a sopraffare quella sottile ed emozionante delle due sorelle protagoniste.
Uno spaccato credibile della Roma degli anni '60
Un'altra conseguenza del tanto materiale da veicolare nello spazio a disposizione è di alcuni passaggi fin troppo bruschi e poco credibili, che avrebbero avuto bisogno di una gradualità di racconto maggiore per essere messi a fuoco. Un peccato, perché Isabella Aguilar è abile nel costruire una scansione episodica efficace, che incuriosisce e porta a quel binge-watching che è l'anima di Netflix: Luna Park è una serie che si guarda tutta d'un fiato, ma a fine visione lascia con l'amaro in bocca per non essere andata abbastanza a fondo di tutte quelle potenzialità che ogni storyline promette senza mantenere, tra incursioni nel mondo dello spettacolo, lotta di classe, accenni crime o spionistici e una vaga deriva soprannaturale che lascia spiazzati.
Non si può considerare ugualmente insoddisfacente la ricostruzione storica che i personaggi contribuiscono a tratteggiare, al netto di qualche interprete meno in parte degli altri: le loro storie sono il cuore pulsante della Roma degli anni Sessanta di Luna Park e ne incarnano le tematiche socio-politiche, gli istinti, i drammi e le passioni, ma alle loro spalle si erge una costruzione visiva che rende giustizia alla città degli anni della Dolce Vita, tra luci e sfarzo che colorano la sua immortale bellezza. Uno spaccato realistico in parte minato dalla scelta di aggiungere canzoni moderne come accompagnamento, che rischiamo di allontanare lo spettatore dal contesto, ma che si conferma riuscito anche quando la serie fa un passo indietro agli anni '40 per raccontare un necessario flashback, al quale la suggestione fiabesca del Luna Park aggiunge fascino.
Conclusioni
Nel chiudere la recensione di Luna Park e assegnare un voto alla serie dobbiamo cercare una sintesi tra i pregi individuati, che risiedono nel ritmo e nella ricostruzione storica messa in piedi, e i problemi riscontrati, che ci sembrano per lo più figli delle troppe vie che si è scelto di seguire nei soli sei episodi della prima stagione, che sfociano in passaggi bruschi o poco credibili. Luna Park è sicuramente una serie che si guarda tutta d’un fiato, ma a fine visione lascia con l’amaro in bocca per i troppi spunti incompiuti. In attesa di una seconda stagione che possa approfondire storie e personaggi, aggiustando il tiro.
Perché ci piace
- La ricostruzione storica della Roma anni ’60, riuscita e credibile sia dal punto di vista tematico che visivo.
- La storia riesce a incuriosire e catturare l’attenzione per tutta la durata del racconto.
- Simona Tabasco e Lia Grieco tratteggiano con cura il rapporto tra le due sorelle ritrovatesi.
- L’atmosfera del Luna Park è suggestiva…
Cosa non va
- …ma sfruttata troppo poco.
- Non tutti i membri del cast si allineano sulla stessa qualità.
- Sei episodi risultano insufficienti a sviluppare in modo adeguato i tanti spunti introdotti dalla storia.