C'è stata molta polemica all'annuncio del programma di Cannes 2016 riguardo l'assenza di Italiani in concorso, ma a conti fatti la presenza nostrana alla kermesse francese non è affatto ridotta e conta di ben sei titoli disseminati nelle varie sezioni parallele. Il primo di questi ad essere presentato in quel di Cannes è stato il documentario diretto dal greco Thanos Anastopoulos insieme a Davide Del Degan, per una coproduzione Italia/Grecia/Francia che non ha ancora una distribuzione ufficiale - ma ci sono trattative in corso - e che racconta un fenomeno molto particolare del nord est del nostro paese, una spiaggia unica nel suo genere, in cui uomini e donne hanno ancora spazi separati.
Si tratta del Pedocìn di Trieste, un luogo fuori dal tempo dove retaggi del passato anche sopravvivono, una spiaggia che ha ancora oggi i suoi frequentatori regolari e affezionati, che a dispetto della separazione lì trovano una forma di libertà. " Quel muro porta momenti di libertà alle donne da una parte e gli uomini dall'altra." Ci ha spiegato Del Degan nell'incontro stampa a Cannes, nella splendida cornice dell'Italian Pavilion. "Più volte si è tentato di abbatterlo, ma le persone di Trieste che frequentano questa spiaggia lo vogliono." L'ha confermato il suo co-regista: "fa parte del passato della Trieste austroungarica, evoca nei cittadini l'appartenenza ad un passato di gloria che non c'è più. "
Costruire il film
I due registi si sono trovati quasi per caso a collaborare su L'ultima spiaggia. "Ho avuto questa idea della spiaggia da mio figlio che me l'ha fatta conoscere ed ho saputo in fase di sviluppo che anche Davide avrebbe voluto raccontare questa storia" ha spiegato Anastopoulos che ha aggiunto: "Ci siamo trovati e abbiamo deciso di non fare due cose diverse, ma di lavorarci insieme." Lo ha confermato Del Degan, sottolineando i lati positivi del lavoro a quattro mani: "Avevamo in mente tante cose identiche, ma anche molti spunti diversi che hanno arricchito il progetto, dando punti di vista diversi alla storia." Ma la realizzazione pratica non è stata immediata: a riprese ultimate, i due autori hanno impiegato tre mesi solo per visionare tutta la mole di materiale a disposizione, scegliendo poi come dar forma al film. Dal prologo quasi solitario ad un epilogo che mette in scena una festa, il percorso de L'ultima spiaggia passa per una fase che cerca di gettare alcune basi anche sociali e storiche, tratteggiando cosa sia quel luogo e chi siano i suoi frequentatori, per poi concentrarsi su di loro, sui personaggi, sulle figure che la animano per tutto l'anno. Passando anche per un lutto, ovviamente imprevisto, verificatosi nel corso dell'anno di riprese e rappresentato nel film.
Il popolo del Pedocìn
Anche se si tratta di una spiaggia, il Pedocìn non è attivo solo d'estate, ma tutto l'anno e questo ha permesso ai due autori di prendere il loro tempo per consentire alla gente di abituarsi alla loro presenza, per catturare l'autenticità di quello spazio e quelle persone. "Abbiamo iniziato col far capire che avremmo passato molto tempo in quello spazio, un anno intero, per ottenere la loro fiducia." Ha raccontato Del Degan, "ma noi siamo due uomini, quindi è stato più semplice farlo capire agli uomini." Ha aggiunto Anastopoulos: "con gli uomini infatti abbiamo iniziato d'inverno, mentre con le donne abbiamo aspettato quattro cinque mesi prima di iniziare a girare." Non è stato comunque semplice e sono stati costretti da subito ad usare il boom, il microfono direzionale optando per uno montato direttamente sulla camera. "Appena lo vedevano, si bloccavano!" ha spiegato Anastopoulos divertito. Il tutto per mantenere una certa discrezione ed essere sicuri che chiunque partecipasse al progetto lo facesse con consapevolezza e la gioia di voler raccontare una storia unica. Un'esperienza che per i due autori è stata anche una grande lezione di vita, che li ha costretti a confrontarsi con dinamiche interpersonali che è sempre difficile gestire nel modo adeguato.
Le regole interne della spiaggia
Come ogni ambiente che abbia dei frequentatori abituali, il Pedocìn ha una sua forma di gestione interna. "Ci sono dei gruppi che frequentano lo spazio tutto l'anno ed eleggono quelli che potremmo chiamare dei coordinatori" ha raccontato Del Degan ripensando all'esperienza, "ma c'è anche differenza nel come i due lati vivano la spiaggia." Uomini e donne sembrano avere un approccio diverso e la parte femminile è anche molto più rigida di quella maschile, dimostrandosi meno disposta ad accettare qualche breve e rapida intrusione proveniente dal settore opposto. Solo i bambini, infatti, sono liberi di spaziare da una parte all'altra, almeno fino all'età di dodici anni. In definitiva, la gente del Pedocìn sembra felice di essere separata. "Quello che è incredibile" ci dice infatti Del Degan " è che ci sono famiglie che arrivano insieme, comprano il biglietto e si danno appuntamento a fine giornata." Gli fa eco Anastopoulos: "Trieste ha tante spiagge, ci sarebbe modo per stare insieme se si volesse, quindi per chi va lì si tratta di una scelta." Una scelta che magari anche gli autori si troveranno a fare ora che conoscono così bene quell'ambiente. Ci ha scherzato su Del Degan raccontando un aneddoto: "Qualcuno della spiaggia ci ha detto 'tra un anno, voi verrete qui senza camere e ci sarà qualcun altro che riprenderà anche voi!'"