Arriva, prima o poi, il momento dei bilanci, nella carriera come nella vita e Luca Argentero, a oltre dieci anni dall'inizio della carriera nel mondo dello spettacolo, ha scelto il palcoscenico del Giffoni Film Festival per tirare le somme di questo primo periodo. A differenza di molti colleghi non rinnega alcuna tappa del percorso artistico, neppure gli esordi nel reality: "Il Grande Fratello lo rifarei - racconta - perché era giusto per quel periodo e mi ha regalato il lavoro che mi piace fare. Quando rivedo quel me di un tempo mi fa tenerezza". Ci tiene, però, a fare una distinzione con il talent Amici: "Sono due cose diverse: quest'ultimo è una forma contemporanea di competizione musicale, come era prima il festival di Castrocaro".
La prima grande occasione è arrivata fuori dalla porta rossa: "Mi hanno offerto di tutto e ricordo ancora il provino di Carabinieri. Su un foglio c'era scritta la battuta "Comandi, maresciallo" con la descrizione dell'ingresso in scena di Marco. Io l'ho studiato a memoria, l'ho recitata all'audizione e mi hanno preso subito. Ho pensato: "Allora si può fare". Quel ruolo era stato scritto su di me e non richiedeva grande sforzo interpretativo. Era giovane, sportivo e spigliato con le ragazze. Eppure la lunga serialità mi ha insegnato il mestiere, dal tenere la memoria a prendere la luce. E in tre anni ho imparato le base".
La prima sfida
Il momento di svolta, però, è arrivato dopo: "I primi registi che si sono presi il rischio vero di farmi recitare sono stati la Comencini e Ozpetek e io li ho ripagati con serietà e dedizione". Tra i momenti più significativi del percorso d'attore è rappresentato da Mangia, prega, ama: "Il film non racconta il Paese che siamo, ma un'italianità vista dal turista che passa e se ne va, ma lavorare su un set americano con un Premio Oscar - commenta - è stato un regalo talmente grande, anche se durato pochi giorni, che fa parte dei racconti che tramanderò ai nipoti". La lezione più grande imparata dalla pellicola di Ryan Murphy? Il toccare da vicino cosa voglia dire talento: "Guardando Julia Roberts ho capito che le star hanno una luce negli occhi che si accende con il motore e che non utilizzano tutto il giorno. In quel momento cambia il modo in cui ti guardano: hanno un magnetismo puro che nessuno ti insegna".
Una finestra sul futuro
Attualmente l'interprete, di ritorno dal set di Edoardo Leo e da ottobre al cinema con Fratelli unici, ha particolarmente a cuore un progetto curato come produttore, Megatu.be: "Si tratta di una piattaforma web che raccoglie il meglio di quello che circola in rete - spiega - oggi infatti il consumo del prodotto video avviene quando vuoi e dove vuoi, quindi la nostra attenzione va ai creatori, a chi usa YouTube per condividere il proprio palinsesto. Eppure condividere un video è come lanciare un sasso nel mare, mentre noi cerchiamo di monetizzarne il processo. I produttori non si devono allarmare se chiedo loro di uploadarne i film perché sono già online, ma con questa nostra finestra riescono a trarne dei guadagni grazie alla pubblicità". Sul fronte seriale lo attende la fiction Ragion di Stato, che Argentero ribattezza come una specie di "Homeland de noantri", dove si trasforma in spia. Nel piccolo schermo di sperimentazione ne ha fatta tanta: "Sono fan de Le iene, ma la mia è stata solo un'incursione in otto puntate perché sono un tipo curioso. Il vero mattatore era Enrico Brignano, gran parte della conduzione pesava sulle sue spalle. Ho fatto Amici, invece perché non mi piace prendermi sul serio. Il mio non era un giudizio, perché non sono un cantante, ma un commento da spettatore privilegiato che si trova in prima fila. So che ha influito sul destino del concorrente, ma fa parte delle regole del gioco. È la vita: o vinci o perdi".
Un'etichetta indelebile
Ai piccoli giurati che gli hanno chiesto quanto pesi un pregiudizio nel curriculum di un attore, Luca Argentero ha risposto: "C'è solo una decina di persone di cui m'importa il giudizio e non riguarda il lavoro. Preferisco che un amico mi bacchetti per un mio comportamento. Nella professione ho il grande lusso di fare quello che amo, ne sono grato e felice e non mi faccio problemi neppure se mi offrono un film brutto. Sposo la politica renziana del "fare". I giudizi e le critiche sono necessarie ma non influenzano il mio entusiasmo verso la vita".