Love Next Door, la recensione: il K-Drama perfetto per Millennial imperfetti (ovvero tutti)

Scopriamo insieme uno degli ultimi K-Drama arrivati in streaming su Netflix.

Love Next Door, la recensione del K-Drama Netflix

Netflix ci sta abituando bene con i K-Drama, non solo su un piano quantitativo (ne distribuisce e/o produce ormai tantissimi l'anno) ma anche qualitativo, e un discorso molto simile a quello che abbiamo recentemente fatto per La Regina delle Lacrime o, ancor più appropriatamente, per Doctor Slump, potremmo farlo per Love Next Door. La nuova serie nata dalla collaborazione tra il regista Yoo Je Son e la sceneggiatrice Shin Ha Eun - che in passato ci avevano già regalato l'amato Hometown Cha-Cha-Cha - e prodotta dal "solito" Studio Dragon non smentisce le ottime premesse, e si dimostra un prodotto degno di essere approfondito.

Love Next Door, una serie in cui è facile ritrovarsi

Love Next Door Scena Serie Netflix
I due protagonisti di Love Next Door

Se il termine "relatable" (ovvero qualcosa in cui è facile rispecchiarsi) dovesse essere spiegato con un K-Drama, questo potrebbe benissimo essere Love Next Door. Certo, di show così di questi tempi se ne possono forse trovare tanti altri, ma quanti Millennial, guardando le sfide e gli ostacoli che la vita pone dinnanzi ai protagonisti di quest'ultima serie Netflix diranno "Beh, è un po' quello che è successo a me..." e "Oddio, mi sento proprio così!"? Ve lo diciamo noi: parecchi, se non tutti.

Perché i Millennial conoscono bene la pressione del dover dare il 101% e del dover fare sempre meglio, la sensazione di non essere mai abbastanza, e il timore di essere in errore quando si avverte invece la necessità di prendersi una pausa, così come il terrore del fare un passo falso o l'ansia che deriva dal fatto di aver potuto mostrare a qualcuno che no, non si è perfetti come si vorrebbe, o per dirla meglio, come ci si aspetta di solito dai 30enni di oggi.

Scena K Drama Netflix Love Next Door
Jung So Min e Park Ji Young in una scena di Love Next Door

Ed è proprio ciò che Seok Ryu, la protagonista della nostra storia, si ritrova a dover affrontare quando a 34 anni decide di tornare in Corea dopo aver vissuto per anni a New York, dove lavorava per una prestigiosa multinazionale e dove aveva un fidanzato con cui sarebbe dovuta sposare.

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La trama della serie

L'uso di tali tempi verbali tuttavia è d'obbligo poiché non solo il trope "Childhood friends to lovers" è alla base dello show (che in coreano si intitola più letteralmente "Il figlio dell'amica di mia madre"), ma anche perché fin dai primi minuti è palese come la situazione di Seok Ryu sia del tutto differente da quel che ci si potesse aspettare date le vanterie della madre qualche scena prima.

La ragazza ha infatti le sue ragioni per essere tornata in patria e, contrariamente ai film di Hallmark che tanto ricorda un simile incipit (e in generale l'intera base della serie), non solo le scopriremo poco a poco, ma non sono affatto banali. E, per tornare al discorso di qualche rigo più su, sono perfettamente comprensibili, a partire dalla prima che ci viene data:

Mi sembrava come se la mia vita si stesse surriscaldando. Sai quanto ho lavorato sodo. Studiavo in Corea, poi sono andata negli Stati Uniti e ho dovuto adattarmi. Poi trovo un lavoro e mi fidanzo. Sono andata sempre a tutto gas... e ho sovraccaricato la CPU. Lo schermo si spegne e i tasti smettono di funzionare. Non avevo altra scelta che riavviarmi.

Proprio come Doctor Slump, quindi, Love Next Door si fa portatore di una normalizzazione dell'umanità, del bisogno di non dover essere sempre perfetti o per forza andare incontro alle aspettative altrui, come anche di quelle che inconsciamente siamo noi a creare per noi stessi. E, proprio come suoi illustri predecessori, questo show ci aiuta a validare i nostri sentimenti, ad accettare le nostre debolezze, e a prometterci che sì, anche prendendocela un po' più con calma, arriverà il momento in cui potremo dire di nuovo con sincerità "Gwenchana" (ovvero "Sto bene" "È tutto ok").

Un cast impeccabile

Temi d'impatto, quindi, ma che senza un cast in grado di saperli portare in scena a dovere avrebbero certamente lasciato il tempo che trovavano. Per fortuna, uno dei maggiori punti di forza di Love Next Door sta proprio nella capacità dei suoi interpreti di esprimere al meglio le potenzialità dei rispettivi personaggi, e ciò vale non solo per i protagonisti principali, ma fino all'ultimo dei personaggi secondari (sì, persino quei camei in apparenza totalmente casuali rientrano tra questi).

Main Cast Love Next Door
Dan Ho, Mo Eum, Seok Ryu e Seong Hyo

Ci appassioniamo alle vicende di Seok Ryu (la Jung So Min di Alchemy of Souls) e di Seung Hyo (il Jung Hae In di Something in the Rain, serie a cui viene tra l'altro fatta una simpaticissima citazione) proprio come ci si aspetta dalla coppia principale, ma altrettanto interesse suscitano i risvolti nel rapporto tra Mo Eum (Kim Ji Sun) e Dan Ho (Yoon Ji On), come d'altronde finiamo con il preoccuparci di genitori di Seung Hyo (Jang Young Nam e Lee Seung Joon) o di quelli di Seok Ryu (park Ji Young e Jo Han Chul).

Ci chiediamo come andrà l'attività del padre di Seok Ryu, se il rapporto tra la madre e il padre di Seung Hyo migliorerà, ci facciamo commuovere dalla piccola Yeon Du (l'adorabile Shim Ji Yoo), e finiamo persino con il chiederci se vedremo mai le gemelle di Myeong Woo (Jun Sul Ho) e a desiderare più screen time per il resto delle "Lavanda Girls".

Love Next Door Jung Hae In Jun So Min Netflix
Jung Hae In e Jung So Min

L'intero ensemble di Love Next Door è dunque d'obbligo citare ed encomiare se si vuole rendere atto a quello che questo show, pur non esente da difetti, è stato in grado di dare agli appassionati di K-Drama, ma anche a chi non è poi così avvezzo al mondo coreano. E con Love Next Door si conclude dunque un altro "comfort watch" targato Netflix.

Conclusioni

Love Next Door è il nuovo Doctor Slump per i K-Drama lovers, regalandoci ancora quel tipo di visione che, anche quando si fa difficile per via dei temi trattati, sa comunque come risollevarci il morale e farci dire "Ah, magari anche per me può essere così". È uno show in cui è facile ritrovarsi, non solo perché non privo di imperfezioni, ma principalmente perché le imperfezioni vengono accolte e accettate come forse dovremmo imparare a fare un po' di più anche nella vita reale.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
3.9/5

Perché ci piace

  • Ben scritto
  • Verosimile .
  • Ottimo cast.
  • Comfort watch.

Cosa non va

  • Ha i suoi momenti di puro diabete.
  • Forse a tratti un po' scontato (ma alla fin fine è insito nel genere).