E' un film interessante anche se riuscito solo in parte, Rasputin, un esperimento coraggioso al confine tra il cinema, la videoarte e il linguaggio dei nuovi media, che racconta da un punto di vista inedito la vita di un personaggio tra i più controversi del Novecento. Nonostante i dubbi sulla mancanza di un centro nella narrazione e una certa ripetitività che affiora nei circa 90 minuti di durata, va riconosciuto il coraggio dimostrato dal regista Louis Nero, nell'aver proposto un esperimento del genere in un panorama come quello italiano, producendolo e distribuendolo in proprio. Dopo la presentazione del film alla stampa, il regista ha raccontato ai giornalisti genesi e curiosità sul suo film, insieme al protagonista Francesco Cabras, all'attore Daniele Savoca e all'illustre "voce narrante", che nel film è quella di Franco Nero.
Cosa potete dirci sulla particolare estetica del film, così lontana dai modelli narrativi convenzionali?
Louis Nero: Si può definire in un certo senso un film sulla pittura, principalmente quella russa, ma che guarda anche alle opere di Rembrandt e Caravaggio; le immagini hanno spesso la qualità di quadri in movimento, nel film non c'è solo narrazione ma anche una parte estetica molto forte. Volevamo mostrare un Rasputin diverso, che fa un percorso iniziatico differente da quello dell'occultismo; un uomo che ricerca la verità tramite la mortificazione del corpo.
Franco Nero: Sono anni che io e Louis collaboriamo, abbiamo già realizzato 4 o 5 lavori insieme. Il soggetto mi ha sempre incuriosito, addirittura mentre giravo I 10 giorni che sconvolsero il mondo, fui contattato da un regista russo che mi propose di interpretare proprio il personaggio di Rasputin. Poi il progetto è stato accantonato. Qui ho fatto la voce narrante, sia in italiano che in inglese, visto che il film verrà distribuito anche sul mercato anglosassone.
Come avete affrontato i rispettivi personaggi?
Francesco Cabras: Il film è una sorta di fiaba concettuale, e la mia recitazione ha seguito il percorso dato dal concetto del film. Ho cercato di eliminare, più che aggiungere, puntando a una recitazione quasi ectoplasmatica, in linea con le immagini dei personaggi che sfumano e svaniscono. Ho cercato anche di rispettare la particolare natura iconica del film. Non è stato un percorso semplicissimo.
Come avete lavorato sulla colonna sonora?
Louis Nero: Insieme al musicista Teho Teardo, abbiamo pensato di evitare una musica che rimandasse direttamente al periodo storico del film, puntando invece su uno score legato alle situazioni. Volevo una musica che fosse quasi diegetica, che si confondesse col film, piuttosto che rappresentare un semplice supporto. E' una colonna sonora che vuole fare in modo che lo spettatore stia sempre dentro al film.
Il film è visivamente molto raffinato, per certi versi vola alto. Ma chi lo vedrà? I canali di distribuzione sono sempre i soliti, per pochi eletti?
Louis Nero: L'obiettivo è arrivare a più spettatori possibile, anche se i problemi distributivi, come sempre in Italia, ci sono. La soddisfazione, comunque, è essere riusciti a distribuirlo anche in campo internazionale.
Nel film ci sono riferimenti a Peter Greenaway, viene in mente soprattutto Le valigie di Tulse Luper...
Louis Nero: Greenaway l'ho sempre amato, lo considero uno dei più grandi registi viventi. Le mie influenze comunque sono tante, inutile cercare di elencarle tutte. Qui in realtà non mi sono ispirato tanto al film da lei citato, visto che in quest'ultimo non era la narrazione ad interessare il regista; nel mio film, invece, c'è un tentativo di montare più situazioni attraverso una sorta di "scatole" visive. Comunque questo film non rappresenta il mio stile, così come non lo rappresentavano i precedenti: nel futuro, probabilmente, farò cose completamente diverse.
Louis Nero: Il nemico c'è, ma nel film in realtà è lo stesso Rasputin. E' un nemico interiore, perché il film è centrato sul suo vissuto personale: è un film che in generale non parla di gruppi sociali, ma di individui che rappresentano sé stessi. Quello che spero, comunque, è che possa comunicare un'idea diversa da quella canonica del personaggio.
Francesco Cabras: A me ha affascinato anche il discorso sul potere, non tanto e non solo dal punto di vista politico, ma soprattutto da quello della resistenza al peccato. Rasputin utilizza il peccato, e il sesso, come potenti strumenti di conoscenza. In questo modo acquista potere, ma in realtà sta facendo un percorso di ricerca, mantenendosi sempre distaccato.