Fanny Ardant sembra nata per scandalizzare. O meglio, per superare il concetto di scandalo. La diva francese si diverte a provocare affondando il dito nei punti nevralgici della società contemporanea e sfidando i perbenisti come se fosse la cosa più naturale del mondo. In passato è scesa in campo per combattere le battaglie che le stavano più a cuore rilasciando dichiarazioni scomode - come quelle a favore di Renato Curcio e delle Brigate Rosse - che hanno scatenato severe polemiche. Stavolta, però, si è superata. In Lola Pater , dell'algerino Nadir Moknèche, pellicola presentata al 70 Festival di Locarno nella sezione Piazza Grande, Fanny interpreta una transessuale. Per giunta mussulmano. Un artista, un ballerino, un uomo che ha deciso di lasciare la famiglia e il corpo che gli stava stretto per rifarsi una vita nelle vesti di Lola, insegnante di danza del ventre.
Fascino da femme fatale, tre figlie avute da tre uomini diversi, uno dei quali è François Truffaut con cui è stata insieme fino alla morte del regista, Fanny Ardant è il prototipo di una femminilità elegante, misteriosa, indipendente. Eppure, dopo aver letto la sceneggiatura di Lola Pater, ha voluto a tutti i costi interpretare la fugace Lola facendola propria. Il regista Nadir Moknèche ha confessato scherzosamente di essere stato "costretto" a ingaggiare l'attrice. In realtà lo sguardo profondo, il fisico alto e slanciato e la voce profonda hanno giocato a favore della Ardant che ha scelto di lanciare uno sberleffo alla società in una pellicola che tratta il tema dell'omosessualità analizzando le conseguenze che scelte estreme come il cambio di sesso possono provocare in una famiglia.
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L'amore contro il perbenismo
Dopo la morte della madre, Zino decide di andare in cerca del padre che non ha mai conosciuto per comunicargli il lutto. All'indirizzo deputato, una scuola di danza del ventre, Zino si imbatte in Lola, stesso cognome e stesso sguardo del padre, la quale gli dice che l'uomo non si trova più lì. Dopo aver trovato il coraggio necessario a confessare la verità, Lola si reca a Parigi da Zino e gli racconta la verità. Un padre transessuale è l'ultima cosa che il giovane si aspetta e la relazione tra i due diventa molto complicata. La storia nasce dalla reale esperienza vissuta dal regista algerino Nadir Moknèche il quale, mentre studiava all'Università di Parigi, viveva a Pigalle. Qui ha avuto l'occasione di entrare in contatto con la comunità transessuale imparando a lasciarsi alle spalle l'influenza dai pregiudizi che lui per primo nutriva. Poi è arrivato l'incontro fatale con Fanny Ardant, che il regista ha visto per la prima volta in Finalmente domenica! ("Pensavo fosse italiana, adoro le attrici italiane") e quando ha scritto la sceneggiatura di Lola Pater ha pensato subito a lei.
"Ho amato molto la sceneggiatura e ho amato subito il mio personaggio" ammette l'attrice. "Volevo capire se il sentimento paterno fosse diverso da quello materno. Ogni film è un'avventura, questo lo è stato ancora più degli altri". Lola Pater non approfondisce la figura del trans né il dramma di una scelta radicale come il cambio di sesso. Il film racconta con una certa leggerezza, a tratti perfino superficialità, lo shock di un figlio che scopre di avere un genitore trans e lo shock di un padre che, dopo aver ritrovato una famiglia, teme di perderla nuovamente. Fanny Ardant ammette candidamente di non aver fatto lavoro di ricerca per il ruolo di Lola, ma di essersi affidata all'istinto. "Non mi sono mai preparata a recitare un ruolo, ho una certa incoscienza, non sono andata a veder cosa fanno i trans né mi sono recata in un bar orientale per vedere come si balla la danza del ventre. Mi fidavo del regista, il mio angelo custode. Abbiamo lavorato molto sulla voce, Nadir voleva che parlassi con la voce bassa e che prendessi lezioni di danza. Per quanto riguarda il rapporto con Zino, interpretato da Tewfik Jallab, non ho mai avuto figli maschi perciò sono stata contenta di trovare un figlio bello e intelligente come lui".
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Fanny la ribelle
Lola Pater è un film difficile da realizzare anche nella Francia cinefila che si nutre d'arte perché la figura del trans non viene né usata per far ridere né drammatizzata all'eccesso. Fanny Ardant sceglie la via della naturalezza. "I produttori leggevano lo script e dicevano 'Non fa abbastanza ridere'. Questa è una forma di omofobia, il trans lo puoi raccontare se è truccato come una maschera e fa ridere, mentre a me interessava mostrare il dramma di un padre che rischia di perdere di nuovo il figlio. Il mio personaggio ha dovuto combattere contro la società algerina, contro la propria famiglia, l'unico amore è ha conosciuto è la moglie. E' stata lei a dargli il permesso di andarsene per fare la vita che voleva, ma lui ha sempre amato le donne, è una transessuale unico. Lola non ha la pretesa di rappresentare una categoria, rappresenta solo se stessa. Lola nutre un grande amore per la vita, non si nasconde, non si fa perdonare per esistere".
Lo stesso amore che Fanny Ardant nutre per il suo mestiere. "Recitare non è un mestiere come tutti gli altri, l'ambiguità è questa. E' un lavoro fatto di passione, dominato dal piacere di ricominciare da capo. Per me questa è una condizione dell'anima". E a chi polemizza sulla scelta di una donna per il ruolo di una trans, Nadir Moknèche risponde: "Forse avrei potuto prendere un vero trans per il ruolo, ma oggi non ci sono molte attrici transgender in Francia. Forse tra trent'anni ci saranno e auguro loro di poter interpretare una fornaia o Lady Macbeth e non solo trans".