L’estate in cui Hikaru è morto, recensione primo episodio: il soprannaturale non va in vacanza

Questo adattamento anime cattura l'essenza horror-psicologica del manga di Mokumokuren, con una regia visiva suggestiva, oscurità emotiva e atmosfere estive che gelano la pelle.

Una scena di L’estate in cui Hikaru è morto

Le cicale fanno eco a una frase che non avresti mai voluto sentire: il tuo migliore amico è morto. Quello che sta davanti a te, non è lui. Il suo sguardo, il suo sorriso, il suo profumo. Tutto è stato rubato da un essere soprannaturale. Nel primo episodio di L'estate in cui Hikaru è morto, Netflix ti fa precipitare in un villaggio rurale giapponese, dove scopri una delle peggiori e distorte eventualità. E per rendere il tutto ancora più terrificante e torrido, lo fa in estate: la tua vita non sarà più la stessa, men che meno quella del tuo amico.

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Una scena dell'anime

La regia di Ryohei Takeshita e il character design di Yūichi Takahashi non tradiscono lo spirito inquieto dell'opera originale, fondendo slice‑of‑life e tensione soprannaturale in un'unica sequenza sospesa. Tra sguardi dubbiosi e una presenza che non è più umana, il primo episodio intesse un'atmosfera rarefatta e ambigua, capace di toccare temi profondi come la perdita, l'amicizia e l'identità, senza mostrare il corpo dell'orrore. Eppure c'è qualcosa che stona in questo inizio, ma può saperlo soltanto un occhio allenato e che ha letto l'opera originale. Volete sapere quanto basti poco per rendere un'estate indimenticabile?

L'estate in cui Hikaru è morto, il dubbio e il mistero

Hikaru era scomparso da una settimana in montagna, il suo corpo non si trovava. Poi è tornato come se niente fosse. Yoshiki, il suo migliore amico, lo accoglie tra le strade siccitose e le cicale, ma qualcosa non torna: Hikaru sorride, parla, ma non sembra più quello di un tempo. La premessa narrativa sprigiona tensione in ogni dialogo e fotogramma sin dalle prime battute dell'adattamento Netflix. Il merito sta nel suo saper costruire un presagio silenzioso: non ci sono urla, ma ogni silenzio è un pugno nello stomaco. La rivelazione sin da subito, che "l'entità" ha preso il posto di Hikaru, apre il conflitto narrativo e suggerisce una riflessione profonda sul lutto, identità e accettazione dell'inaccettabile, così come avviene nel manga. Eppure nel manga era diverso.

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Un'immagine dei protagonisti

Nonostante l'esordio animato regali la stessa carica di tensione narrativa, le sequenze non corrispondono all'ordine dell'opera originale. Questo cambia drasticamente la qualità? La risposta non è un secco no, ma neppure un placido sì. Chi ha letto il manga sa soltanto che la differenza si vede eccome. La scelta del giovane Yoshiki di accettare questa condizione soprannaturale, pur di non rinunciare all'amicizia, apre un baratro emotivo molto più profondo nel manga. Più complesso, dilaniato, contorto. Nel primo episodio dell'anime è tutto più velocizzato. A danneggiare ulteriormente la storia, ci sono alcune scelte dei dialoghi che si differenziano drammaticamente rispetto al fumetto: il rapporto tra Hikaru e Yoshiki, nel manga pubblicato da J-Pop Manga, è chiaro ed esplicitato. La traduzione nei sottotitoli in italiano, invece, rende tutto più confuso e sbagliato. Un dettaglio che, seppur piccolo, fa una differenza enorme nella resa.

L'atmosfera di un'estate rovente

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Un'inquietante momento di L'estate in cui Hikaru è morto

La serie, tuttavia, incanta grazie a una regia meticolosa che privilegia l'atmosfera alla narrazione esplicita. La colorazione tenue e sfumata è perfetta e il sonoro è calibrato sui silenzi e sui rumori minimi: il frinire delle cicale, una porta che cigola, un sussurro. Il character design di Takeshita, con sagome umane rese spettrali in controluce, conferisce al nuovo Hikaru una presenza inquietante ma magnetica . La recitazione vocale è intensa, con Yoshiki che trasuda affetto e terrore, e Hikaru che porta nella voce l'indistinto senso di "non-umano". In questo, il primo episodio riesce a bilanciare slice-of-life e macabra inquietudine, senza cadere nello stomp horror o nella spiegazione esoterica.

Il tratto visivo è fedele all'opera di Mokumokuren, alternando primissimi piani inquietanti e scorci di una campagna deserta. Qui è la spensieratezza estiva a stridere con il perturbante: l'aria rovente, la luce implacabile, i bagliori, diventano elementi di una regia quasi tattile, immersiva ed emotivamente potente.

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Yoshiki in una scena

Non sfugge il sapore di analogie con Tokyo Ghoul - amato dal mangaka Mokumokuren - nel tema del doppio, dell'identità che si perde in un altro sé. Analogamente, il legame tra Yoshiki e Hikaru ha la fragilità di una promessa spezzata, tipica dello horror psicologico coreano o europeo contemporaneo, dove il vero orrore è interiore. L'adattamento, però, sa mantenere la sua originalità: la regia non indulgente, la tensione lenta, il gelo emotivo, in contrasto con l'estate, che cresce nel sangue.

Il ritmo lento e contemplativo potrebbe scoraggiare chi cerca tensione immediata e sequenze horror visive. Ma l'assenza di spiegazioni in questo primo episodio, in realtà, non fa altro che alimentare il mistero. Questa è una storia da gustare con una vaschetta di gelato e la finestra aperta e con la speranza che l'estate finisca. Prima che l'estate finisca voi.

Conclusioni

Un frammento di estate, amicizia, perdita e metamorfosi che riassume in pochi minuti la tensione narrativa del manga. Con una regia lenta ma efficace, una colonna sonora attenta e un cast vocale calato in ruoli complessi, l'episodio pone solide basi. Quel che resta è un abisso emozionale, un orizzonte oscuro che aspetta di essere esplorato. Eppure le differenze col manga sono importanti, pertanto consigliamo la lettura per poter apprezzare al meglio la storia.

Movieplayer.it
3.0/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • Le atmosfere e il sonoro, da far gelare il sangue: perfette per un'estate più fresca.
  • La storia segue un ritmo più veloce e facilitato rispetto al manga, ma...

Cosa non va

  • Alcune scelte narrative sono troppo diverse rispetto al manga e soprattutto nei dialoghi, la differenza si sente.