A un anno di distanza da uno dei titoli più acclamati della propria carriera, Un affare di famiglia, insignito della Palma d'Oro al Festival di Cannes 2018, Hirokazu Koreeda apre il concorso della Mostra di Venezia 2019 con il suo primo film 'straniero', nonché uno dei lavori più atipici della sua produzione. Nella nostra recensione de Le verità ci troveremo infatti a descrivere un'opera che, pur proponendosi come l'ennesimo affresco familiare dipinto dal regista giapponese (anche autore della sceneggiatura), appare percorsa da una sensibilità e da un ritmo piuttosto diversi dalle sue pellicole precedenti, e più vicini semmai a quelli di un certo filone del cinema francese.
Ritratto di famiglia (con tempesta)
Le verità (rititolazione dell'originale, e singolare, La vérité) film presentato alla Mostra del Cinema di Venezia 2019, è costruito attorno alla figura di Fabienne, icona del grande schermo che, dopo sette anni di assenza dalle scene, è in procinto di tornare sul set con un nuovo progetto, un melodramma familiare a sfondo fantascientifico, e al contempo con un'autobiografia, La vérité, per l'appunto. Vanesia, egocentrica, caratterizzata da un affilato sarcasmo e da una malcelata insofferenza nei confronti della stampa, Fabienne è intepretata con vivacità autoironica dalla leggenda per antonomasia del cinema d'oltralpe, la settantacinquenne Catherine Deneuve. E Hirokazu Koreeda non perde occasione per giocare con lo status divistico della Deneuve stessa e con la sua immagine d'attrice, fra rimandi, parallelismi e perfino una frecciata al vetriolo all'indirizzo di Brigitte Bardot.
In occasione dell'uscita del libro, Fabienne viene raggiunta nella sua villa parigina dalla figlia Lumir (Juliette Binoche), la quale lavora come sceneggiatrice negli Stati Uniti, è sposata con l'attore televisivo Hank (Ethan Hawke) e ha una bambina, Charlotte (Clémentine Grenier), affascinata da quella nonna che ritiene dotata di poteri magici. Attorno a questo quartetto di comprimari ruota inoltre un nugolo di mariti ed ex mariti, assistenti e colleghi (o rivali) di set: una girandola che Koreeda mette in scena con venature da commedia, ma senza allontanarsi da un taglio profondamente realistico, in grado di conferire sempre credibilità e concretezza alle dinamiche fra i personaggi.
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Madre e figlia
Il fulcro de Le verità rimane tuttavia il rapporto fra le due protagoniste: Fabienne, la quale ha anteposto senza rimpianti il proprio ruolo di attrice a quello di madre, e Lumir, che per tutta la vita ha lottato per sottrarsi all'ombra materna ma ancora non riesce a dipanare il groviglio di affetto e risentimento che prova per Fabienne. Sulla scia del bergmaniano Sinfonia d'autunno, ma con una leggerezza che impedisce l'esacerbarsi dei conflitti, Hirokazu Koreeda si focalizza sul legame fra le due donne aderendo di volta in volta alla prospettiva dell'una e dell'altra; senza mai intervenire con giudizi moralistici, ma rispettando la loro natura problematica e contraddittoria, a cui fanno da contrappunto lo sguardo benevolo di Hank e quello limpidamente ingenuo di Charlotte.
La verità del titolo diventa così un riferimento alla verità emotiva: quella che, più o meno consapevolmente, finisce per prendere il sopravvento sul dato reale, ma che in fondo possiede un valore ben più prezioso. Ed è anche la verità che Fabienne si sforza di restituire attraverso la sua professione: è l'altro tema alla radice di un film in cui, come pure in Sils Maria di Olivier Assayas, la recitazione è il veicolo primario di autoanalisi, lo strumento di definizione della propria identità e la lente con cui rileggere il passato. Un passato sintetizzato dal fantasma di Sarah, l'amica e collega a cui, molti anni prima, Fabienne aveva soffiato l'occasione di una vita, e che ora le pare di rivedere nelle sembianze della giovane attrice Manon (Manon Clavel).
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Conclusioni
Da Sinfonia d’autunno di Bergman a La sera della prima di Cassavetes, Hirokazu Koreeda lascia che nel suo film risuoni una pluralità di echi, ma secondo una formula comunque personale e un approccio in cui la rappresentazione dei sentimenti convive con un sottile umorismo; un umorismo a cui contribuiscono la recitazione spigliata e brillante della Deneuve e quella squisitamente malleabile della Binoche. Come abbiamo esposto in questa recensione de Le verità, il debutto di Koreeda al di fuori del Giappone si rivela un’opera densa e coinvolgente, che non delude le aspettative dopo il successo di Father and Son, Little Sister e Un affare di famiglia.
Perché ci piace
- La concretezza, l’ironia e l’attenzione ai dettagli con cui Hirokazu Koreeda disegna la relazione fra le due protagoniste.
- Il meccanismo metacinematografico costruito attorno alla figura di Fabienne, in grado di arricchire di ulteriori sfumature il film e il personaggio.
- Un cast impeccabile in tutti i suoi componenti, ma in cui a svettare è il magnetismo di Catherine Deneuve.
Cosa non va
- La definizione più opaca dei personaggi maschili, spesso relegati nella posizione di semplici spettatori.