Ultimo film italiano in concorso a Venezia 77, Le sorelle Macaluso arriva domani 10 settembre nelle sale italiane grazie a Teodora Film. Il film, che ha emozionato la critica e ha conquistato calorosi applausi durante l'anteprima stampa, racconta tre momenti di vita di cinque sorelle siciliane. Secondo la regista Emma Dante, già in concorso al Lido nel 2013 con Via Castellana Bandiera, il film "parla di morte, ma anche di amore". Sempre la regista, in apertura della conferenza stampa, ci tiene a specificare quanto sia felice di essere a Venezia "soprattutto in questo momento così particolare. Sembra quasi un miracolo essere qui e ricominciare a sognare, perché cinema e teatro servono a questo, a recuperare i sogni che a volte ci dimentichiamo".
All'origine del film c'è una pièce teatrale di grandissimo successo, perché ti è venuta voglia di raccontare questa storia anche al cinema? E, soprattutto, in che modo l'hai cambiata portandola dal palco al grande schermo?
Emma Dante: Sì, Le sorelle Macaluso nasce a teatro con un'opera che ha girato tutto il mondo, ma con delle differenze sostanziali rispetto a quanto avete visto nel film: la famiglia è in realtà più allargata - sono sette sorelle e in più ci sono anche i genitori loro e infine anche un figlio di una delle sorelle. In più a teatro manca la casa, perché è come se venissero partorite dall'oscurità e semplicemente tornano nel vuoto. Ma proprio perchè per me questi personaggi sono come parte della mia famiglia, mi piaceva l'idea di poter dare loro una casa: e non solo della pareti, ma anche l'intero arredamento. Quindi letti, bagni, armadi, ma anche un mobile dove riporre le cose preziose, come per esempio un sevizio di piatti. In modo che questi mobili potessero aiutarmi a raccontare il corpo dentro il quale noi viviamo, perché alla fine una casa è proprio questo, è un corpo che contiene la vita di ogni umano, custodisce i nostri averi ma anche i ricordi, le emozioni e le frustrazioni. Portare questa storia al cinema, mi ha permesso di renderla più visionaria.
Quando avete intuito il potenziale cinematografico di quest'opera?
Giuseppe Battiston: Nel lavoro di Emma la cosa che mi ha sempre colpito e conquistato è la sua urgenza poetica e comunicativa, che si esprime attraverso sentimenti fortissimi, talvolta violenti, ma che trasmettono una necessità di comunicare fuori dal comune. Quando c'è stata la possibilità di lavorare con lei, sapevo che mi sarei trovato davanti un'artista profonda e così è stato. Aggiungo che lavorare con una regista donna è un privilegio, che aggiunge qualcosa in più a questo film.
Dodici attrici per cinque sorelle, ciascuna in tre fasi diverse della loro vita. Come avete lavorato sulla corrispondenza tra personaggi e attrici?
Donatella Finocchiaro: Ha richiesto una lunga preparazione, due settimane di prove con tutte le attrici chiuse nella casa con la regista, proprio per imparare da subito come muoverci all'interno del set. Non dovevamo tanto somigliarci fisicamente, ma da un punto di vista emotivo, e su questo aspetto abbiamo lavorato tanto. Il mio personaggio, Pinuccia, ha questa rabbia dentro di sé, ed è un sentimento portante: lei non è realizzata, fa la badante, è un ruolo che le sta stretto, che le è stato cucito addosso dalle sorelle, che l'hanno resa una prigioniera dentro la casa. Per me è un personaggio meraviglioso che è stato fondamentale preparare al meglio prima di portarlo sul set. Emma ha questa nomea che ti fa sudare, ti massacra di lavoro fisico, ma in realtà è stato soprattutto un lavoro psicologico molto forte e una grande attenzione sui gesti, che noi attrici ci siamo copiati a vicenda, per riprodurlo ad ogni età e fase.
Emma Dante: Nel film assistiamo al cambiamento del tempo, ma per me era fondamentale non usare il trucco per invecchiare le attrici, mi sembrava un peccato mortale. Ho preferito rendere protagonista il tempo, come fosse un grande chirurgo plastico che deforma e decide come manipolare i corpi. In fondo si tratta di un film sul tempo che crea, attraverso i traumi della vita, le differenze che sono dentro di noi: tutti siamo persone completamente diverse rispetto a quando avevamo 5-10 anni o quando ne avremo 80. Il cinema questo "gioco" lo può fare molto bene, l'importante è che lo spettatore accetti che non è la stessa attrice, ma semplicemente il personaggio che cambia col tempo. La somiglianza non è tanto fisica, ma dei gesti, che rimangono sempre gli stessi nella vita, anche a distanza di decenni.
Nel film mancano i genitori, che invece c'erano a teatro, come mai questa scelta?
Emma Dante: Siamo stati molto in dubbio sui genitori, ci siamo preoccupati di questa mancanza. Però in realtà non raccontavamo la vita delle sorelle, ma entravamo nella loro casa in tre momenti ben precisi, i più forti e traumatici della loro vita. Quasi tre appuntamenti con la morte, tre veglie. All'inizio, durante la giornata al mare con l'incidente mortale, non vediamo i genitori, ma potrebbe benissimo essere che in quel momento in cui entriamo in casa non ci sono. I veri genitori nel film sono i colombi che le seguono sempre, sono sempre presenti: il colombo nasce, fa il nido e ritorna tutta la vita. La casa è così, un luogo magico dove si torna sempre perché è nel dna.
Si parlava della casa, ma nel film c'è anche lo storico stabilimento balneare Charleston. Come mai queste scelta?
Emma Dante: Era una vera e propria istituzione a Mondello negli anni '90, ma c'è anche un aspetto sentimentale visto che io ci andavo da piccola, era uno dei luoghi del mio cuore: andavo con gli amici a nuotare sotto le palafitte, il riverbero della luce e del suono mi è rimasto dentro.
Ci sono anche molti riferimenti alla letteratura e alla musica...
Emma Dante: Una di queste sorelle, Lia, ha una passione e legge sin da quando è piccola. Nel film ci sono alcuni brani di Oriana Fallci, Anna Maria Ortese e anche de I fratelli Karamazov. Anche le canzoni di accompagnamento hanno una funzione narrativa, aiutano a far passare un sentimento o un'emozione.
Il film sembra voler emozionare più che voler approfondire determinati temi, anche importanti, che comunque sono presenti.
Emma Dante: Non è un film a tema, non vuole ragionare sull'omosessualità o sulla morte o sulla malattia; è semplicemente un film che racconta la vita di cinque persone che inevitabilmente si innamorano, muoiono, si ammalano. Ovvero cose che succedono in qualsiasi famiglia. L'omosessualità per me non è nulla di speciale, ma una cosa naturale come la morte.
La parola sorellanza cosa suscita in lei?
Emma Dante: Mi fa tornare bambina, mi fa pensare che le donne possono essere solidali e felici anche se un'altra donna ha successo. Mi fa pensare a guerriere che lottano insieme e ottengono risultati e conquiste. Ma anche all'amore e ai legami, alla forza di quando si è insieme. Perché si è sempre più forti insieme di quando si è da soli.