Avevamo già parlato di una fiction (più precisamente un Tv movie) sull'infiltrazione dell'ndragheta nel milanese. Dopo L'assalto (Rai1), venerdì 14 marzo su Canale 5 è la volta della miniserie in sei parti Le mani dentro la città, che con il suo titolo, ispirato a Le mani sulla città di Francesco Rosi, dichiara l'intento di rifarsi alla tradizione del cinema sociale. La fiction è ambientata a Trebbiate, cittadina immaginaria dell'hinterland milanese dove il crimine organizzato è ben inserito nell'economia locale e trae i profitti più lucrosi dalla recessione che ha fatto strage di aziende medie e piccole sull'orlo del fallimento, oberate dai debiti contratti con i mafiosi. I Marruso, calabresi che vantano connivenza con il sindaco e l'amministrazione cittadina, sono l'obiettivo delle forze dell'ordine rappresentate dai protagonisti della fiction, Viola Mantovani e Michele Benvenuto. Sono interpretati dalla regina della legalità televisiva Simona Cavallari e da Giuseppe Zeno. Nel cast anche Ninni Bruschetta (era anche in L'assalto) e Giulio Beranek. Alla conferenza stampa milanese indetta per presentare Le mani sopra la città erano presenti la Cavallari, Zeno, il produttore Pietro Valsecchi di Taodue (anche autore del soggetto della serie), lo sceneggiatore Claudio Fava, il regista Alessandro Angelini, l'attrice Maria Lamarra.
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Cosa ci può dire sullo sviluppo della serie? Claudio Fava: Abbiamo fatto tanti cambiamenti, tante prove, il nostro scopo era quello di parlare di un argomento come quello del crimine organizzato al Nord spesso sottovalutato. Il prefetto interpretato da Ninni Bruschetta nella prima puntata dice: "Mafia nella operosa Milano? Ma quando mai", una frase che abbiamo sentito pronunciare nella realtà nel capoluogo lombardo pochi anni fa, appena prima che partisse una grande inchiesta che avrebbe portato all'arresto di vari mafiosi. L'ndrangheta è molto spregiudicata in queste zone, ed è all'avanguardia.
Cosa puoi aggiungere in qualità di regista? Alessandro Angelini: Nella serie vedrete come i patriarchi mafiosi dicano ai figli che il loro unico problema è come trovare il modo di spendere tutti i soldi che stanno facendo con le attività illecite. La nostra fiction si nutriva dello stesso materiale delle news quotidiane, ogni giorno c'era una svolta, una cattura, una storia nuova. Un divenire, molto diverso a quando ho lavorato a Il Capo dei Capi, i cui protagonisti facevano già parte della Storia. Un lavoro affascinante e che dà la sensazione di lasciare qualcosa, e dove non si può ancora scrivere la parola fine.
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Il crimine è ovunque? Claudio Fava: Importante è notare che all'inizio della fiction si dice che il sindaco è stato eletto e non votato: infatti è stato messo lì per agevolare la speculazione edilizia illecita. Mi sembra che evochi un aspetto molto importante e vicino alla situazione attuale considerato che nella realtà a Milano ci sarà l'Expò, un'occasione per il crimine organizzato di speculare e saccheggiare. La questione 'ndrangheta è composta di tante sfaccettature e anche le famiglie mafiose lo sono, per esempio vediamo come ormai i nipoti dei calabresi siano lombardi con tanto di accento del Nord, ed efficienti come manager negli affari di famiglia.
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