Una villa ormai vuota e polverosa un tempo abitata da "risate e gioie, dolori e delusioni, amori cattivi e vestiti rossi come le caramelle Rossana", un vecchio armadio, un vestito verde e i ricordi degli anni '70 quando "gli uomini erano come paguri" e "i signori ci facevano mangiare". È un flusso di memorie il film di Roberta Torre (come potete leggere nella recensione de Le favolose in sala per tre giorni dal 5 al 7 settembre) presentato alle Notti Veneziane nella sezione Giornate degli Autori a Venezia 79 ed è una rivelazione, un atto politico e di rivendicazione dell'identità da parte di tutte le persone trans che per anni hanno visto negata la propria. Quello che lo spettatore vedrà sullo schermo sarà una piece teatrale eccentrica e a tratti amara, oltre che un inno alla libertà e il tentativo cinematografico di liberare la narrazione della transessualità dagli stereotipi di cui si è nutrita fino a questo momento.
Identità negate
"La verità è che noi, tra il delirio e il dramma, abbiamo sempre scelto lo spettacolo", dice in una scena Porpora Marcasciano, attivista storica del movimento LGBT e presidente onoraria del Movimento Identità Trans, pronunciando una frase che diventerà il manifesto de Le favolose. Proprio dai libri di Porpora parte Roberta Torre per realizzare un film in cui la leggerezza e i racconti delle protagoniste si fondono in un equilibrio perfetto tra finzione e realtà. Lo spunto narrativo arriva da una diffusa pratica sociale legata al dopo morte di molti trans: i funerali avvengono nell'ombra perché le famiglie se ne vergognano, pochi intimi per una sepoltura che prevede di incidere sulla lapide i loro nomi da uomo. È quello che in questa storia succede anche ad Antonia sepolta con il suo nome di battesimo, Giampaolo. A vent'anni di distanza, una sua lettera spingerà le migliori amiche, Porpora e
Nicole, a organizzare una reunion nell'appartamento storico che le aveva viste sorridere, piangere, festeggiare Natali, placare dolori, curare ferite. Lo scopo della "Memorabile Famiglia Reale", così si chiamava il gruppo di elette nella variegata costellazione trans alla fine degli anni '70, è quello di organizzare una seduta spiritica e invocare Antonia, che tornerà temporaneamente sulla terra per essere sepolta finalmente con il suo abito verde. Sarà un modo per rivivere quegli anni di straordinario fermento, quelli della "rivoluzione sessuale, quando la gente voleva scoprire e aveva voglia di rompere i tabù"; il passato torna così negli aneddoti di ognuna e negli eccentrici scambi di battute.
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Il lavoro sulla memoria
La vestizione di Antonia diventa il simbolo di una riscatto per tutte quelle persone depauperate della loro identità, perdute sotto lapidi che non le riconoscono ed esposte in vita al giudizio violento di una società ancora profondamente patriarcale e radicata nel mito del machismo. Le storie di Nicole, Porpora, Sofia, Veet, Mizia, Massimina e Mina si srotolano davanti agli occhi dello spettatore in un misto di malinconia, commozione e ironia; la regista Roberta Torre si mette in ascolto, le lascia libere di richiamare e condividere con il pubblico ricordi spesso nebulosi e non sempre piacevoli del loro percorso di transizione. Perché Le favolose è soprattutto un film di fantasmi, rievocazioni di infanzie perdute, rifiuti, strade violente, gioventù spezzate e dipendenze; e allora succede che gli occhi si facciano lucidi e il fragore della risata si spezzi in un moto di commozione.
Ricordare diventa doloroso e il brio di qualche attimo prima lascia il posto alla dolenza, ma ciò non impedisce a questo gruppo di donne colorate, libere e coraggiose di regalarci parte del loro vissuto più intimo. Permane sui volti la fierezza di chi ha combattuto e continua a farlo ancora oggi per rivendicare il diritto all'autodeterminazione dell'identità di genere, come sintetizza bene Veet: "Il mio corpo è un atto politico. Ogni qualvolta esco di casa mi espongo al giudizio, alla critica e alla violenza". I racconti e i filmati in Super 8 si alternano sullo schermo in una celebrazione della femminilità che passa da piccoli dettagli: un abbraccio, un sorriso, una provocazione, un piccolo gesto delle mani. Un ritratto di infinita umanità e di rara grazie e bellezza.
Conclusioni
Concludiamo la recensione de Le favolose ribadendo l’indiscusso valore sociale e politico di un film che restituisce dignità al racconto cinematografico della realtà transgender. Lontano dai soliti stereotipi rassicuranti la narrazione di Roberta Torre sceglie la strada della rappresentazione a metà tra realtà e finzione; i toni sono quelli agro dolci di una storia di fantasmi e memorie. Un inno alla libertà di essere ciò che vogliamo.
Perché ci piace
- Il ritratto profondamente umano di sette persone trans che rivendicano il diritto all’identità e si raccontano in un misto di realtà e finzione, ironia e commozione.
- Il tentativo di liberare la narrazione cinematografica della transessualità dai cliché che l’hanno accompagnata fino a oggi.
- Una storia di fantasmi e memorie.
Cosa non va
- Lo spettatore abituato a un documentario convenzionale potrebbe trovarsi spiazzato.